I Brettii: sintesi storica

Dalla seconda metà del V sec. a.C. la Calabria settentrionale e centrale vide la penetrazione, che sembra graduale e non traumatica, di nuove popolazioni italiche che parlavano osco e vennero dapprima definite lucane: per gli storici greci erano i Bretti (Βρέττιοι nelle fonti greche e nelle legende delle proprie monete, in alfabeto greco) e Bruttii per i Romani. La loro capitale fu Cosenza.

Etnogenesi e Territorio

Lo storico greco Strabone (in Geografia, IV capitolo del libro VI) definisce i Bretti come gente di stirpe sannita, stanziati oltre l’istmo posto tra Cerilli (Kerillous ovvero Cirella) e Turi (Tourion), a sud dei Lucani. Strabone fa presente che furono gli stessi Lucani a coniare il nome Brettii, che sta a significare ribelli, quando questi che erano pastori e mandriani al servizio dei Lucani, essendo divenuti liberi per indulgenza dei loro padroni, si ribellarono. Strabone scrive, che questo avvenne quando a Siracusa Dione fece guerra a Dionisio I (357 a.C.). Da ciò si evince che, il popolo Brettio fece il suo ingresso sul palcoscenico della storia a partire da IV secolo a.C., in precedenza erano semplicemente una branca dei Lucani e prima ancora dei Sanniti.

Diversamente, il geografo Stefano Bizantino, vissuto nel VI secolo d.C., nella sua opera Ethnikà, riferendosi ad Antioco, ma soprattutto ad Aristofane, fa notare che i Brettii venivano già citati nel V secolo a.C., in particolar modo riferendosi alla “pissa Brettia” (fr.629), cioè la la pece silana (bruttia pix), che in qualche modo era identificativa di questo popolo; di fatto collocava indirettamente i Brettii al V secolo a.C.

All’impostazione storica classica si aggiunge la recente ipotesi in P.G. Guzzo((Pier Giovanni Guzzo – Storia e cultura dei Brettii (2019))) sull’etnogenesi dei Brettii e l’estensione del loro territorio, per cui la maggior parte dei Brettii essi discenda dalle popolazioni indigene di tradizione protostorica, delle quali abbiamo iscrizioni in alfabeto acheo ed in lingua paleo-italica, che occupavano quasi tutto il territorio dell’attuale Calabria. I Brettii, dunque, non sarebbero schiavi o discendenti dei Lucani che avevano occupato solo la porzione settentrionale della regione, come gli antichisti avevano concordemente ritenuto finora, ma piuttosto italici che avevano innervato, a partire almeno dal V a.C., il sostrato etnico autoctono degli Enotri.

Dal momento della loro rivolta dai Lucani, i Brettii modificarono le loro abitudini e i loro usi, divenendo da semplici pastori nomadi, ad una vera e propria nazione.
Iniziarono in questo modo una lenta e inesorabile espansione verso il sud della Calabria, portandoli in più occasione a scontri, spesso vittoriosi, con le città greche sulle coste.

Il popolamento fu molto più intenso e diffuso nelle aree interne intorno alla Sila, dove sorsero numerosi centri difesi da potenti cinte murarie (come ad es., Castiglione di Paludi). Iniziarono la costruzione di numerosi piccoli villaggi distanti pochi chilometri l’uno dall’altro, intervallati da roccaforti chiamate oppida, nuclei urbani fortificati, nelle quali si riunivano le classi sociali più elevate come i guerrieri, i magistrati e i sacerdoti, anche se molto diffuse furono le fattorie, specie lungo le alture della costa.

Confederazione Brettiia

Le loro mire espansionistiche, e soprattutto la nascita delle città, portò alla fondazione della Confederazione Brettia, che vide eletta come capitale Consentia, l’attuale Cosenza.

Più che una organizzazione unitaria, si ritiene che i Brettti si siano organizzati per “cantoni” indipendenti, una modalità di insediamento favorita dalla complessa e variegata articolazione geomorfologica della Calabria che ha fornito “utili vocazioni o disposizioni o inclinazioni o inviti che dir si voglia” (Gambi 1960) nelle epoche precedenti e successive1.

Nei due secoli di storia successivi, fino alla loro sconfitta definitiva da parte della Repubblica Romana, i Brettii portarono avanti una politica espansionistica e guerriera, accrescendo la loro fama di guerrieri formidabili, astuti e feroci. Questo portò inevitabilmente lo scontro con le città elleniche della costa, riuscendo a conquistare Temesa, Terina e per qualche tempo Hipponion, e a mettere alle strette perfino Kroton, che però non fu mai conquistata e con la quale stipularono un trattato di alleanza nel 317 a.C. Almeno in qualche caso i centri brettii presentano impianti urbanistici regolari, come a Laos e probabilmente anche a Mella di Oppido Mamertina, nella Calabria meridionale.

