I resti del tempio di Apollo Aleo furono scoperti nel 1923 in occasione della bonifica del comprensorio del fiume Neto, nel fondo “Vulghe/Mesola San Paolo” a PuntaAlice, presso Cirò Marina. Lavori sistematici, finanziati dalla Società Magna Grecia, ebbero inizio l’anno seguente sotto la direzione di Paolo Orsi. Successivecampagne di rilievo e scavo sono state eseguite tra gli anni Settanta e Novanta a cura del DAI e della Soprintendenza Archeologica della Calabria. La collocazione topografica in una zona paludosa sorprese non poco Paolo Orsi, che invano aveva cercato di individuare il tempio in una ricognizione nel 1914 e che dopo la scoperta ipotizzò “una grave ragione rituale, che si impose nella scelta di una località siffattamente strana e infelice, ragione che a noi sfugge”.
Sull’attribuzione del santuario ad Apollo Aleo non sussistono dubbi: riconosciuto come tale già dal Roveretano, i votivi, il grande acrolito di fine V sec. a.C. e un tegolino marmoreo recante l’iscrizione « Apo[—]» di età tardorepubblicana-protoimperiale attestano con sicurezza la dedica del luogo al dio.
Ancora da approfondire la tesi di J. de La Genière circa la presunta associazione del culto di Apollo a un’altra divinità femminile, forse Artemide: i votivi con figure muliebri qui rinvenuti potrebbero infatti essere segni di devozione da parte di donne o fanciulle, quasi certamente indigene, considerato il loro non trascurabile ruolo nei processi di integrazione fra componente ellenica e locale e l’attestazione di una loro parte anche nei rituali del culto eroico a Capo Lacinio.