Apollo, il tripode e Python

Per la comprensione di molti argomenti di Kroton è necessario conoscere alcuni aspetti della mitologia di Apollo.

Apollo (in greco antico: Ἀπόλλων, Apóllōn; in latino: Apollo) è una divinità della religione greca e romana.

Dio del Sole (di cui traina il carro), di tutte le arti, della musica, della profezia, della poesia, delle arti mediche (il dio della medicina è infatti suo figlio Asclepio), delle pestilenze e della scienza che illumina l’intelletto, il suo simbolo principale è il Sole o la lira. In seguito fu venerato anche nella religione romana.

In quanto Dio della poesia, è il capo delle Muse. Viene anche descritto come un provetto arciere in grado di infliggere, con la sua arma, terribili pestilenze ai popoli che lo osteggiavano. In quanto protettore della città e del tempio di Delfi, Apollo è anche venerato come dio oracolare capace di svelare, tramite la sacerdotessa, detta Pizia, il futuro agli esseri umani; anche per questo era adorato nell’antichità come uno degli dei più importanti dell’Olimpo.

Origine del culto apollineo e del santuario di Delphi

Le origini del culto apollineo si perdono nella notte dei tempi. È comunque opinione comune e consolidata tra gli studiosi che il culto del dio sia relativamente recente e che, precedentemente ad Apollo, il santuario di Delphi((Delphi, o Delfi, è situata nella Focide sulle pendici del monte Parnaso, a circa 130 km a nord-ovest da Atene e a 600 m s.l.m. all’incrocio di antiche vie di comunicazione. Nei tempi antichi si pensava che Delfi fosse il centro del mondo, quindi era sede dell’omphalos o ombelico del mondo.)) avesse una sua antichissima religione ctonia, legata al culto della Dea Madre (ovvero di Ghḕ((Gea o Geo o Ge, oppure Gaia (in greco ionico e quindi nel greco omerico Γαῖα Gàia), è, nella religione e nella mitologia greca, la dea primordiale, quindi la potenza divina, della Terra. La Teogonia di Esiodo racconta come, dopo Caos (Χάος), sorse l’immortale Gaia (Γαῖα), progenitrice dei Titani e degli dèi dell’Olimpo.))).

Il santuario ctonio di Delphi venne poi occupato da una divinità non greca, orientale, la quale però, a sua volta, venne grecizzata, secondo quanto fa intendere il noto racconto erodoteo (Historiae, I,61-62) sulla cacciata dei Cadmei1, da parte degli Argivi (Achei)2.

Secondo alcune ipotesi nell’Apollo classico degli Achei confluirono sia il elementi di divinità orientali, o comunque pre-indeuropei della Grecia, con elementi delle divinità minoiche. Ciò deriverebbe dall’attributo di Apollo di potersi trasformare in tutti gli animali, fra cui proprio nei delfini, sovente raffigurati nell’arte minoica; ma Delfino (Delphinios) è un’etimologia alternativa a grembo (Delphyne) per il principale santuario del dio a Delfi; inoltre i sacerdoti di Apollo a Delfi si definivano Labryaden, nome che a sua volta rimanda alla doppia ascia e al labirinto, simboli religiosi importanti per i Cretesi.

Con l’invasione dei Dori (XII-XI secolo a.C.)3, furono annientati i Micenei, ed il santuario, verosimilmente, subì l’umiliazione e la distruzione dei vincitori e solo verso il IX-VIII secolo a.C. fu riaperto e si risollevò, ma con un Lossia (divinità oracolare) del tutto trasformato e in linea con la nuova religione. Il potentissimo dio di origine orientale entrerebbe così a far parte della sacra famiglia olimpica, sdoppiandosi in Apollo e Artemide e diventando figlio di Zeus e di Leto.

La nascita di Apollo e la pitoctonia

Nella versione tradizionale del mito greco, Apollo nacque, come sua sorella gemella Artemide, dall’unione extraconiugale di Zeus con Leto (Latona figlia di 2 titani). Quando Hera seppe di questa relazione, desiderosa di vendetta proibì alla partoriente di dare alla luce suo figlio su qualsiasi terra, fosse essa un continente o un’isola. Non soddisfatta Hera mandò il serpente Python sulla Terra per seguire Leto tutta la vita impedendo così a chiunque di ospitarla e darle un rifugio. Leto potè partorire a Delo4, isola appena sorta dalle acque e, stando al mito, ancora galleggiante sulle onde e non ancorata al suolo.

Python, figlio di Gea prodotto dal fango della terra dopo il Diluvio Universale, era un drago-serpente di dimensioni impressionanti e custodiva l’Oracolo di Delfi. In un’altra versione del mito, la più antica, l’essere custode del tempio della Dea Madre era un drago di sesso femminile, chiamato Delphyne, nome evidentemente legato a quello di Delfi (Delphis) che significa appunto il “grembo”, il “ventre”, intendendo le viscere della terra. Morì in seguito ad un combattimento epico contro Apollo che per questo, si impossessò dell’oracolo e diede alla sacerdotessa il nome di “Pizia” (Pitonessa).

