Crotone durante la Guerra Greco-Gotica

ABSTRACT: Questo articolo riporta le principali citazioni dalla Storia delle Guerre di Procopio di Cesarea, tradotte in italiano con considerazioni storiche, riferite alla Guerra greco-gotica (535-553), esplicitanti il ruolo della città e del porto di Crotone, durante questi avvenimenti.

Il contesto storico

All’inizio del VI sec. d.C. in Italia vige il Regno ostrogoto, anche noto come il Regno d’Italia (Latino: Regnum Italiae), che era stato venne fondato dal popolo germanico degli Ostrogoti nella penisola italiana e nelle zone confinanti. Il Regnum Italiae è esistito tra il 493 e il 553, a partire da quando gli Ostrogoti subentrarono a Odoacre, il padrone de facto dell’Italia che aveva deposto l’ultimo imperatore d’Occidente nel 476. La penisola venne quindi organizzata in 17 distretti con a capo dei governatori (correctores) che avevano ampi poteri fiscali, giuridici e civili. Tutti costoro rispondevano del proprio operato direttamente al prefetto del pretorio, di nomina regia e che risiedeva a Ravenna.

Da un punto di vista amministrativo infatti, l’italia era governata dalla prefettura del pretorio d’Italia (in latino Praefectura Praetorio Italiae e in greco Ὑπαρχία Πραιτωρίων Ἰταλίας, traslitterato in Hyparchía Praitoríōn Italías) una delle articolazioni dell’Impero romano, a partire dalla riforma tetrarchica di Diocleziano, assegnata dopo il 395 all’Impero d’Occidente e che, dopo la caduta di questo nel 476, prefettura sopravvisse formalmente per conto dell’imperatore d’Oriente, prima nelle mani del re degli Eruli Odoacre, poi in quelle dei sovrani del Regno ostrogoto. Al termine della guerra gotica, nel 553, la prefettura venne infine riunita all’Impero d’Oriente, sopravvivendo sino al 584, quando venne trasformata nell’esarcato d’Italia.

La Calabria nel VI sec. d.C.

All’inizio del VI sec. d.C. la Calabria, ancora unita alla Lucania nella Regio Tertia Lucania et Brittii, è retta da un corrector (governatore)1 La sede della correctura di Lucania e Bruzii è quasi univocamente indicata Reggio2. L’esame della compagine sociale del Bruzio, quale ci viene presentata dalle Variae di Cassiodoro, rivela una struttura al cui vertice stanno i grandi proprietari (potentiores, maiores, possessores), che appartenevano alle classi più ricche e svolgevano un ruolo simile a quello del senato a Roma, generalmente provenienti da alcune dinastie con vaste proprietà di terreni; ai grandi proprietari seguono scendendo verso il basso una nuova classe di grandi affittuari (conductores), indi i curiales, i mediocres, i tenuiores, i rustici; per curiales ci si riferiva anche ai mercanti, uomini d’affari, non solo ai proprietari terrieri di medio livello, che spesso prestavano servizio locale come magistrati e decurioni. Inserita in questa societa era la gerarchia burocratica dello Stato, con il Cancellario, i Giudici, i Salones, il cui compito era vario: dall’ordine pubblieo all’esazione flscale, dall’annona alla giustizia, dall’amministrazione civile alle forniture militari ed alle liturgie ecc.3

Il declino dei centri civici è evidente. Sono ancora attive alcune stationes del cursus pubblicus, ma l’economia e la popolazione è maggiormente distribuita nelle villae latifondistiche. Ciò è favorito dalla politica degli Ostrogoti che sostenevano i possessores con continui sgravi fiscali e assenza di controllo militare nella regione.

Nel V secolo, le distruzioni di strutture insediative, le devastazioni del territorio, la speculazione sui grani contribuiscono ad indebolire non solo i coloni ma anche il ceto basso e medio dei proprietari della terra e quindi i curiales, mentre i beni dei grandi possessores crescono continuamente, insieme a quelli delle chiese vescovili. L’aristocrazia locale e provinciale dei curiales e dei possessores è formata da alcune dinastie i cui possedimenti si stendono in Lucania e nel Bruzio, ed è definita dalla sua ricchezza, fondata anche sull’industria e il commercio, e dalla colonizzazione delle funzioni amministrative, realizzata soprattutto nel V secolo.
Grazie all’ampiezza e alla dispersione delle sue proprietà, il suo potere è considerevole e la sua sfera d’influenza è molto ampia: così Tulliano è capace, in tempi brevi, di arruolare un esercito e di conquistare tutti gli abitanti del golfo di Taranto alla causa di Costantinopoli4.

Dopo il passaggio e le devastazioni dei Goti e dei Vandali nel V secolo, Cassiodoro (485-580) e Procopio (490-560) ci danno la seguente descrizione dell’Italia meridionale nella prima metà del VI secolo.

Procopio, giudicando dal punto di vista militare, afferma che la maggior parte delle città generalmente non è fortificata. Cassiodoro invece descrive in toni idillici la sua città natale, Squillace, circondata da campi, vigneti e oliveti: «Hoc quia modo non habet muros, civitatem credis ruralem, villani iudicare possis urbanam et inter utramque posita»5.