Taccuino archeologia - Ricostruzione del Guerriero/Cacciatore Brettio
Taccuino archeologia – Ricostruzione del Guerriero/Cacciatore Brettio

Le polis greche tentarono di resistere in ogni modo all’avanzata Brettiia, arrivando perfino a chiedere l’aiuto di Alessandro il Molosso re d’Epiro e zio di Alessandro Magno, ma anche il re epirota venne sconfitto, perdendo la vita proprio alle porte di Pandosia nel 331 a.C. Nel 324 a.C. una delegazione brettia si recò a Babilonia alla corte di Alessandro Magno, per complimentarsi per la vittoriosa spedizione in India.

Molti aspetti della cultura materiale dei Bretti sono così profondamente ellenizzati da risultare pressoché indistinguibili da quelli delle poleis greche; differiscono invece i rituali funerari con la frequente presenza di armi nelle tombe maschili, che indica la voluta caratterizzazione militare dei ceti dominanti.

La guerra con la Repubblica Romana

Dopo le numerose vittorie militari e la continue mire espansionistiche, inesorabilmente la parabola dei Bretti iniziò a calare quando Roma si affacciò sulla Calabria. Nel 281 a.C. Taranto entrò in conflitto con Roma, che era già diventata una potenza egemone nella penisola, e si muoveva con l’intenzione di sottomettere tutte le città della Magna Grecia. I tarantini mandarono una delegazione a Pirro, perché intervenisse e la salvasse dalla conquista romana. I Lucani ed i Brettii si allearono con Pirro, per combattere contro Roma. Ma la coalizione non risultò vincente e con la loro disfatta cadde per la prima volta Consentia, che fu annessa alla Repubblica Romana, e nel 270 a.C. si ebbe la completa caduta di tutto il territorio sotto il domino dei Romani.

Durante la seconda guerra punica, prima della battaglia di Canne (216 a.C.) sia le poleis magnogreche e sia le popolazioni italiche – Lucani e Brettii erano schierate coi Romani, ma la disfatta provoca le defezioni a favore dei Cartaginesi. I Brettii si allearono con Annibale insieme ai Lucani. Solo Petelia e Consentia non passarono con Annibale, e le due città furono assediate: la prima resistette per undici mesi, mentre, successivamente, Consentia capitolò in pochi giorni.

Questa situazione riflette la voglia di liberarsi dal controllo imposto dai Romani, che, pur non intervenendo direttamente con deduzioni, attraverso dei foedera erano riusciti ad entrare nello scacchiere dell’Italia meridionale. Dunque la guerra annibalica fu il pretesto per potersi scrollare di dosso questo alleato scomodo. Infatti le nobiltà locali assecondarono la defezione da Roma, come ci testimonia Livio riguardo alla presa di Locri, in cui i Cartaginesi erano accompagnati dai Brettii. Lo stesso dovette succedere a Thurii. La presa di Crotone, invece, avvenne sotto la pressione dei Brettii, che volevano impadronirsi della città e per questo arruolarono 15.000 uomini; la volontà brettia di conquistare Crotone si giustifica con la massiccia presenza italica nel territorio della polis, anche se nella città l’elemento greco era dominante.

Quando Annibale venne sconfitto e costretto a tornare in patria ordinò ai Brettii  di seguirlo, ma il loro rifiuto, scatenò l’ira del generale punico, che lasciò dietro di sè terra bruciata, uccidendo molti guerrieri brettii, pur di non rischiare di ritrovarli nelle fila romane come nemici.

Il comportamento dei Brettii, con la defezione dopo Canne e la forte alleanza con Annibale, indusse i Romani ad un atteggiamento più incisivo alla fine della II guerra punica. Infatti la nuova politica si compì con la deduzione di colonie, Copia nel 194 a.C. e Valentia nel 192 a.C.98, e la destinazione dell’ager thurinus e dell’intero Bruzio alla colonizzazione. Ciò portò alla destabilizzazione dei rapporti tra le aree costiere e le aree interne montagnose, come dimostrano alcuni tentativi di rivolta, o particolari fenomeni come indica il famoso Senatus consultum de Bacchanalibus del 186 a.C.

Il definitivo l’affermarsi della dominazione romana in tutta la regione, e la punizione dei Brettii, alleati di Annibale comportò che la maggior parte dei loro insediamenti cessò bruscamente di vivere e anche in città greche come Crotone e Locri vasti quartieri di abitato vennero abbandonati.

La successiva riorganizzazione romana del territorio della Calabria affermò per l’intera regione una concezione geografica unitaria, che fu denominata Bruttii (usata sempre al plurale); limite settentrionale fu considerato il corso del fiume Lao, verso il Tirreno, e quelli del Sybaris (Coscile) e del Crati, verso lo Ionio (così in Plinio).

La terra dei Bruttii fu aggregata amministrativamente alla Lucania nella terza regione augustea, la Regio III, Lucania et Bruttii.

Con la riforma dioclezianea il corrector Lucaniae et Bruttiorum (o Brittiorum) ebbe sede a Reggio.

In età bizantina, la creazione del thema di Calabria estese tale denominazione (riservata in antico alla Penisola Salentina) alla regione in questione, soppiantando definitivamente quella di Bruttii.

Il termine Bruzio (al singolare) è di formazione umanistica e di uso moderno.

Correlazioni

  1. Rif. Battista Sangineto – Guzzo e i cantoni dei Brettii: la Calabria tra Magna Grecia, Annibale e Roma (2020). []