Crotone. Le iscrizioni in marmo di età imperiale dalla Cappella di San Dionisio.

Nel regio castello, a partire dall’età moderna si ha conoscenza dalla documentazione d’archivio della presenza di una chiesa (cappella) di San Dionisio, presso cui si svolgevano le sacri funzioni per i soldati, i loro familiari e coloro che risiedevano in quella piccola cittadella1.

Il Nola Molise tramanda che, già al suo tempo, “nel castello quando si và alla Cappella, ò vero Chiesa di S. Dionisio, si vedeno due base di colonne2 con delle iscrizioni.
Le 2 epigrafi segnalate dal Nola Molise vengono richiamata qualche decennio più tardi da Padre Fiore nel Tomo I° della Calabria Illustrata3.

Iscrizioni su marmo di età imperiale. Museo Archeologico e Numismatico di Catanzaro.

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Epigrafe EDR182290 (Electronic Archive of Greek and Latin Epygraphy)

Testo epigrafe con correzioni/normalizzazioni

Futiae C(ai) f(iliae) Lollianae,
filiae piìssimae, C(aius) Futi=
us Onirus iterum IIvir item
dedit decurionibus (sestertia) X(:decem milia) n(ummum),
ut ex usuris eorum quod=
quod annis VII idus Apriles,
natale filiae meae, epulan=
tes confrequentetis
10 (sestertia) CCCC n(ummum) et ìn prọfusioni=
bus (sestertia) CC n(ummum), neque in alịos usụs convertatis.
L(ocus) D(atus) D(ecreto) D(ecurionum).

Traduzione (non ufficiale)

“A Futia Lolliana, figlia di Gaio,
figlia piissima,
Gaio Fuzio Oniro,
di nuovo duoviro,
diede ai decurioni 10.000 sesterzi,
affinché dai loro interessi,
ogni anno il 7 delle idi di aprile,
natale di mia figlia,
partecipiate ad un banchetto, 400 sesterzi,
e 200 sesterzi per libagioni,
e non li convertiate in altri usi.
Luogo dato per decreto dei decurioni.”

Eagle stabilisce una datazione della piena età imperiale: 151 d.C. / 230 d.C. (palaeographia; formulae)

L’epigrafe è un’iscrizione funeraria, ma anche una disposizione testamentaria. Gaio Fuzio Oniro, un magistrato locale (duoviro), ha lasciato una somma di denaro (10.000 sesterzi) ai decurioni della città (l’equivalente del consiglio comunale) con lo scopo preciso di onorare la memoria della figlia Futia Lolliana, deceduta prematuramente. Il denaro doveva essere investito e gli interessi maturati (600 sesterzi all’anno) utilizzati per due scopi specifici: – un banchetto annuale (epulantes confrequentetis) di 400 sesterzi il giorno del compleanno della figlia (7 idi di aprile) – libagioni (in profusionibus) per un totale di 200 sesterzi. Le libagioni erano offerte di liquidi (vino, latte, olio, ecc.) versati a terra in onore dei defunti.

Gaio Fuzio Oniro specifica chiaramente che il denaro non deve essere usato per altri scopi (neque in alios usus convertatis). Questa clausola sottolinea l’importanza che il padre attribuiva alla commemorazione della figlia.

L’epigrafe offre uno spaccato sulle usanze funerarie e sulla pietà familiare romana. La celebrazione del compleanno di un defunto con un banchetto e libagioni era un modo per mantenere vivo il ricordo del caro scomparso e rafforzare i legami familiari e sociali. L’iscrizione testimonia l’affetto di un padre verso la figlia e il suo desiderio di perpetuarne la memoria attraverso un rituale annuale.

L’espressione “locus datus decreto decurionum” indica che il luogo dove è stata posta l’epigrafe è stato concesso con un decreto dell’assemblea dei decurioni.
Questo sottolinea l’importanza della disposizione testamentaria e la sua ufficialità.

Epigrafe EDR182291 (Electronic Archive of Greek and Latin Epygraphy)

Testo epigrafe con correzioni/normalizzazioni

L(ucio) Lollio L(uci) f(ilio) L(uci) n(epoti) L(uci) pr=
n(epoti) Cor(nelia) Lollio Mar=
ciano, equo publ(ico)
ornato, patrono
col(oniae), omnibus hon(oribus)
functo, Futia C(ai) f(ilia)
Longina mater fi=
lio piissimo, ob cu=
ius statuae dedica=
tionem decurioni=
bus, Augustalibus
pulantibus, po=
ulo viritim di=
sionem dedit.
L(ocus)] D(atus) D(ecreto) D(ecurionum).