L’economia continua ad essere prevalentemente agraria: le fonti, da Cassiodoro a Gregorio I, parlano della fertilità della Calabria, di coemptiones 6, di forniture di frumento in altre parti dell’Italia, e di riserve e approvvigionamenti, sempre di frumento, ecc.

In una lettera tramandataci nelle Variae di Cassiodoro, il re goto Atalarico (in carica dal 526 al 534) cerca di convincere i cittadini fuggiti in campagna a tornare nelle città, ma la gente continuò ad abitare in campagna, sembrando indicativo, ad esempio, che, durante la seconda fase della guerra gotica, le uniche truppe ausiliarie reclutabili nell’Italia meridionale fossero i coloni provenienti dai latifondi dei possessores.

Nel Bruzio la ricerca archeologica evidenzia cinque insediamenti 7.

Vibo Valentia, una città il cui quadro è quello di un parziale declino 8. L’unica domus conosciuta di Vibo sopravvisse per tutto il VI secolo, così come il locale palazzo imperiale. E dal 568 la città era sede episcopale. Allo stesso tempo, però, dopo il 550 Vibo non esportò più legno e grano a Roma, anche se lo aveva fatto per secoli. Contemporaneamente fu abbandonata un’officina artigianale di ceramica nella parte sud-occidentale della città 9.

Botricello, venti miglia a sud di Crotone, appare un fiorente villaggio verso il 550 d.C. 10. Era incentrato su un complesso religioso, le cui modeste dimensioni (15 metri di lunghezza, 20 di larghezza) erano compensate da materiali da costruzione di discreta qualità. 11.

Locri era stata abbandonata. Ma era stata sostituita da un villaggio a sud-est, tra il fiume Portigliola e l’odierno antiquarium, conosciuto come Paleapoli. Questo nuovo insediamento era abbastanza popoloso da essere sede di un vescovado e da vedere la costruzione di un’importante chiesa nel 550 12. Ma quasi tutti gli edifici erano costruiti in pietra a secco e mattoni di argilla, di pietra a secco e mattoni d’argilla, cosa che non accadeva a Locri; ciò suggerisce che Paleapoli fosse un villaggio piuttosto povero 13.

Più controverso è il caso di Tropea. Secondo G. Noyé, questa città prosperò dopo la guerra gotica 14. La maggior parte delle importazioni del dopoguerra erano sofisticate, indice di una popolazione benestante. Tropea si era addirittura espansa, grazie immigrazione dalle campagne. Purtroppo, non esistono scavi o indagini serie per di scavo o di indagine che confermino l’affermazione della Noyé.

Un segnale più chiaro del declino della Calabria è fornito da Scolacium. Questa città stava per atrofizzarsi già nel 550 15. La maggior parte delle strutture del foro erano abbandonate, la domus più grande era stata distrutta da un incendio e una delle strutture pubbliche più importanti, una sorta di edificio celebrativo, era caduta in rovina permanente. La domus fu presto sostituita, ma solo da una necropoli. Sono stati trovati molti sono stati rinvenuti numerosi manufatti risalenti alla prima metà del VI secolo, ma nessuno della seconda metà 16. L’unico segno di un discreto vigore era una una fornace artigianale nel foro, utilizzata per produrre bronzo e metallo.

Le due città più grandi della Calabria, Crotone e Reggio di Calabria, invece erano entrambe in buone condizioni. Questo si rifletteva nelle mure delle fortificazioni che erano stati attrezzate durante la guerra greco-gotica e nel dopoguerra, con mura di ragionevole qualità; sebbene il loro spessore fosse in media di 1,5 m, i materiali da costruzione erano identici a quelli che ci si aspettava di trovare in un muro romano del IV secolo 17.
Reggio commerciava attivamente con il Nord Africa e il Vicino Oriente, sia in termini di esportazioni che di importazioni 18.
Allo stesso modo, Crotone era un importante centro di produzione di ceramica.

La guerra greco-gotica

Con la guerra greco-gotica (535-553), l’Impero Romano d’Oriente, per volontà del suo imperatore Giustiniano I (in carica dal 527 al 565), contese agli Ostrogoti parte dei territori che fino al secolo precedente erano parte dell’Impero Romano d’Occidente. La guerra si concluse nel 553 con la sconfitta degli Ostrogoti.

Le città dell’Italia Meridionale considerate importanti da Procopio, e da lui citate in parecchie occasioni sono, oltre a Napoli, i porti della costa adriatica e ionica: Brindisi, Otranto, Taranto, Thourioi, ma i fatti narrati si svolgono a Rossano, Crotone e Reggio. Queste città, a parte Thourioi, sono le tappe che, per tutto il Medioevo bizantino, segnano i viaggi da Costantinopoli verso la Sicilia.

Un segno della prosperità economica di Crotone nel primo periodo bizantino può essere un tesoretto, trovato nel 1916 nel porto della città, di 80 monete d’oro degli imperatori Teodosio II, Marciano, Leone I, Leone II e Zenone, Anastasio, Giustino I e Giustiniano I 19. Nel 597 Crotone era stata presa dai Longobardi 20, ma solo per poco tempo: infatti, ai concili tenutisi a Roma, Nicea e Costantinopoli fra il 649 e 869/70 i vescovi di Crotone erano sempre presenti 21.

