Lo studio dei sistemi idraulici delle città della Magna Grecia è parte di un tema assai ampio per limiti di tempo e spazio, riguardante la gestione
dell’acqua nell’ambito della civiltà greca e delle sue conseguenze in età romana repubblicana ed imperiale. E’ necessario premettere, dunque, che in questa occasione si fa esclusivamente riferimento alle colonie greche dell’Italia meridionale, escludendo la Sicilia. Non ci si spinge infine in epoca romana, volendo limitare la trattazione alle fasi di vita greche delle colonie, ma si considerano tuttavia parte integrante del discorso gli sviluppi dei sistemi idraulici in età tardo ellenistica o repubblicana.
Nella definizione generale di sistemi idraulici distinguiamo innanzitutto due principali categorie, a cui fanno capo rispettivamente gli apprestamenti per l’approvvigionamento idrico e quelli per il drenaggio urbano. Dal momento che l’acqua nel mondo greco era considerata un bene comune, facente parte dei demosia, e un diritto per tutti1, la polis creava strutture per l’approvvigionamento e la distribuzione pubblica, che venivano inoltre integrati da pozzi e cisterne domestiche, riconducibili invece alla sfera privata. Parimenti, per quanto concerne i sistemi di drenaggio, la polis si faceva carico dello smaltimento delle acque piovane e di scarico tramite la realizzazione di impianti fognari, considerati anch’essi demosia ed estesi a tutto il territorio urbano; ogni cittadino provvedeva al drenaggio della propria abitazione con canalizzazioni e scarichi che, pur facendo capo al sistema pubblico, rientravano nell’ambito della proprietà e delle responsabilità private.