Domenico Marino – Nuove indagini archeologiche al Castello Carlo V di Crotone (2012)

Scheda Bibliografica

Scheda Bibliografica (BDG-Biblioteca Digitale del GAK)

TitoloNuove indagini archeologiche al Castello Carlo V di Crotone
Autore(i)
Data rilascio2012
TipoArticolo di periodico specializzato
Classificazioni Biblioteca GAK
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Ricerche correlate nel web
Altre Informazioni Biblioteca GAK
ID Archivio: 8640
Data inserimento: 30-09-2020 15:32
Data ultima revisione 04-05-2025 01:07
Permalink: https://www.gruppoarcheologicokr.it/biblioteca/domenico-marino-nuove-indagini-archeologiche-al-castello-carlo-v-di-crotone-2012/
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Theodore Brenson - Il Castello di Cotrone

L’articolo espone cenni, con foto, sulla campagne di scavi nel 2011 e nel 2012 condotte dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.

Tra le scoperte, un tesoretto di monete antiche (datate fra il 1798 e il 1835), palle di cannone in ferro e in pietra, e le vestigia di un’antica torre medioevale, inglobata nella cortina lato mare del castello di Carlo V.

Per altre informazioni vedere gli articoli nella Rassegna Stampa:
Crotone / Che tesoro di Castello!
Crotone / Un tesoretto nel Castello-fortezza di Carlo V

Inoltre, è disponibile un altra pubblicazione firmata Domenico Marino, Chiara Dezzi Bardeschi, del 2012 molto simile, ma con una impostazione leggermente differente. Si tratta di un poster realizzato per il Salone del Restauro e della conservazione dei Beni Culturali ed Ambientali di Ferrara, 28/31 marzo 2012, XIX edizione. Di seguito l’abstract dell’autore ed il poster stesso.

ABSTRACT: Il saggio nell’Orto Candela attorno alla torre detta “medioevale” al centro della cortina orientale (Saggio SAS-OC-05) ha permesso di metterne in luce i resti su un’altezza di quattro metri, precisandone le caratteristiche e confermandone la datazione. Il saggio, su un’area di 5,5×15,5m ha messo in luce le vestigia della torre centrale verso mare facente parte dell’impianto più antico del castello su un’altezza di 4m, precisandone le caratteristiche (forma e dimensioni).
La torre, con una leggera scarpa, è costruita direttamente sulla superficie in pietra arenaria di uno sperone roccioso. Inattesa la scoperta -con lo scavo-della raffinata lavorazione da scultore del basamento che offre nuovo terreno di approfondimento sull’operato (e la circolazione) delle maestranze e degli scalpellini attivi in Italia meridionale -aspetto già affrontato da Roberto Pane nel suo noto saggio Il Rinascimento nell’Italia meridionale (1975)(1976)(1977) e che sembrerebbe più confacente con gli interventi di adeguamento della fine del Quattrocento.
Dalla platea rocciosa (US53), parte per scattanti segmenti un toro scolpito (USR50), a tratti appena abbozzato, a tratti più marcatamente inciso direttamente nella roccia, accompagnato da una doppia cornice modanata in progressione scalare (USR49, 45), con medesime caratteristiche, ma lunghezza decrescente a fasciare la base. Che questa sia un’opera non finita lo conferma la lavorazione a tratti solo abbozzata e le cospicue tracce lasciate dagli strumenti di lavorazione soprattutto sulla superficie sovrastante il toro, a zone irregolarmente sporgente (US32, 88, 89).

Altri dettagli sono offerti dallo stesso poster:

NUOVE INDAGINI ARCHEOLOGICHE AL CASTELLO DI CARLO V A CROTONE
Progetto di recupero dei bastioni e di alcuni locali del Castello di Carlo V a Crotone (autorizzazione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria; parere favorevole della Soprintendenza per i Beni
Architettonici e Paesaggistici per le province di CS, CZ e KR):
Committente: Comune di Crotone; avv. Peppino Vallone (Sindaco), RUP: ing. Sabino Vetta (2009-2010), arch. Elisabetta Dominijanni (2011-).
Il gruppo di lavoro, vincitore del concorso (2007), coordinato da prof. Ing. Arch. Marco Dezzi Bardeschi (capogruppo) è composto da: ing. Alessandro Melani (strutture), arch. Margherita Catanoso, Sabino Giovan-
noni (diagnostica), ing. Corradino Amatruda, dott. Antonio Maria Baldi (geologia), dott. Massimiliano Mondet; consulenti: arch. Mariella Adamo (storia), dott. Chiara Dezzi Bardeschi (archeologia). La direzione lavori è del capogruppo, con l’assistenza di arch. Maria Adamo e arch. Margherita Catanoso (responsabile della sicurezza); l’assistenza archeologica è curata da dott. Chiara Dezzi Bardeschi (Politecnico di Milano) sotto la direzione scientifica della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria (Soprintendente dott.ssa Simonetta Bonomi, Direttore Archeologo dott. Domenico Marino, Assistente Tecnico Mario Riolo)