A proposito delle Diocesi in Calabria, dalla fine del IV secolo e l’inizio del V nei documenti storici si affacciano i nomi delle piu importanti Diocesi del Bruzio (Squillace, Vibona, Locri, Crotone, Cosenza, Thurio. Papa Gregorio I (590-604) scrisse ai vescovi di Reggio, Tempsa, Locri, Squillace, Cosenza, Vibo e Tauriana, e menziona quelli di Nicotera, Crotone e Thourioi22. Tutti questi luoghi si trovano sulle vecchie strade romane della Calabria, cioè la via Popilia e la via Litoranea, e la maggior parte di loro è di fondazione greca. Dal fatto che esse sono diventate sedi vescovili e dalla frequenza con la quale esse vengono menzionate nelle lettere del Papa, possiamo dedurre che si trattava dei centri più importanti della Calabria altomedioevale. Ciò testimonia che la concentrazione urbana si orientava allora prevalentemente verso la costa. Dal VII al IX secolo vescovi di queste città firmavano, con una certa regolarità, atti sinodali a Roma, Nicea e Costantinopoli. In alcuni casi ciò non significa necessariamente che tali città fossero ancora esistenti; dimostra soltanto che la sede vescovile aveva un titolare. 23.

La Guerra Gotica è spesso intesa come lo spartiacque tra il mondo tardo antico e l’inizio del Medioevo in Italia. I 18 anni di guerra si possono dividere in 2 periodi, rispondenti più o meno ai regni di Vitige e di Totila: possiamo quindi parlare di primo periodo, dall’inizio nel 535 alla caduta di Ravenna e quindi resa di Vitige nel 540, e di secondo periodo dall’avvento di Totila nel 541 alla sua morte e ultima resistenza di Teia nel 553. Il Bruttium, mentre evitò gli orrori della guerra nel primo periodo, fu particolarmente provato nel secondo.

Le forze di Constantinopoli nella prima fase, conquistarono prima la Sicilia, poi da Reggio si diressero verso Napoli, lungo la via Popilia, e poi a Roma, liberata dai Goti nel 536. Negli anni successivi però subirono la controffensiva dei Goti che assediarono Roma, ed il baricentro della guerra si spostò verso il centro-nord. L’azione del generale Belisario, fra alti e bassi portò alla sottomissione dei Goti ed alla cattura di Vitige.

Dal ritorno di Belisario a Costantinopoli i Goti (Ostrogoti) si riorganizzarono ed elessero il nuovo re Totila. In breve tempo Totila riconquisto molte città e distaccamenti del suo esercito occuparono senza opposizione le province di Lucania et Bruttii e di Apulia et Calabria (seconda metà del 542) 24. Totila era riuscito a far crescere il proprio esercito con l’accoglimento di prigionieri e di disertori, e si era inoltre accattivato l’appoggio della popolazione, – inasprita dall’eccessivo fiscalismo bizantino.

Il ritorno di Belisario in Italia (544) non ebbe il successo della precedente spedizione perchè non porto con sè l’esercito, impegnato nell’offensiva contro i Persiani, ma solo le truppe di stanza che già erano in Italia. Verso la fine del 545 Belisario chiese nuovamente rinforzi all’imperatore Giustiniano che inviò Giovanni e Isacco intorno al 546; Belisario decise quindi di spingersi via mare a Roma mentre Giovanni sarebbe sbarcato in Calabria e lo avrebbe raggiunto nell’Urbe via terra. Giovanni, dopo aver recuperato le province di Apulia et Calabria e di Lucania et Bruttii, decise di non spingersi fino a Roma.

Oltre alla problematiche portate dai conflitti militari, tra il 535 e il 554, altri grandi sconvolgimenti colpirono l’Italia: le anomalie climatiche e la peste di Giustiniano.

Sintesi delle citazioni nel testo di Procopio di Cesarea:

  • Crotone è citta del sud Italia, V 15
  • sua posizione nel golfo di Taranto, VII 28
  • Belisario àncora la flotta nel suo porto, VII 30
  • vi ritornano soldati romani mandati da Belisario in ricognizione; ivi assediata dai Goti, chiede soccorso, VIII 25;
  • Giustiniano vi manda le truppe, VIII 26

Lo sbarco di Belisario a Crotone (Capo XXVIII)

A dicembre del 547 Belisario riuscì ad ottenere l’invio di rinforzi dall’imperatore, che inviò sotto il comando del generale Valeriano. Belisario partì quindi per raggiungere i rinforzi a Taranto. Il cattivo tempo (vento contrario) costrinse però Belisario a sbarcare a Crotone, dove si accampò. La città a questa data era priva di fortificazioni, né vi era modo di trovare approvvigionamenti.