Tra i motivi della morte di Python per mano di Apollo, dobbiamo considerare anche una possibile vendetta di Apollo verso il serpente.

Poco più che bambino, Apollo si cimentò nell’impresa di uccidere il drago Python, nemico della madre Leto, mentre questa era incinta del dio. Partito da Delo, Apollo subito si diresse verso il monte Parnaso, dove si celava il serpente. Python era in una grotta presso una sorgente e quando vide Apollo si attorcigliò ad un lauro5. Apollo lo ferì gravemente con le sue frecce forgiate da Efesto. Python si rifugiò presso l’oracolo della Madre Terra a Delfi, città così chiamata in onore del mostro Delfine, compagna di Pitone; ma Apollo lo inseguì anche nel tempio e lo finì dinanzi al sacro crepaccio.

Apollo scaglia la freccia che uccide il serpente Pitone

La Madre Terra, oltraggiata, ricorse a Zeus che non soltanto ordinò ad Apollo di farsi purificare, ma istituì i giochi pitici in onore di Pitone, e costrinse Apollo a presiederli per penitenza. Dopo la purificazione, Apollo andò a cercare Pan, il dio arcade dalle gambe di capra e dalla dubbia reputazione, e dopo avergli strappato con blandizie i segreti dell’arte divinatoria, si impadronì dell’oracolo delfico e ne costrinse la sacerdotessa, detta pitonessa o la Pitia, a servirlo

Apollo stesso a causa della sua impresa si guadagnò l’appellativo pitio, infatti tra le varie feste e celebrazioni in onore di Apollo, ricordiamo in particolare quella di Apollo Pitico. Inoltre vi erano i famosi Giochi Pitici (Pythia) che si celebravano ogni quattro anni nella pianura Crissea presso Delfi, che consistevano in una gara musicale, a cui si aggiunsero col tempo anche gare ginniche ed equestri e che prevedevano come premio per il vincitore una corona di alloro.

Apollo Delphinios
Molti degli elementi del mito di Apollo in una sola figura. Apollo Delphinios seduto su un treppiede alto suona la lira con la mano sinistra, trasportato delicatamente sopra le onde da due grandi ali. Due delfini che si tuffano dall’acqua gli fanno da scorta. Ha una corona di alloro sulla testa. Dietro le spalle la sua faretra e l’arco. I viaggi del dio, portati sul treppiede e guidati dai delfini, alludono alle colonie fondate sull’ordine dell’oracolo di Delfi.
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Illustrazione e descrizione tratta da “Histoire des grecs, volume 1, Formation du peuple grec“, 1887, di Victor Duruy, p. 741

Il Santuario di Delphi secondo l’Inno omerico di Apollo

Si presume che il nome “Pitone” (Python in greco) derivi dal verbo “pithoo” =emanare miasmi; tale etimologia, presente anche nell’ “Inno omerico ad Apollo Pizio“, si spiega con il fatto che presso l’ ”adyton” del Santuario esisteva una profonda fenditura della terra dalla quale fuoriuscivano vapori mefitici aventi l’effetto di indurre uno stato estatico nella Pizia che li aspirava ed in tale stato proferiva i responsi ai quesiti che le venivano posti.

L’Inno omerico ad Apollo ci narra che Apollo, una volta accolto nel consesso degli dei sull’Olimpo, ne discese onde trovare un luogo che fosse su dimora terrena dove erigere un santuario; dapprima si diresse dalla fonte Delfusa (o Telfusa), ma l’incauta sorgente lo persuase a recarsi alle pendici del Parnaso ove sgorgava un’altra sorgente, la fonte Castalia. A questa fonte però faceva la guardia Delphyne, che, come abbiamo detto sopra, era anche la balia di Tifaone, il figlio generato per partenogenesi da Era: dopo che fu uccisa dal potente strale di Apollo, quel luogo assunse il nome di Pito, e il dio della luce di Pizio perché ivi, “la forza del Sole ardente fece imputridire il corpo del mostro”.

Dopo aver fondato il santuario, Apollo dovette trovare dei sacerdoti alle cui cure affidarlo e che celebrassero i riti in suo onore. Non si sa bene per quale ragione, ma il dio si rivolse ad alcuni mercanti cretesi e dopo essersi trasformato in un enorme delfino, trascinò la loro nave fino al porto di Crisa, in prossimità del santuario. Assunto allora l’aspetto di un bel giovane, spiegò loro il grandissimo privilegio che aveva riservato loro e poi li condusse al santuario. Decretò quindi che quel luogo da allora in poi si sarebbe chiamato Delfi, in memoria del delfino sotto le cui spoglie era apparso ai suoi devoti.

