Il mosaico romano dei delfini a Capocolonna

Introduzione

Sul capo Lacinio, oltre al santuario di età greca dedicato ad Hera, vi è un’ampia area di età romana, un insediamento attivo dall’età repubblicana – dal 194 a.C. anno in cui viene dedotta la colonia romana di Croto –  alla piena all’età imperiale; l’insediamento occupa tutta l’estremità settentrionale del promontorio e si compone di insulae quadrangolari scandite da una maglia viaria regolare; sono presenti domus private e strutture pubbliche. Gli isolati risparmiavano il settore del Santuario di Hera e le sue immediate pertinenze. L’insediamento romano è stato relativamente indagato, ed è visibile solo in parte perchè molte aree sono state ricoperte dopo gli scavi, ed inoltre, vi sono le ville e gli edifici di età moderna e contemporanea e le relative pertinenze (tra cui la torre Nao, il Santuario mariano cristiano, le ville private) che si sovrappongono all’area archeologica. E’ proprio la parte dell’insediamento romano, più vicina al limite esterno del promontorio aconfine con la costa a soffrire del forte rischio di erosione e frana (vedere gli articoli con tag dissesto-capocolonna in GAK ARS).

Tra le strutture pubbliche, il balneum (a volte è impropriamente definito “complesso termale”, improprio perchè le thermae in età romana avevano differenti funzioni, dimensioni e contesti sociali1 era stato individuato già dallo gruppo di scavo coordinato da Paolo Orsi nel 1910; si tratta di una struttura di ridotte dimensioni (18×22 mt.); è proprio il mosaico posto al suo interno, con la sua iscrizione in latino, a qualificarlo come una struttura pubblica costruita in età tardo-repubblicana.

Precisamente, il cosiddetto mosaico dei delfini, che è abbastanza grande (3,60×3,31 mt), fa parte di un ambiente destinato a calidario2. E’ decorato con una fascia esterna a meandro che cinge una seconda fascia bianca con iscrizione di dedica dei duoviri Lucilius Macer e Titus Annaeus Thraso, che curarono l’edificzione del balneum. Due fasce nere con fascia mediana decorata a cirri, incorniciano l’emblema con rombo centrale, decorato a scacchiera, inscritto in un quadrato, con quattro delfini negli spazi angolari superstiti.

Lucilius A(uli) f(ilius) Macer T(itus) Annaeus Sex(ti) f(ilius) Thraso II vireis/quinquennales exs s(enatus) c(onsulto) balneum aedificandum couraveru(nt)

Iscrizione latina sul mosaico.
(CIL 01, 02542 (p 737, 844, 1022) = ILLRP 00575 = AE 1912, 00245 = AE 2013, +00191)

Crotone, Capocolonna, Balneum osaico con epigrafe AE 1912, 245

Il percorso termale

La civiltà romana costruì strutture termali in tutte le province dei loro domini; inizialmente non erano altro che semplici bagni, poi gli imperatori fecero a gara per trasformarli in grandi e lussuosi complessi; non solo nelle grandi città o nelle loro vicinanze, ma anche in campagna, dato che i grandi proprietari di ville non volevano rinunciare ai piaceri del corpo. Chi godeva infatti di uno status privilegiato, aveva un bagno sia nella sua residenza rurale sia in quella cittadina.

Impianti termali erano presenti in numerose villae nel Bruttium. Elenchi sono riportati in C.G. Malacrino 20143 ed in A.B. Sangineto 19944. Tra queste, nella Crotoniatide:

ComuneLocalitàDatazione
CrucoliTorretta, CassiaEtà imperiale
CrucoliTorretta, ManeleII secolo a.C.-VI secolo d.C.
Isola Capo RizzutoCapo CimitiI secolo a.C.-I secolo d.C.
Belvedere SpinelloPetrarizzoII-III secolo d.C.
CasabonaSanta LuciaEtà imperiale
StrongoliCimitero vecchio, Orto Capozza, incrocio via Rettifilo-corso B.MiragliaN.D.
CotroneiCalusiaN.D.

Le tecniche costuttive e funzionali che vennero adottate diventarono via via più sofisticate, con l’obiettivo di fornire un’esperienza sensoriale completa.

L’acqua veniva scaldata in un grande paiolo di bronzo posto sopra la bocca del forno . Poi defluiva nella sala principale dei bagni, il calidario (caldarium), un ambiente nel quale era situata una grande vasca. Di solito il calidario era la terza tappa del percorso termale. La prima era costituita dall’apodyterium, uno spogliatoio provvisto di panche in pietra e di nicchie quadrate dove si potevano lasciare abiti e oggetti personali. Dopo essersi svestiti si passava al tepidario (tepidarium), una sala a temperatura moderata che permetteva di acclimatarsi prima di entrare nel calidario. Anche questo secondo ambiente era dotato di un ipocausto, ma il calore vi arrivava indirettamente e quindi in grado minore. Dopo le abluzioni nell’acqua calda si ripassava in genere per il tepidario prima di andare nel frigidario (frigidarium). In questa stanza, che non era dotata di alcun sistema di riscaldamento, ci si poteva immergere in una vasca di acqua fredda. Alcuni bagni avevano anche un vano chiamato sudatorium o laconicum, una specie di sauna a calore secco. Molti disponevano inoltre di latrine, che venivano lavate con l’acqua proveniente dai bagni 5.