Ruskianòs era un epineion (porticciuolo) degli abitanti di Thurii, che occupava esattamente la parte ovest dell’antico sito di Sibari, e dunque doveva trovarsi sulla larga spiaggia della Rossano attuale. Mentre sull’altura prospiciente era stato costruito dagli antichi romani un fortissimo castello (phrourion), distante 60 stadi, circa 10 km. Qui, per iniziativa di Giovanni, era stato posto un considerevole presidio; i Goti vi accorsero con la mira di occuparlo, e Belisario, da Crotone, inviò truppe di soccorso, comandate da Faza. Nello scontro tra i due eserciti i Goti ebbero la peggio, perdettero 200 unità sul campo di battaglia, fuggirono e andarono a riferire il tutto al re.

I romani si accamparono a Thurii senza prendere altre precauzioni. Totila avvisato dai suoi, decise di attaccarli di sorpresa e li scompigliò, facendone strage e uccidendo lo stesso Faza. I soldati scampati si diressero verso Crotone, informando Belisario, che preoccupato riprese il mare e sbarcò a Messina 25.

E in questa fase che la Calabria jonica comincia ad essere interessata dalla guerra. Rilevante fu l’utilizzo dei bizantini del porto di Crotone (che offre due volte un ancoraggio alle navi bizantine durante i combattimenti svoltisi intorno alla pianura di Sibari); serve poi come luogo di raduno e la città riceve soccorsi quando viene assediata a sua volta).

I. Belisario adunque procacciava di afferrare senza indugj a Taranto. Avvi in quelle parti un lido foggiato a guisa di mezza luna, ove il mare formando mercé della curva un seno rade lunghissimo tratto di paese, non minore di stadj venti. Vicino all’uno ed all’altro estremo del tortuoso trascorrimento delle acque, al principio intendomi ed al terminar della flessura , sorgono due città : l’una, Crotone, guarda ponente, la seconda, Taranto, volge all’orto; di mezzo ad esse hannovi i turi.
Le navi romane quivi sorprese da marea e gagliardissimo vento in contrasto colle onde furono costrette a riparare nel porto di Crotone, dove Belisario, non rinvenendo altro luogo munito né vittuaglia per alimentare la truppa, statuì di soggiornare con sua donna e co’fanti per chiamarvi di poi l’ esercito di Giovanni e metterlo in punto : fece eziandio più lunge procedere tutta la cavalleria, comandando a que’ condottieri, Fara ibero e Barbatione sua guardia, di piantare il campo alle strette della regione.
Sì operando egli estimava che costoroprovvederebbero di leggieri ai proprj bisogni ed ai foraggi pe’cavalli, e renderebbero impenetrabili que’ passi al nemico. Imperciocchè i monti della Lucania confinanti col lago de’ Bruzj corrono per modo tra loro uniti da non formare che due angustissime gole, l’una detta latinamente Petra sanguinis, e l’altra Labula.
Evvi pure in quel lido Ruscia, porto dei Turj; all’insù poi dopo un sessanta stadj gli antichi Romani edificarono un fortissimo castello, dove Giovanni, occupatolo di fresco, messo avea ottima guernigione.

II. Le truppe di Belisario coll’inoltrare s’avvengono a quelle nemiche, speditevi da Totila per tentare il prefato castello, ed assalitele valorosamente, quantunque ben maggiori di numero, le sbaragliano in poc’ora uccidendone più che dugento. Le altre rincacciate e giunte al campo narranvi a dilungo gli avvenimenti loro. I Romani per lo contrario postisi quivi a dimora, colpa l’assenza del duce e con mal uso della riportata vittoria, cominciarono ad allentare il freno della militare disciplina, più non tenendosi insiem raccolti, né custodendo attentamente le strette de’monti; per cumulo poi di trascuraggine pigliavano riposo nella notte entro tende le une dalle altre molto lontane così pure vagavano del dì in traccia della vittuaglia senza premettere esploratori ne’luoghi vicini, od osservare la minor cautela.
Re Totila avvertito di queste negligenze si avvicinò ad essi con tre mila cavalieri, fior di tutto l’esercito, e rinvenutili, come abbiam riferito , senza ordine veruno e dispersi perla regione li assaltò all’imprevista, li vinse, o pose il tutto in iscompiglio.
Faras in questa sopraggiuntovi da’ luoghi vicini riuscì, facendo pruove da dirsene, a procacciare la salvezza di alcuni: se non che al postutto vi dovè egli stesso mordere il suolo in una a quanti erangli dintorno. Tale avvenimento fu di grave danno e cordoglio ai Romani, che in personaggi di sì eminente valore aveano riposto ogni loro speranza.
Dei fuggiti ognuno del suo meglio procurò campare la vita, e di essi primo Barbatione, lancia di Belisario, con altri due entrato a spron battuto in Crotone v’appalesa il danno sofferto, aggiugnendo che sembravagli già vedere presso quelle mura il nemico. Belisario altamente addolorato per sì triste annunzio balzò di subito nelle navi, le quali alzata l’ancora e spinte da propizio vento afferrarono in quel dì stesso a Messana2, città della Sicilia di rimpetto a Regio, ed a settecento stadj da Crotone.

Procopio di Cesarea – Istoria delle guerre gotiche (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1838)
Libro terzo – Capo XXVIII

L’assedio di Rossano (Capo XXIX)

All’inizio del 548 Totila cinse d’assedio il campo bizantino di Rossano. avvenne il furioso scontro attorno al castello di Rossano.

