Benedetto Carroccio – Monetazioni incuse, Pitagorismo e aristocrazie indigene (2017)

Scheda Bibliografica

Scheda Bibliografica (BDG-Biblioteca Digitale del GAK)

Titolo Monetazioni incuse, Pitagorismo e aristocrazie indigene: appunti per una ridefinizione del problema
Autore(i)
Data rilascio 2017
Contenitore, Titolo Enotri e Brettii in Magna Grecia Modi e forme di interazione culturale
Riferimenti Volume II Tomo 1
Casa editrice Rubbettino
Tipo Paragrafo di Libro
Classificazioni Biblioteca GAK
Categorie [Kroton, Monetazione], 
Tag [Kroton], [Pitagora],
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Altre Informazioni Biblioteca GAK
ID Archivio: 6302
Data inserimento: 22-03-2020 12:10
Data ultima revisione 12-02-2024 01:14
Permalink: https://www.gruppoarcheologicokr.it/biblioteca/benedetto-carroccio-monetazioni-incuse-pitagorismo-e-aristocrazie-indigene-2017/
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Tradizionalmente la data di inizio della produzione di monete incuse nella Magna Grecia è il 550 a.C. circa, come ipotizzato in cronologie approssimative riferite alla seconda metà del VI secolo a.C., o da interpretazioni obsolete della data e del contesto di introduzione delle prime monete.

In realtà, recenti identificazioni e ricostruzioni dei conci realizzati per il loro conio (in particolare a Sibari), e del loro ordine di impiego, sono compatibili con un’ipotesi di più parallelo ed intensivo conio per più incudini contemporanee, dal 520 a.C. circa. Probabilmente le monete incuse furono prodotte come espressione di credenze religiose ancestrali, secondo una più ampia accettazione degli aspetti politici della filosofia pitagorica, e preziosi segni di alleanza e commercio con élites indigene.

I tratti comuni delle rappresentazioni sulle monete incuse non risposero mai a mere esigenze descrittive o pubblicitarie di prodotti o paesaggi locali, ma piuttosto a esigenze di sottolineatura politico-propagandistica della liceità del potere e delle scelte fatte per le comunità emittenti, avallate da divinità identitarie scelte tra le più venerate, con i ‘segni’ di un linguaggio iconico comune combinati per costruire messaggi coerenti con la temperie dell’epoca. In questa chiave di lettura, vi sono i riferimenti a culti e origini ancestrali delle poleis coloniali, tra cui ad es. le adozioni a Kroton del tripode, allusivo, oltre che ad Apollo, all’oracolo delfico che orientò l’ecista Miscello, e l’associazione ad esso, talvolta, dell’aquila, inviato divino che sorvolava in coppia l’omphalos1 (fig. 5), o dell’elmo, attributo frequente nelle raffigurazioni di ecisti (fig. 6).

Benedetto Carroccio, 2017, p. 92
Fig. 5: Kroton, statere con aquila incusa al R/ (Asta Hirsch 253a, 27/09/2007, n. 2045).
Fig. 6: Kroton, R/ incuso di statere con elmo (GORINI 1975, p. 157).

La cronologia certamente post 525/520 a.C. delle serie incuse in apparenza più arcaiche, la doppia visuale, anteriore e posteriore, dei tipi, in adesione all’idea dell’unione degli opposti, e lo stesso loro richiamare insieme aspetti del culto/funzione di Apollon e culti ancestrali e tradizionali, greci e indigeni, compatibili anche con credenze orfiche, appaiono compatibili con punti importanti della predicazione di Pitagora e del suo ruolo negli eventi del 510 a.C., in una posizione di pesante influenza sugli eventi civili, politici, militari e forse monetali magnogreci.

  1. Col termine greco ὀμφαλός omphalòs, ossia “ombelico”, nell’antichità si indicava una pietra o un oggetto dal valore religioso; in Grecia si intende la pietra scolpita situata a Delfi, nel Tempio di Apollo, da cui la Pizia diffondeva i suoi vaticini; l’onfalo indicava che Delfi, col suo santuario, era il centro del mondo, il suo ombelico; secondo il mito, Zeus, per determinare il centro del ondo, aveva liberato due aquile che erano volate in direzioni opposte e si erano ritrovate a Delfi. []