Il testo si riferisce agli eventi storici, tra antichità ed età moderna, riguardanti principalmente 2 comuni sul Tirreno a confine tra la provincia di Catanzaro e quella di Cosenza: Cleto (Cs) e San Mango d’Aquino (Cz).
Nella prima parte si richiamano le vicende di età classica riguardanti Cleta, di Temesa e di Terina, insediamenti sui quali Kroton ha manifestato interesse e che sono stati oggetto di vicende belliche e di occupazione in diverse fasi.
Nella seconda parte, trattando dei feudatari che hanno avuto dominio sui queste aree si richiama la famiglia d’Aquino di Castiglione (oggi Castiglione Marittimo, frazione del comune di Falerna, in provincia di Catanzaro), che è stata feudataria anche nell’area della Provincia di Crotone su Rocca di Neto e, per periodi più lunghi, su Crucoli.
6 CLETO SAVUTO SAN MANGO D’AQUINO cognome dei fondatori e diventa San Mango d’Aquino in virtù di un Regio Decreto del 1862, mentre Pietramala incorpora la frazione di Savuto e diventa Cleto con Regio Decreto del 1863. E ora alcune avvertenze. Diversi avvenimenti sono stati trattati in maniera approfondita, altri sembrano lacunosi e incompleti. Non è un caso. È perché è stato seguito l’insegnamento di Benedetto Croce, il quale diceva che “ i lavori di storia devono presupporre quel che già si ha nei libri sul soggetto trattato e devono dare solo quel che di nuovo si crede di poter fornire in proposito per la migliore e più completa intelligenza dei fatti” . Scrivere di storia vuol dire studiare se stessi, capire le ragioni del proprio presente partendo dalla ricostruzione di fatti e avvenimenti che si sono verificati nel passato e che hanno portato le persone a essere ciò che sono oggi. Perché il presente è frutto del passato, e il tempo non ricomincia da capo con ciascuno di noi, ma continua, è un divenire. Scrivere di storia vuol dire condurre indagini, effettuare analisi, studiare e interpre- tare senza pregiudizi e con onestà intellettuale. Vuol dire illustrare e approfondire le strutture fondamentali di un luogo, anche di una singola comunità, mostrando le trasformazioni e le evoluzioni economiche e sociali e assegnando importanza agli aspetti istituzionali, antropologici e culturali. La storia come ricerca, dunque. È questa la strada che abbiamo seguito, cercando di rifuggire da talune abitudini che si manifestano essenzialmente negli studi locali e che non portano contributi alla cul- tura, ma alimentano la confusione e diffondono notizie fuorvianti. Perché – come ha insegnato Braudel e come ha ricordato Armido Cario nei suoi “ Lampi di storia falernese” – le microstorie, o storie di comunità, rappresentano un faro proiettato sulla grande storia. E se le piccole storie sono improvvisate, aggiun- giamo noi, se non addirittura falsate, altro che illuminare… il faro getta ombre – e non luce – sulla grande storia. Certo, gli avvenimenti sono esaminati secondo la soggettività dello studioso, e la pluralità dei punti di vista ci aiuta a spiegare in maniera esauriente l’accaduto. Però ci sono dei limiti a questa soggettività, e uno di questi limiti è il rispetto dei documenti. Ed è un bene che la ricerca storica non possa mai considerarsi conclusa. Così come non si può considerare conclusa la narrazione della storia di Cleto, Savuto e San Mango d’Aquino. Su questi tre centri abitati, tante altre carte sono destinate a venire alla luce, e a tal fine l’opera dei ricercatori continua a essere preziosa. Ma le fonti vanno capite, verifi- cate e non stravolte, perché un fatto si dice storico quando sia stato effettivamente accertato, evitando di indulgere al fiabesco. Poi le fonti vanno confrontate, e le notizie che giungono fino a noi vanno spiegate, calate nel contesto storico generale e collegate
PRESENTAZIONE 7 ai diversi eventi umani e al territorio. A continuare questa missione sono chiamati coloro che verranno dopo di noi. La materia è vasta e i campi da esplorare sono ancora numerosi: gli archivi parrocchiali e municipali, per esempio, custodiscono dati e informazioni che aiutano a studiare e capire i flussi demografici, la toponomastica, l’assetto urbanistico, la consistenza e l’evoluzione delle classi sociali; e poi c’è il Catasto Onciario, disposto da Carlo di Borbone nel 1740 per tutte le Università del Regno, conservato oggi presso l’Archivio di Stato di Napoli. Per quanto mi riguarda, credo di aver dato un contributo alla conoscenza e alla dif- fusione delle vicende storiche di Cleto, Savuto e San Mango. Un contributo non “ accademico” , ma di una persona che ha studiato la materia con curiosità e per passione, e che nella vita ha svolto altri mestieri. E se sono riuscito nell’impresa, è anche perché mi sono trovato in una posizione di privilegio. Appartengo ad una generazione che mangiava la carne solo (e non sempre) di dome- nica. Ma mi ritengo fortunato. Perché ho avuto la possibilità di vedere il bucato fatto ancora con la cenere e poi strizzato all’acqua del fiume; ho fatto in tempo a raccogliere le foglie di gelso per il baco da seta, a portare il grano al mulino e poi tornare a casa con la farina, a parlare coi contadini nelle osterie, ad ascoltare le favole degli anziani narrate attorno al braciere, a raccogliere le testimonianze dei soldati della prima guerra mondiale che hanno combattuto nelle trincee del Carso e resistito lungo la linea del Piave. Ora tocca ad altri. Speriamo che possano esserne capaci: il futuro delle nuove gene- razioni sarà più sereno solo se le persone sapranno utilizzare al meglio il loro passato.