I romani, credendo di aver avuto partita vinta, allentarono la guardia, e quando Totila, informato degli eventi, giunse con grandi rinforzi – Procopio parla di tremila cavalieri -, scompigliò l’esercito imperiale, i cui superstiti si rifugiarono a Crotone, seminando il panico. Lo stesso Belisario, allora, credette opportuno imbarcarsi e riparare in Sicilia, a Messina. Baduila, nella primavera del 548, si dispose ad assediare Rossano. Procopio riferisce che nella fortezza erano raccolti “molti e distinti italiani”, tra i quali Deoferonte, fratello di Tulliano. Belisario mandò a chiamare Giovanni, da Otranto, Valeriano e altri generali, e li mise a capo d’una flotta destinata a portar soccorso a Rossano. Senonché una furiosa tempesta impedì alle navi di accostarsi; le truppe tentarono dunque lo sbarco a Crotone, da dove avrebbero poi dovuto camminare seguendo la costa. I Goti, avvistatili dall’alto, piombarono sulla spiaggia, incutendo tanta paura da impedire ogni tentativo di sbarco: anzi, dopo qualche tempo trascorso al largo sulle ancore, la flotta dovette tornarsene a Crotone.

III. Totila dopo le ricordate imprese avvertito che gli imperiali di presidio nel castello Rusciano bisognosi di vittuaglia verrebbero di leggieri ad un arrendimento coll’ interdir loro ogni esterno aiuto d’annona, posevi il suo campo in molta vicinanza, cominciando così a premerli strettamente. L’uscire del verno compiè l’anno decimoterzo di questa guerra che Procopio scrivea.

Procopio di Cesarea – Istoria delle guerre gotiche (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1838)
Libro terzo – Capo XXIX

I Goti conquistano e occupano Rossano (Capo XXX)

A seguito della mancata liberazione del castello di Rossano, si decise allora che una parte dell’esercito sarebbe andato a Roma con Belisario ed il resto, guidato da vari ufficiali, si sarebbe spostato nel Piceno.
Si sperava in questo modo di distogliere i Goti da Rossano, ma Totila non tolse l’assedio finché non ottenne la resa.

Gli assediati nel castello di Rossano, spinti dalla penuria, vennero a trattative con i nemici, promettendo che, verso la metà dell’estate, se nessun soccorso fosse giunto, avrebbero consegnato il castello a condizione di rimanere tutti incolumi. Gli assediati nel castello di Rossano, essendo rimasti ormai senza vettovaglie, e non avendo più mandarono l’italiano Deoferonte presso Totila per implorare salvezza, pregandolo di perdonarli per quanto avevano fatto. Totila promise che non avrebbe inflitto punizioni e così occupò il castello; per i soldati che difendevano Rossano dispose che, quanti lo avessero voluto, sarebbero potuti rimanere, mantenendo i loro averi, a patto che fossero entrati nell’esercito dei Goti al pari con loro; come era solito fare alla presa di ogni fortezza. Quanti volessero invece andarsene, ordinò che fossero liberi di farlo, per recarsi ovunque volessero, ma spogliati di ogni bene, e che nessuno fosse arruolato contro voglia. Quindi ottanta uomini dell’esercito romano, privati dei loro beni, si recarono a Crotone; gli altri con i loro averi rimasero lì. Agli italiani, poi, tolse tutti gli averi, ma li lasciò del tutto incolumi nella persona (autunno 548).

L’accanimento posto nell’occupare la piazzaforte di Rossano si spiega con l’importanza della sua posizione. Anzitutto assicurava il possesso di Thurii, considerata al centro del Golfo di Taranto; da Thurii si potevano controllare sia Taranto che Crotone. Ma consentiva anche il controllo della Piana di Sibari. l’accesso all’interno del Bruttium e del passaggio dalla Lucania verso sud.

I Goti restarono attestati a Rossano sino alla fine delle ostilità; tra il e il 550 549 Totila estendeva il dominio su Taranto, Reggio e Messina, dopo averle assediate. Alla fine del 550 tutto il litorale ionico e tirrenico dell’Italia meridionale era ben controllato dai Goti. Infine, nello stesso anno, Totila riuscì a prendere Roma definitivamente: il dominio goto in Italia sembrò ristabilito; all’impero non restavano che poche piazzeforti in Sicilia e lungo l’Adriatico, Otranto, Osimo e Ravenna.

Giustiniano intanto decide di richiamare Belisario per inviarlo in Persia.

I. Giustiniano Augusto, fatti partire sopra navi per la Sicilia non meno di due mila fanti, comandò a Valeriano che troncato ogni indugio si portasse da Belisario e il duce sgarato il seno afferrò a Idrunte, ove rinvenne il condottiero con la consorte Antonina. Costei quindi piglia la via di Bizanzio per chiedere all’Augusta maggiori aiuti di guerrieri; ma Teodora, al suo arrivo, più non era, spenta da morbo dopo ventun anno e tre mesi di matrimonio. La guernigione di Rusciano intanto dato fondo alla vittuaglia propose ai nemici che ritrarrebbesi di là nel mezzo della state, quando avessero tutti i rinchiusivi salva la vita, e non ricevessero nell’intervallo aiuti. Eranvi poi nel guardingo molti cospicui Italiani, e tra essi il fratello di Tulliano, Deoferon; trecento cavalieri illirici del romano esercito postivi da Giovanni sotto agli ordini della lancia Calazare, e cento fantaccini mandati da Belisario. In Roma le truppe destinate dal supremo duce a presidiarla trucidano il prefetto Conone accusandolo reo di venduta granaglia ed altra annona. Spediscono quindi all’imperatore ambasceria dell’ordine sacerdotale per annunziargli che ove non ottengano il perdono del commesso fallo e gli stipendj loro dovuti dall’erario, seguiranno incontanente le parti di Totila e de’Gotti; Augusto consentì alle dimande.

