La pubblicazione si riferisce ad un reperto attualmente esposto nel Museo Archeologico Nazionale di Crotone. Si tratta di un blocco parallelepipedo di pietra proveniente dal territorio dell’odierna Strongoli, su cui insiste il sito dell’antica Petelia, annoverata fra le leggendarie fondazioni di Filottete e gravitante in età storica nell’orbita del territorio crotoniate, poi occupata nel IV secolo a.C. dapprima da popolazioni lucane e poi brettie, e successivamente nota per la sua amicizia con Roma, che le garantì autonomia e prosperità fino all’acquisizione dello status di municipium (89 n..C.) ed oltre.
Il blocco, alto cm 21,6 largo cm 32,6 e spesso cm 12, reca sulla fronte un’iscrizione Iatina disposta su due righe, seguita da un’iscrizione greca di sei righe.
Esso fu recuperato alcuni anni fa dal Sig, Luigi Mazza, assuntore di custodia della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Calabria per la zona di Strongoli, dal crollo di un muretto di sostegno moderno, situato nell’area della necropoli di “Silica della Regina”, detta anche di “Fondo Castello”. Tale necropoli, una delle più note fra quelle finora individuate nel territorio del moderno comune, era stata indagata da campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza Archeologica della Calabria negli anni 1980 e 1981.
La datazione che ne fa M.L. Lazzarini è, in base a criteri paleografici, nell’ambito del I° secolo d.C., dunque già in età di Roma imperiale. Questa datazione è in accordo con la prima utilizzazione della necropoli stessa. ove sono state recuperate monete di Nerone (54-68 d.C.) e Vespasiano (69-79 d.C.) .
La concomitanza di iscrizioni funerarie bilingue in latino e greco è abbastanza comune: al testo latino sono demandati i dati obiettivi relativi al defunto, mentre al testo greco se ne affida il ricordo in forma poetica, con echi dell’epica o dell’elegia, che sottolineano solitamente il legame culturale che lega il defunto alle sue origini, un legame culturale col mondo greco che pertanto persisteva ancora nel I° sec. d.C.
Dall’iscrizione latina apprendiamo che il destinatario del testo funerario è Celadione, un bambino di cinque anni, e che il monumento gli è stato dedicato da un’associazione di pantomimi (grex Ionici pantomimi).
Nell’antichità greca e romana, il pantomimo era uno spettacolo affidato all’azione mimica di un attore, accompagnato da musica, e a volte da una voce narrante le azioni sulla scena. I Greci lo chiamavano danza italica. A Roma fu introdotto in età imperiale sotto Augusto (nel 22 d.C. circa) da Pilade di Cilicia e Batillo d’Alessandria; consisteva in una danza con orchestra (flauti e zampogne) e coro, su soggetti sia comici sia tragici o simili al dramma satiresco. Il termine pantomimo indica anche colui che pratica il pantomimo o la pantomima 1. Il temine grex, ricorre spesso in scrittori latini ad indicare associazioni di attori o mimi, od anche, la compagnia che di volta in volta sta recitando. A dedicare l’iscrizione funeraria a Celadione sarebbe dunque “la troupe di Ionico, il pantomimo“.
Il testo in greco illustra con maggiore dovizia la persona del piccolo defunto:
“Plutone rapì il fanciullo verso una morte ingiusta
elargendo al padre sofferenze perenni.
Dove sacrificherai agli dèi, o Kelados, dove porterai corone
perfettamente adatte agli altari e sacre libagioni insieme all’incenso?
Il barbaro Ade strappò l’infelice alla scena,
portando ai genitori molte lacrime insieme al dolore”.
Il nome in greco del defunto, Κέλαδε, differisce di poco da quello in latino, Celadione. Il 5° rigo dell’iscrizione in greco, “Ade ha strappato l’infelice alla scena”, indica che piccolo aveva già calcato le scene o era destinalo a calcarle, e che quindi il padre era Ionicus, il capo del grex dei pantomimi.
L’iscrizione rileva dunque che anche nel Bruzio, a Petelia vi era una compagnia di Pantomimi, introdotta non da molto tempo nell’impero romano, e che questa attività teatrale mantiene stretti legami con il mondo greco. I pantomimi infatti si ispirano ad una cultura greca, e greca la lingua dei canti che accompagnano le danze, greci sono i temi mitologici che ne costituiscono l’argomento 2 3.
Inoltre, poichè un’iscrizione è in primo luogo una forma di comunicazione, si deve pertanto presumere che essa sia iscritta anche con l’intento di essere letta e compresa; dunque si può ragionevolmente ritenere che la Petelia del I° secolo d.C. non fosse del tutto estranea all’ambito culturale greco. La pubblicazione di M.L. Lazzarini si conclude con l’esposizione degli elementi che rafforzano questo concetto, ovvero che sussistono diverse tracce sporadiche. ma non meno significative, di grecità a Petelia dopo la seconda guerra punica.
Questo tematiche sono ulteriormente approfondite nella pubblicazione di Paolo Poccetti “Bilingues Bruttaces: il caso di Petelia” (2014), già presente nella biblioteca del GAK, in cui gli esempi bilinguistici di Petelia vengono assunti a modello di studio per i fenomeni di contatto e di continuità tra lingue in Calabria, una peculiarità nota su scala regionale già alla coscienza linguistica del mondo antico, di cui è emblematica la definizione bilingues Bruttaces attribuita ad Ennio e Lucilio e glossata da Festo quod Bruttii et Osce et Graece loqui soliti sunt (che si riferisce al bilinguismo Osco-Greco). Del mosaico dei bilingues Bruttaces – ma in questo caso Greco-Latino – i testi di Petelia costituiscono tasselli documentari di prim’ordine.
Ulteriori elementi di riflessioni sono proposte da Marianna Castiglione in Le necropoli romane di Petelia (2013) a pp. 127-129
Note
- https://it.wikipedia.org/wiki/Pantomimo[↩]
- La citazione di Macrobio di M.L. Lazzarini è esposta in Stefano Mazzoni
“Danzare la regalità: Pilade vs Ila (Macrob. Sat. II 7, 12”)[↩] - Per approfondire l’argomento delle rappresentazioni con Pantomimi vedere anche Gennaro Tedeschi “Spettacoli e trattenimenti dal IV secolo a.C. all᾿età tardo‑antica secondo i documenti epigrafici e papiracei” (2017[↩]