Traduzione (non ufficiale)

A Lucio Lollio, figlio di Lucio, nipote di Lucio, pronipote di Lucio,
Cornelia. Lollio Marciano,
Distinto per i suoi meriti pubblici,
patrono della colonia,
che ha ricoperto tutte le cariche onorarie,
Futia Longina, figlia di Gaio,
madre figlio piissimo,
in occasione della dedicazione della statua,
diede ai decurioni e agli Augustali che banchettavano,
al popolo una distribuzione pro capite.
Luogo dato per decreto dei decurioni.

Eagle stabilisce una datazione della piena età imperiale: 131 d.C. / 200 d.C. (palaeographia; formulae)

L’epigrafe è un’iscrizione onoraria dedicata a Lucio Lollio Marciano, un personaggio di spicco della comunità locale. La madre, Futia Longina, ha fatto erigere una statua in suo onore e ha finanziato un banchetto per i decurioni (membri del consiglio municipale) e gli Augustali (Augustalibus) e una distribuzione di denaro “viritim” (pro capite) al popolo per celebrare l’evento. Questo tipo di elargizioni erano comuni in occasione di eventi pubblici importanti e avevano lo scopo di ingraziarsi il favore della comunità.

L’epigrafe riflette l’importanza delle famiglie aristocratiche locali e il loro ruolo nella vita politica e sociale della comunità. La figura di Lucio Lollio Marciano, con le sue cariche e onorificenze, rappresenta un esempio di notabile influente e rispettato.
L’espressione “locus datus decreto decurionum” indica che l’area dove è stata collocata la statua e l’iscrizione è stata concessa con un decreto del consiglio comunale.

Epigrafe EDR182296 (Electronic Archive of Greek and Latin Epygraphy)

Il Nola Molise ricorda una terza epigrafe posta “nella Chiesa detta di Sant’Angiolo era un pilastro di marmo con quest’iscrizione:

Testo epigrafe

Futiae
C(ai) fil(iae)
Lollianae,
filiae piissimae,
C(aius) Futius Onirus.
L(oco) D(ato) D(ecreto) D(ecurionum).

Traduzione (non ufficiale)

A Futia,
figlia di Caio,
a Lolliana, figlia piissima,
(questo monumento) (fu fatto da) Caio Futio Oniro.
(Luogo) dato per decreto dei decurioni.


Eagle stabilisce una datazione della piena età imperiale: 151 d.C. / 230 d.C.  (formulae; nomina)

L’scrizione si può interpretare come come associata ad un monumento funerario per Futia, figlia di Caio Futio Oniro.

Osservazioni

Elementi di vita civile a Crotone in età imperiale

L’età imperiale registra il silenzio delle fonti per Crotone. L’epigrafia ci aiuta a comprendere la vita civile ed ad acquisire informazioni sull’esistenza delle cariche cittadine (duoviri, decurioni, augustali), e delle poche famiglie gentilizie locali (Futii, Iulii, Lollii) che le assumevano per gestire la cosa pubblica distribuendosi cariche e onorificenze.

L’archeologia ci indica come l’Ordo Decurionum aveva autorità sia sulla creazione (od il restauro) di opere d’interesse collettivo – come testimoniato dall’iscrizione musiva rinvenuta al Lacinio (CIL I2, 2, 2542, ovvero l’iscrizione del mosaico pavimentale dell’edificio termale), sia sull’attribuzione di pubbliche onorificenze quali l’erezione di statue (CIL X, 109-1 10) o la realizzazione e deposizione di epigrafi (CIL X, 107-1 10)4.

La gens Futia, che rivestiva cariche pubbliche, emerge dalle epigrafi per una politica di evergetismo privato a Crotone, con donazioni alle persone del populus nel corso del II secolo d.C.; tali elargitiones in volgum erano di importi molto inferiori a quelle che si sostanziaromo nel vicino municipium di Petelia, con la magnificenza delle elargizioni di Manio Megonio Leone. Insomma, la loro posizione economica era probabilmente agiata, ma non eccezionale.