II. Belisario, chiamato seco a Idrunte Giovanni, Valeriano e gli altri duci , raccoglie una grande armata di mare, e tosta naviga difilato a Ruscia mirando soccorrerne il presidio. Questo non appena vede da elevato luogo il navilio, entra in grandi speranze, nè vuol più sapere di arrendimento, quantunque assai vicino lo stabilito giorno. Ma surta in prima una [p. 387 modifica]violentissima fortuna di mare vi disperse le navi, e tanto più dì leggieri in quanto che il lido va privo affatto di porti, laonde s’ebbe a perdere assai tempo. Ragunatisi poscia a Crotone di là navigarono a golfo lanciato a Ruscia. I barbari non appena aocchiatili corrono , saliti in arcione , alla piaggia volendo impedirne il calare a terra. Giuntivi re Totila con lunga ordinanza atelò di contro alle venienti prore suoi militi armati parte di aste e parte di tesi archi. I Romani sgomentati da questo apparato , né osando farsi oltre, tennersi qualche tempo sulle àncore; perduta quindi ogni speranza di pigliar terra diedero tutti di volta afferrando novamente a Crotone, ed avutovi consiglio statuirono che Belisario calcasse la via di Roma per ordinarvi del suo meglio le cose e rinfrescarla di fodero; Giovanni con Valeriano poi, fatti sbarcare intrattanto uomini e cavalli, s’avvierebbero nel Piceno per molestarne gli assediatori dei guardinghi; sì operando speravano che Totila ritrarrebbesi dall’assedio. Giovanni colle sue truppe, mille di numero, compié gli ordini avuti : ma Valeriano impauritosi del pericolo e trasportato coll’armata di mare intorno al seno Ionico, veleggiò per filo ad Ancona, estimando più sicuro da quivi il tragitto nel Piceno per unire sue truppe a quelle del collega. Totila fermo nel proseguire l’assedio mandò colà due mila scelti cavalieri, acciocché insiememente co’ barbari ivi a dimora impedissero gl’imperiali dal penetrarvi.

III. Gli assediati nel castello Rusciano caduti da ogni speranza di ricevere annona ed aiuti romani [p. 388 modifica]spedirono Gudila pretoriano e l’italo Deoferonte ambasciadori a Totila chiedendogli venisse a patti ed accordasse loro vita e perdono delle passate colpe. Il re gotto promise che non punirebbe alcuno salvo Calazare, perchè violatore degli stabiliti accordi, e terrebbe gli altri tutti sdebitati di questo delitto. Occupato non altrimenti il castello fe’ tosto mozzare al fellone le mani ed i genitali, nè ancora contento lo tolse di vita. In pari tempo comandò che quanti del presidio amavano di rimanere non fossero sturbati nelle proprietà loro, e seguissero le sue bandiere sotto le condizioni da lui accordate ai prigionieri degli altri luoghi forti : i renitenti poi trarrebbonsi spogli d’ogni suppellettile ove meglio bramassero, ricusando egli avere a compagno d’ armi chiunque vi si prestasse a malincorpo. Ottanta de’ romani soldati allora, privi del danaro, trasferironsi a Crotone; il resto, conservando il suo, quivi fermossi : gli Italiani poi, sforniti d’ogni ricchezza, ebbero in dono la vita. Antonina moglie di Belisario giunta in Bizanzio dopo la morte di Teodora Augusta pregò l’imperatore che richiamasse colà il consorte, né penò ad ottenerlo, strettovi Giustiniano dalla guerra persiana, che recavagli di già ben gravi pensieri.

Procopio di Cesarea – Istoria delle guerre gotiche (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Rossi (1838)
Libro terzo – Capo XXX

L’assedio di Crotone (Libro IV)

Nell’aprile 551 Narsete ottenne il comando delle operazioni in Italia: (Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, IV, 21) radunato un esercito imponente, senza farsi molti scrupoli di arruolare con generosi donativi barbari Unni, Gepidi, Eruli, Longobardi e Persiani fra le sue schiere.

24) Dopo gli ultimi successi per i Goti, iniziò il declino: infatti in quello stesso anno il generale romano Artabane riuscì ad allontanarli definitivamente dalla Sicilia (Procopio di Cesarea, De Bello Gothico, IV, 24).

Durante la seconda metà del 551, si ha solo notizia che gli Ostrogoti strinsero d’assedio Crotone, la base dei Bruttii usata da Belisario per la campagna invernale del 547-548, ma allora priva di difese.

