Alcune pratiche religiose in Magna Grecia e in Sicilia, pertinenti a realtà associative di natura civica, sembrano avere caratteristiche piuttosto peculiari. All’interno di questi fenomeni che appartengono – come i culti poliadici ufficiali – al complesso e variegato “mosaico” di esperienze religiose delle colonie greche occidentali, è possibile includere anche le cosiddette ‘case sacre’.
Queste ‘ierai oikiai’ avevano probabilmente lo scopo di ospitare gli incontri di alcune ristrette comunità appartenenti a phratriai locali o ad altre associazioni civiche assimilabili.
Alla luce di queste premesse, il contributo propone i risultati di un’indagine preliminare relativa a tutti i contesti archeologici all’interno delle colonie d’Occidente che meritano di essere riconsiderati da una rinnovata prospettiva ermeneutica. Una rivalutazione di alcuni edifici attraverso l’analisi spaziale, contestuale e funzionale permette infatti di apprezzare la frequenza costante di alcuni elementi comuni presenti all’interno delle ‘case sacre’. Considerazioni di carattere archeologico, insieme a informazioni di natura storico-epigrafica e socio-antropologica, contribuiscono a dimostrare come oggi sia necessario e urgente ripensare il concetto di “spazio sacro” appartenente alla comunità greca antica, spesso erroneamente concepito entro i limiti canonizzati del santuario delimitato e costruito. Inoltre, allo stesso tempo, il caso delle ‘case sacre’ impone una riflessione approfondita sulla categoria di ‘ritualità domestica’, ridotta il più delle volte a pratiche religiose condotte a livello intimo e privato.
A Crotone, alcuni contesti abitativi restituiscono molto materiale votivo ed evidenti tracce rituali. Ancora più
che in alcuni dei casi già menzionati, è certamente possibile che i contesti crotoniati siano semplicemente da ricondurre ad attività rituali svolte all’interno di abitazioni private, ma la ricorrenza di alcune associazioni invita tuttavia a riservare maggior attenzione ad alcuni di questi. Come osserva Alfredo Ruga, a Crotone nel corso del IV sec. a.C. è possibile notare nell’ambito dell’edilizia privata un ricorso maggiore ad antefisse decorate con divinità o altri esseri mitologici. In particolare, si segnalano una Artemis Bendis proveniente dagli scavi in via Telesio, una Afrodite da quelli di Fondo Gesù, e un Eracle da via Panella. Secondo l’autore tali attestazioni testimonierebbero l’utilizzo di terrecotte architettoniche soltanto a fini apotropaici, “per istintiva e popolare credenza che questi temi decorativi proteggessero ulteriormente la casa e i suoi occupanti” e, di contro, nulla avrebbero a che fare con una connotazione sacrale degli edifici.