La mancanza di ingenti capitali a disposizione delle famiglie egemoni di Crotone potrebbe spiegare il motivo per il quale alcuni lavori, presumibilmente di restauro, effettuati presso l’ Heraion del Lacinio furono patrocinati dal facoltoso personaggio vibonese Q Laronius nell’ambito del più vasto programma di rinnovamento dei luoghi di culto voluto da Augusto. Questo condizione potrebbe essere una conseguenza del differente sistema economico di queste due realtà cittadine: terriero e latifondistico a Petelia, forse píù legato alla gestione dei commerci transmarini a Crotone; d’altra parte in base alle informazioni disponibili, in età imperiale, a differenza di quello Petelino, l’ager crotonensís appare essere dominante la proprietà imperiale su quella privata5.

Localizzazione delle iscrizioni

Queste iscrizioni superstiti d’età imperiale sono tutte decontestualizzate: il Nola Molisi infatti non ci indica né la loro provenienza, né quando queste furono collocate nella Cappella di San Dionisio sul Castello e nella Chiesa dell’Angiolo.

Per quanto riguarda i due basamenti a forma di parallelepipedo rettangolo con le due iscrizioni, presenti sul Castello, ci informa Nicola Sculco in Avanzi di Crotone (1905) pp. 67-69 che “a nostra vergogna, le due Are del castello ci furono tolte, e nel 1878 spedite da questo Ricevitore del Registro in Catanzaro a quel Museo Provinciale; e noi incuranti di ogni ricordo antico, ci accontentammo invece di sostituirvi due pilastri a mattoni !. ..“.

Qui c’è da ricordare che il Ricevitore del Registro di Catanzaro era una figura importante nell’ambito dell’amministrazione finanziaria e della registrazione degli atti giuridici nel Regno unitario d’Italia, mentre il Museo Archeologico e Numismatico di Catanzaro (MARCH), è la più antica istituzione museale della Calabria, fondata nel lontano 1879. In quegli anni presso il Museo si raccoglievano reperti archeologici provenenti da tutto il territorio provinciale, e tra questi molti da Strongoli, tra cui il famoso “cavaliere di Petelia”, la principale attrazione del Museo.

Le are dunque si trovano ancora oggi al March a Catanzaro. Pur rappresentando elementi identitari della città di Crotone, non è stato deciso di trasferirle nei Musei cittadini od in altra localizzazione idonea. A differenza di Strongoli ove alcune lapidi sono state murate negli edifici cittadini in spazi aperti dopo il loro ritrovamento, mentre le basi con le epigrafi di Manio Megonio Leone si trovano nel Duomo della cittadina.

Infine, ci informa Nicola Sculco, che l’ara votiva in S.Angiolo è scomparsa.

Questo è anche conseguenza del destino dei due edifici sacri, la Cappella di San Dionisio sul Castello, essendo stata lesionata dal terremoto di Cutro del 1832; poi venne sostituita da un’altra chiesa che trovò posto nella cortina sud della fortezza nelle vicinanze del baluardo San Giacomo. Ma anche quest’ultima in seguito fu demolita1.

La Chiesa S. Angelo era invece una delle dodici chiese parrocchiali esistenti all’interno della città di Crotone alla metà del Cinquecento. Il vescovo di Crotone, lo spagnolo Iohannes Lopez (1595-1598), essendosi la città spopolata ed impoverita, riformò nel 1596 il numero delle chiese parrocchiali: da dodici le ridusse a cinque.
S. Angelo venne soppressa come parrocchiale e fu unita alla parrocchia confinante di Santa Maria de Prothospatariis. Questa provvedimento religioso evidentemente non ne determinò la distruzione dell’edificio, tant’è che la chiesa esisteva ancora al tempo del Nola Molise (1649) nella contrada Pescheria. Tuttavia la documentazione d’archivio a partire dalla seconda metà del seicento non riporta più la Chiesa, ma il solo luogo di Piazza S.Angelo. Attualmente non ci sono tracce della Chiesa nei pressi della Piazza S. Angelo.

Crotone, Piazza S. Angelo

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Bibliografia, Note

  1. Andrea Pesavento: “La cappella di San Dionisio nel regio castello di Crotone”, 2015[][]
  2. Nola Molise G. B., Cronica dell’antichissima e nobilissima città di Crotone, Napoli 1649, pp. 102-103[]
  3. P.Giovanni Fiore – La Calabria illustrata, 1691, pp. 299-300[]
  4. Salvatore Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone 2010, p. 251[]
  5. Salvatore Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone 2010, pp. 93-95, 252-253[]