Ma Crotone nel 552, in pochi anni, deve essere già stata fortificata poichè sostiene l’assedio dei Goti. La ferma volontà dell’impero di presidiare i centri costieri si esplicò nella costruzione di questa fortificazione, che si inscrive pertanto nell’ambito della vasta opera di ristrutturazione e consolidamento di un limes marittimo sullo Ionio (ma che continuò a svilupparsi maggiormente dopo la fine del conflitto).

–> Vedere anche l’articolo su: Le mura bizantine di Crotone

Da sottolineare anche l’importanza del porto di Crotone, l’unico esistente sul versante ionico a sud di Taranto, che per ben tre volte accolse la flotta bizantina. Importante scalo per le rotte militari e commerciali da e per l’Oriente, è presumibile che esso sia stato potenziato dal governo centrale, con conseguente fioritura di scambi, attestati dai reperti ceramici di provenienza nordafricana e microasiatica rinvenuti nel sito di Capo Rizzuto 26

25) … Gli abitanti di Crotone e i soldati di quel presidio comandarti da Palladio, strettamente assediati dai Goti, e colpiti per la mancanza di vettovaglie, più volte di nascosto dai nemici, spedirono messi in Sicilia, per dichiarare ai comandanti dell’esercito romano, e in special modo ad Artabane, che se non avessero ricevuto soccorsi, essi, loro malgrado, non avrebbero tardato ad arrendersi ai nemici; ma nessuno giunse in loro soccorso. E terminò così l’inverno e si compì il diciassettesimo anno (551 – 552) di questa guerra di cui Procopio scrisse la storia.

L’imperatore soccorre Crotone Assediata (De Bello Gothico, IV, Capo XXVI)

26) L’imperatore udita la situazione di Crotone diede subito l’ordine ai suoi comandanti in Grecia, presso le Termopili, di navigare senza indugio alla volta dell’Italia, e soccorrere con ogni mezzo la città assediata; questi pronti al comando, si misero in mare, ed a vele spiegate, grazie anche al vento propizio, approdarono improvvisamente nel porto di Crotone assediata. I goti a tale sorpresa, sopraffatti dal timore, sciolsero a furia l’assedio; alcuni sopra le navi ripararono a Taranto, altri fuggirono a piedi sul monte Scilleo.

A questo punto una parte dei Goti chiese a Pacurio figlio di Peranio, comandante in Otranto della guarnigione romana, di arrendersi a patto che Giustiniano consentisse di mandarli salvi; al che Pacurio presto partì per Bisanzio per combinare in questo modo l’accordo.

Aspetti dell’evoluzione delle città successiva alla guerra

Gli assedi messi alle città pongono l’impero romano d’oriente davanti alla necessità di meglio controllare le regioni conquistate. Emerge l’importanza di costruire o rafforzare il circuito delle mura urbane. Piuttosto indicativi dell’ormai notevole funzione assegnata alla fortificazione dei centri sono anche i lavori di notevole ampiezza intrapresi da Iôhannès a Taranto poco tempo dopo: nell’area nuovamente recintata vengono raggruppati non solo gli abitanti della città, ma anche la popolazione dei dintorni, e vi viene stanziato un numeroso presidio.
La campagna di fortificazione, sotto la forma di città spesso ‘rifondate’, eventualmente dominate da un’acropoli è proseguita dalle autorità bizantine dopo la guerra; il modello canonico, un recinto periferico che protegge l’intero abitato, permette di coinvolgere la popolazione urbana nella difesa.
Le mura urbane creano un’identità comune e la città diventa il crogiolo dove si fondono i nobiles e i funzionari mandati da Costantinopoli, e il fulcro dell’ellenizzazione che s’intensifica nei secoli successivi.
Tale «programmazione pubblica della difesa civica», che si verifica nella seconda metà del VI secolo, è ormai un fenomeno ben documentato sul terreno. Anche se l’opera del cosiddetto Anonymus Bizantinus, in realtà Syrianus Magister, è ormai datata al IX secolo, le evidenze archeologiche dell’Italia meridionale concretizzano alcuni precetti del De Aedificiis di Procopio 27.

Nel 596 Crotone fu conquistata dai Longobardi di Arechi I – duca di Benevento. L’occupazione durò poco tempo, poichè poco dopo Crotone è nominata tra le città facenti parte dell’Eparchia di Calabria. Però Arechi si ritirò nei suoi domini conducendo con se un gran numero di prigionieri crotoniati, allo scopo di ottenere denaro per il riscatto o dalla vendita come schiavi; fu Gregorio Magno a pagare le 15 libbre d’ oro per ottenere la liberta degli sventurati Crotoniati che da un anno vivevano in cattivita presso i Longobardi. 28.

Dopo che la pace fu ristabilita, per diversi decenni ne segui una ripartizione variabile del territorio calabrese, tra impero bizantino e regno longobardo, con un limes variabile e non sempre facile da identificare. Ma qualunque fosse stato tale confine nei secoli VII e VIII, le antiche sedi episcopali finirono per essere riorganizzate; in luogo di quella di Myria ne fu creata una nuova a Tropea. La situazione del Bruttium è dunque molto diversa, sotto questo aspetto, da quella della Lucania.