E a lui cosí rispose il Nume che lungi saetta:
«O stranieri, voi che in Cnosso avevate soggiorno
d’alberi fitta, in patria piú mai non farete ritorno:
nessuno alla città diletta, alla fulgida casa,
alla sua cara sposa: ma qui, nel mio tempio opulento,
starete, a molte genti sarete segnacol d’onore.
Però ch’io sono Apollo, vi dico, figliuolo di Giove;
e voi condussi qui fra i bàratri immani del mare,
non già per farvi male; ma qui nel mio tempio, che onore
avrà da tutte quante le genti mortali, starete,
degli Immortali i disegni saprete, per loro volere
sempre sarete onorati via via, sinché passino i giorni.
(….)

E d’un delfino assunsi da prima l’aspetto, quand’io
sopra la vostra nave balzai nell’aereo ponto,
perché voi mi doveste chiamare Delfinio; e Delfinio
detto sarà l’altare, visibile a tutti da lungi.
(….), con me venite insieme, le voci sciogliete al peana,
sinché giungiate là dove avrete il bellissimo tempio».

Estratto dell’Inno omerico ad Apollo Pizio

L’avvento di Apollo a Delfi, così raccontato, addita e un incontro e un accordo tra un culto apollineo cretese-ionico stabilitosi a Crisa, -città sulla costa- e un culto apollineo proprio delle popolazioni doriche scese dall’interno verso il mare. L’elemento minoico creò la leggenda di Apollo -delfino che guida la nave verso Delfi; l’elemento continentale ideò un Apollo che discende dall’Olimpo e viene indotto da una ninfa a fermarsi nel sacro luogo.

Per approfondire vedere: L’ombelico della terra.

Il responso presso il Tripode delfico e le colonizzazioni

Nel periodo Apollineo del Santuario di Delfi, che coincide con l’epoca classica, la sacerdotessa Pizia si asside sul tripode posto sopra la fessura della roccia, nella quale l’acqua della fonte Cassotis si perde per un rivoletto artificiale.

I suoni e i movimenti della Pizia assisa sul tripode erano raccolti con ogni verosimiglianza dai profeti (προϕῆται) e, quindi, passati nelle mani dei sacerdoti (ἱερεῖς), due eletti a vita, i quali, conoscendo gli antefatti, la mentalità, il grado e le facoltà del richiedente, componevano il χρησμός, con maggiore o minore chiarezza a seconda della natura della domanda.

Legato a un τόπος d’indiscutibile valore religioso tradizionale, Delfi era destinato a costituire un prezioso pegno e una possente arma nelle mani di chiunque possedesse politicamente la regione. L’acuirsi delle varie forme di vita politica produce naturalmente sull’oracolo, che ai relativi popoli appartien,e un aumento di lavoro e di mansioni. A lato della comune attività, domestica e religiosa, circa la prole o le messi, o i viaggi, o i sacrifici da farsi; le lotte fra Greci e barbari, fra tirannia e democrazia, il movimento colonizzatore dei secoli IX e VIII a. C. hanno dato un’impronta speciale all’attività delfica nel corrispondente periodo6

E’ tuttavia indubbio che le tradizioni oracolari delfiche di fondazione, fra cui sicuramente quelle di Crotone esprimano forme di elaborazione ed espressione dell’identità civica, costruite, in chiave di ‘storia intenzionale’, sul paradigma delle ‘origini’, e sviluppatesi (interamente?) entro determinati contesti storico-relazionali, comunque significativamente seriori rispetto alla fondazione. Forme peculiari che, per ragioni da cogliere di volta in volta in temini contestuali, avevano posto al centro, o almeno in forte rilievo, un ruolo significativo di Delfi, e dell’oracolo delfico, nella fondazione della colonia, quale elemento essenziale di quella autodefinizione e autorappresentazione identitaria, nella chiave di una special relationship in quanto comunità di matrice oracolare delfica7

Sulla fondazione di Crotone consultare la pagina di dettaglio:
Ercole, Miscello, Apollo Pizio e la fondazione di Crotone

La contesa del Tripode di Herakles ad Apollo

La contesa del tripode è un episodio della mitologia greca che vede protagonisti Herakles e Apollo, che si contendono il tripode dell’oracolo di Delfi.