SAGGI CONDOTTI NELL’ORTO CANDELA

La torre Santa Maria
Il saggio nell’Orto Candela attorno alla torre detta “medioevale” al centro della cortina orientale (Saggio SAS-OC-05) ha permesso di metterne in luce i resti su un’altezza di quattro metri, precisandone le caratteristiche e confermandone la datazione.
Il saggio, su un’area di 5,5×15,5m ha messo in luce le vestigia della torre centrale verso mare facente parte dell’impianto più antico del castello su un’altezza di 4m, precisandone le caratteristiche (forma e dimensioni).
La torre, con una leggera scarpa, è costruita direttamente sulla superficie in pietra arenaria di uno sperone roccioso. Inattesa la scoperta –con lo scavo- della raffinata lavorazione da scultore del basamento che offre nuovo terreno di approfondimento sull’operato (e la circolazione) delle maestranze e degli scalpellini attivi in Italia meridionale -aspetto già affrontato da Roberto Pane nel suo noto saggio Il Rinascimento nell’Italia meridionale (1975-1977) e che sembrerebbe più confacente con gli interventi di adeguamento della fine del Quattrocento.
Dalla platea rocciosa (US53), parte per scattanti segmenti un toro scolpito (USR50), a tratti appena abbozzato, a tratti più marcatamente inciso direttamente nella roccia, accompagnato da una doppia cornice modanata in progressione scalare (USR49, 45), con medesime caratteristiche, ma lunghezza decrescente a fasciare la base.
Che questa sia un’opera non finita lo conferma la lavorazione a tratti solo abbozzata e le cospicue tracce lasciate dagli strumenti di lavorazione soprattutto sulla superficie sovrastante il toro, a zone irregolarmente sporgente (US32, 88, 89). C.D.B.

L’accesso dal mare al castello nell’Ottocento
Dati sulle ultime fasi del manufatto vengono dai saggi effettuati in località Orto Candela. In particolare, il saggio condotto davanti alla Porta del soccorso (Saggio OC¬04) ha permesso di mettere in luce la soglia ed il sistema della Porta, la scarpa del muro della cortina setten- trionale del bastione, le vestigia di un vano di antiporta e il pavimento ottocentesco (US13), sia all’esterno che all’interno del vano. Dagli scavi infatti la Porta del Soccorso, in questa fase, risulta preceduta da un’antiporta (4,00 m x 3,60 m) con l’asse mediano incentrato sulla Porta medesima.
I muri sono conservati su una ridotta altezza (in media 30 cm). Un leggero disallineamento dei conci a livello del pavimento ed un incavo all’estremità Ovest del concio più orientale, suggerisce la presenza della soglia all’antiporta sul lato orientale del vano verso la cortina del Castello, schermata così alla vista de lato mare. Come datazione, la stratigrafia ed il materiale associato suggeriscono la metà dell’Ottocento, come sembra confermare la presenza del vano dell’antiporta sulle piante del Genio Militare (1869).
I lavori di sistemazione del piazzale hanno poi permesso di chiarire che il limite occidentale del vano di antiporta coincide sostanzialmente con l’inizio della scarpata (ottocentesca).
Di particolare rilievo è poi il ritrovamento sporadico sul piazzale di una moneta (N23) in rame, con l’effige di Vittorio Emanuele II, re d’Italia, datata 1861. Anche il saggio presso la torre Santa Maria ha messo in evidenza una fase post-medievale. In particolare, un pavimento esterno, in terra renosa giallastra battuta, è stato rilevato su un’area limitata, che copre una massicciata (US38, 40), che all’origine doveva marcare una rampa di ascesa dal mare verso la Porta del Soccorso del Bastione San Giacomo.
Oltre alle numerose palle di cannone in ferro ed in pietra rinvenute nello scavo intorno alla massicciata della rampa, è stato ritrovato un eccezionale tesoretto costituito da dieci monete datate tra il 1798 ed il 1835 (N1-10): sono quattro monete di rame da 10 tornesi, quattro piastre d’argento da 120 grana, un tarì d’argento da 20 grana ed un carlino d’argento da 10 grana, tra loro impilate (e verosimilmente all’origine custodite) all’interno di un astuccio nascosto in vicinanza di quattro palle di cannone in ferro (RA2, RA3-RA5).

Il fossato in periodo aragonese

I saggi effettuati hanno permesso di documentare (nella sua area centrale), a circa due metri di profondità, il livello del fossato della fine del Quattrocento. Le fonti confermano ampiamente i lavori di questo periodo: al cantiere vennero destinati gli introiti delle nuove tasse, raccolte dagli amministratori dei dazi o gabelle della città, utilizzati per costruire i rivellini ed i fossati, tanto che nel 1489 nel castello erano già state completate le torri di Santa Maria, Comandante e Aiutante, nonostante la lentezza del procedere dei lavori.
Il saggio al piede della cortina (SAS-F-01) in particolare ha restituito una porzione nuova dell’alzato con più di 2,1 m supplementari di altezza e mettendo in luce il piede della cortina, delimitata da una cunetta (US71) scavata nel suolo in argilla limacciosa compatta giallastra (US67), in corrispondenza della torre, d’impianto quadrangolare, a protezione dell’accesso al Castello, ben visibile ancora nel 1786, come documenta la celebre veduta che appare nell’opera dell’Abate di Saint-Non. Questa grande torre presumibilmente doveva coincidere con quella menzionata nelle fonti della fine del Duecento come turris que vocatur la mamunella (la manovella), facente parte del sistema di difesa dell’accesso al Castello, insieme alla torre ante hostium (posta davanti alla porta).
Anche qui, il piede della cortina è arricchito da una modanatura a toro, analoga a quella oggi consunta visibile alla base della Torre Comandante (lato strada) attribuita agli interventi di fine Quattrocento. Questa modanatura, a differenza di quella messa in luce alla base della torre medioevale del Saggio 5 Orto Candela (USR45, 49-50), è costruita con blocchi levigati (non scolpiti direttamente nella roccia) variabili di 0,3m x circa 0,41m/0,56m/0,82m. Notevoli le evidenze archeologiche, in particolare quelle numismatiche restituite dal saggio.

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