Dall’analisi dei dati archeologici per Crotone, grazie soprattutto agli studi sui reperti numismatici, si può desumere che la consistenza dell’insediamento di Crotone nel VI-VII secolo abbia avuto “un carattere più militare che urbano“, come anche la sua valenza portuale, che rimane in “chiave più prettamente militare che commerciale“. “Se continuità abitativa vi è stata nell’altomedioevo, come sembrerebbero indicare i dati archeologici provenienti dal centro storico, lo si deve sì alla presenza del porto militare ma soprattutto a quella del vescovo, attestato dal VI secolo nelle fonti scritte, e della cattedrale attorno alla quale via via si sviluppa il nuovo insediamento con caratteri prettamente medievali29.

Note

  1. Per una elencazione dei diversi correctores nell’analisi delle fonti per la regio di Lucania et Brittii vedere in Rosa Lorito, “I governatori nelle regiones italiche tra Diocleziano e i Costantinidi“, Tesi Dottorato, Università di Palermo, 2017[]
  2. Arcuri Rosalba, “Contributo alla storia amministrativa della Calabria tardoantica” in Quaderni di Archeologia a cura dell’Università degli Studi di Messina, Volume I, 2011[]
  3. Giuseppe Brasacchio, Storia Economica della Calabria, Vincenzo Ursini Ed., 1997, Vol. II, p. 41[]
  4. Ghislaine Noyé, “Aristocrazia, barbari, guerra e insediamenti fortificati in Italia Meridionale nel VI secolo, 2015, p. 125[]
  5. Francescantonio Grimaldi, Annali Del Regno Di Napoli, Volume 2, 1782, pp. 48-52[]
  6. quantitativi di grano da versare alle autorità a prezzi imposti, rif. Enc. Treccani[]
  7. Elie de Rosen, The Byzantine reconquest of Italy and its effects on the country, 2013, pp. 24-26[]
  8. Noyé, G., 1992. Quelques observations sur l’évolution de l’habitat en Calabre du V au XIème siècle, Rivista di studi bizantinie neoellenici. Florence : Edizioni All’Insegna del Giglio, pp.118-119[]
  9. Chiara Raimondo, Le città dei Bruttii tra tarda Antichità e alto Medioevo: nuove osservazioni sulla base delle fonti archeologiche: Ed. All’Insegna del Giglio, 2006, p. 531[]
  10. G. Noyé, Ville, économie, et société dans la province de Bruttium-Lucanie du IVe au VII siècle. Ed. All’Insegna del Giglio, 1994, p. 727[]
  11. E.A. Arslan, Un Complesso cultuale paleocristiano a Botricello, Aquileia Nostra, vol.45-46, 1974-1975, p. 602[]
  12. Noyé, op.cit., 1994, pp.727-728[]
  13. Raimondo, op.cit., 2006, pp.535-536[]
  14. G. Noyé, in “La Calabre de la fin de l’antiquité au Moyen Age”, Mélanges de l’Ecole française de Rome. Moyen-Age, Temps modernes, vol. 103, p.892[]
  15. Noyé, op. cit. 1991, p. 890[]
  16. Raimondo, op. cit., 2006, pp. 543-546[]
  17. Raimondo, 2006, op. cit., pp.524-535, p.528[]
  18. Agnese Racheli, Osservazioni su alcune classi di materiali rinvenuti in territorio calabrese, MEFRM, 1991 pp.716-724[]
  19. G. PROCOPIO, in Annali dell’Ist. ital. di numismatica 1 (1954) p. 153[]
  20. Reg. GREGORII, VII, 23 , pp . 46 7 s.[]
  21. J.D. MANSI, Sacrorum consiliorum nova et amplissima collectio, Florentiae 1759 s., X, cc. 867 s., XI, cc. 301 s.; XIII, e. 384 et passim; XVI, e. 195[]
  22. Louis Duchesne – Les évêchés d’Italie et l’invasion lombarde, 1903); Louis Duchesne – Les évêchés de Calabre, 1973[]
  23. Vera Von Falkenhausen, “Magna Grecia bizantina e tradizione classica. Vicende storiche e situazione politico-sociale”. in Atti XVII Convegno Studi sulla Magna Grecia, Taranto 1977[]
  24. Procopio, De Bello GothicoIII, 6.[]
  25. Procopio, De Bello GothicoIII, 28[]
  26. Rosalba Arcuri – La Calabria nella Guerra gotica di Procopio di Cesarea (2008), p. 72 nota 113[]
  27. Ghislaine Noyé, “Aristocrazia, barbari, guerra e insediamenti fortificati in Italia Meridionale nel VI secolo, 2015, p. 141-142[]
  28. Registrum epistolarum (o Epistolae) è la raccolta delle circa 850 epistole pontificali sopravvissute di Gregorio Magno, che coprono l’intero arco temporale del suo pontificato (590-604). In particolare, l’episodio riguardante i Longobardi si desume dalla Ep. VI-13 e Ep. VI-23; per il testo delle Ep. vedere in Giuseppe Brasacchio, Op. cit., 1977, Vol II, pp. 80-81[]
  29. Chiara Raimondo, Alfredo Ruga – Note su Crotone tra IV e VII secolo, 2010[]