Foto tratta dalla pubblicazione della Mostra “Tesori Ritrovati”. Roma, Palazzo del Quirinale Galleria di Alessandro VII – 21 dicembre 2007 – 2 marzo 2008
Vedere anche questa versione in archivio

Dopo le dodici fatiche, il semidio Herakles si cimentò in altre imprese. Tra queste, in preda alla follia e alla malattia, si recò presso il Santuario di Apollo a Delfi, dove c’era il famoso oracolo, e, vistosi rifiutare il responso da parte della Pizia, cercò di impossessarsi del tripode, emblema del santuario e oggetto rituale sopra il quale la sacerdotessa dava i responsi del dio. Ne nacque una contesa con Apollo, nella quale risultò vincitore il dio, cosicché il tripode rimase nel santuario di Delfi.

Secondo un’altra versione la lotta si protrasse a lungo, restando incerta, finchè Zeus separò i due contendenti con un fulmine.

Il tentativo da parte di Herakles di impossessarsi del santuario di Delfi e del relativo oracolo, sostituendosi ad Apollo può essere interpretato come la reazione del clero delfico al tentativo di ingerenza dei popoli che nel VII secolo a.C. volevano estendere la loro influenza sul santuario8.

Anfora di ceramica a figure rosse, di produzione attica, circa 510 a.C.
Lotta di Apollo ed Herakles per il treppiede delfico. Apollo è mostrato a destra come un giovane imberbe, che porta la faretra sulla schiena e tende l’arco. Herakles, tenendo il treppiede sulla spalla in una mano e la sua caratteristica clava nell’altra, tenta di allontanarsi. Dettaglio da reperto esposto al Museo of Fine Arts di Boston.

Video Divulgativi

Cliccare sull’immagine per aprire su una nuova finestra il video da RaiPlay,
E’ l’episodio n. 6 della serie “Cronache dal Mito

Dal Canale YouTube del GAK, una playlist di video consigliati sul Dio Apollo

Articoli e pagine correlate

  1. abitanti di Cadmea, l’antica rocca di Tebe, insediamento abitato in età premicinea e distrutto prima della guerra di Troia []
  2. Gli Achei sono la prima popolazione ellenica che invase la Grecia nel II millennio a.C., riuscendo a egemonizzare definitivamente le genti pre-elleniche (definite dai più Pelasgi). Sono detti anche Argivi, dalla città di Argo, quindi “occidentali”, rispetto agli orientali Troiani. Difficile avvicinare i mitologici Achei (protagonisti insieme ai Troiani dell’Iliade di Omero) alla realtà storica dei Micenei, basata su reperti archeologici. Si ritiene che gli Achei siano genti di origine indoeuropea, che attraverso i Balcani, occuparono il Peloponneso intorno al 1500 a.C., in coincidenza con la fine dell’era minoica, di cui potrebbero essere la causa ultima; ma subendo comunque l’influsso della cultura forte e civilizzata dei minoici, da essi si sviluppò la civiltà micenea. []
  3. I Dori erano uno dei 3 gruppi etnici (D., Ioni, Eoli) dell’antica Grecia, che si estendeva nella maggior parte del Peloponneso, nella Focide, nelle Locridi, nell’Acaia Ftiotide, a Creta e nelle colonie doriche. Secondo la tradizione i discendenti di Herakles (gli Eraclidi), sarebbero migrati conquistando il Peloponneso intorno al 1104 a.C. proprio quando si stava verificando il “collasso dell’età del bronzo e medioevo ellenico“, quando a seguito delle scorrerie di varie popolazioni nel bacino orientale del Mediterraneo, tra cui i popoli del Mare, che causarono la fine di Micene e di altre importanti entità statali quali l’Impero Ittita. Per i tre secoli successivi la Grecia attraversò un periodo di assestamento []
  4. Delo è una piccola isola della Grecia, nel Mar Egeo che fa parte dell’arcipelago delle Cicladi, oggi praticamente disabitata.

    I reperti archeologici hanno dimostrato che l’isola di Delo era già abitata fin dal 3000 a.C. sulla cima del monte Cinto; i coloni dell’isola furono poi soppiantati dai micenei che probabilmente vi portarono il culto di Apollo, dio della luce e della musica e di Artemide, dea della Luna e della caccia, adorati in triade con la madre Latona. Successivamente la figura del dio Apollo prevalse sulle altre divinità e il santuario di Apollo, famoso già nei tempi omerici, raggiunse il suo massimo splendore nei tempi arcaici (VIII-VII sec. a.C) e classici (V-IV sec. a.C). []

  5. secondo i commentari rabbinici, si tratta della stessa figura mitica del serpente del Giardino dell’Eden []
  6. Rif. http://www.treccani.it/enciclopedia/delfi_%28Enciclopedia-Italiana%29/ []
  7. Rif. “Delfi e la colonizzazione in Occidente” di Mario Lombardo, 2011 in L. Breglia, A. Moleti, M.L. Napolitano, Eds., Ethne, identità e tradizioni: la ‘terza’ Grecia e l’Occidente, p. 146-147 []
  8. rif. https://it.wikipedia.org/wiki/Contesa_del_Tripode []