Traduzione ed analisi dell’iscrizione del mosaico

Lucilio Macer, figlio di Aulo, e Tito Anneo Traso, figlio di Sesto, duoviri quinquennali, si occuparono della costruzione del balneum in virtù di un decreto del Senato romano.”

Analisi dei termini tradotti:

  1. Lucilius A(uli) f(ilius) Macer:
    • Lucilius è il gentilizio, identificativo della gens Lucilia; .
    • Macer è il cognomen, spesso indicativo di una caratteristica fisica o personale (ad esempio, “magro”).
  2. T(itus) Annaeus Sex(ti) f(ilius) Thraso:
    • Titus Annaeus è il nome personale e gentilizio, appartenente alla gens Annaea.
    • Thraso è il cognomen, che può significare “audace” o “temerario”.
  3. II vireis quinquennales:
    • II vireis è l’ablativo di duoviri, magistrati locali.
    • Quinquennales indica una funzione speciale svolta ogni cinque anni, comprendente la supervisione delle opere pubbliche.
  4. ex s(enatus) c(onsulto):
    • indica che l’opera fu realizzata su ordine di un senatus consultum
    • un balneum è generalmente da intendersi quale un’opera pubblica di interesse locale, quindi qui il senatus è da intendersi come quello locale; pur trattandosi di un’opera che chiaramente afferisce ad un Santuario di interesse sovralocale, nell’iscrizione non è evidente un riferimento al Senato romano;
  5. aedificandum curaverunt:
    • aedificandum: il gerundivo indica l’obbligo o il compito di far costruire l’edificio.
    • curaverunt enfatizza il ruolo attivo dei duoviri nella supervisione dell’opera.

Le terme sono, quindi, state edificate a cura dei Duoviri quinquennali dellla colonia di Crotone, e questa è già una importante attestazione, perchè, prima della scoperta del mosaico, nulla era noto della gestione amministrativa della colonia.

Non risulta per nulla evidente quale soggetto abbia finanziato l’opera. Si tratta infatti di strutture pubbliche costose; in generale i finanziatori (o benefattori) di tali opere pubbliche possono essere il senato romano, il senato locale, o privati, ed i finanziamenti possono arrivare da soggetti diversi nella costruzione e nella gestione6. Per quanto riguarda i benefattori privati, se prima della guerra sociale l’intenzione dei ricchi benefattori italici era di ottenere la cittadinanza romana ed integrarsi nel ceto dirigente romano, dopo la guerra sociale, le borghesie municipali, erano ormai entrate nella cittadinanza, e la loro ascesa sociale e politica passava anche attraverso “la gestione delle magistrature locali accompagnate da atti di liberalità“. Così “ogni magistrato eletto doveva dispensare somme di denaro per giochi e spettacoli di gladiatori (la summa honoraria), un dono più o meno obbligatorio di cui certe leggi locali fissavano l’ammontare diverso a seconda dell’importanza della magistratura ricoperta, cui seguivano opere di abbellimento della città, a spese private. Fori, tribunali, mercati, anfiteatri, templi, statue, altari, adduzioni d’ acqua, bagni, strade e marciapiedi portavano le iscrizioni onorifiche che celebravano la generosità dei magistrati7.

Ma mentre l’iscrizione del mosaico di Capocolonna indica chiaramente chi ne ha ordinato la costruzione (il Senato) e chi ne curato la costruzione, non dettaglia esplicitamente i benefattori. Questo lascia pensare, nonostante il balneum è da riferirsi al luogo di culto del Santuario di Hera, che anche in età romana mantiene la sua importanza sovralocale, che l’opera sia stata finanziata dal senato locale89.

Paolo Orsi ipotizzò che poichè il balneum “fu costruito a spese pubbliche, se ne arguisce fosse destinato ai sacerdoti ed al personale di custodia del santuario, non potendosi altrimenti concepire uno stabilimento cosiffatto nella sacra cittadella del Lacinium“. Inoltre evidenzia che “Bagni e terme aggregati a grandi santuari incominciano ad apparire dall’età ellenistica in poi e durante quella romana“, e ne fornisce alcuni esempi allo scopo di “spiegare in qualche modo la presenza di un edificio balneare nel santuario di C. Colonna“.
Per l’Orsi con la realizzazione di quest’opera i Romani si riscattarono rispetto alla tradizione storica, che li vuole “spogliatori e profanatori del santuario di Hera Lacinia, di cui dicesi avessero rubate le tegole marmoree; risulta ora che essi fecero anche delle opere di miglioramento, cioè il bagno, e, con tutta probabilità, anche la sopraelevazione del muro di cinta10.

Inquadramento storico e amministrativo

L’analisi storica dell’insediamento al Capo Lacinio presenta ancora diverse lacune, in uno scenario che si presta a differenti letture storiche. Si veda a tal riguardo l’articolo “La colonia romana di Croto e la statio di Lacenium“.

Quello che è tuttavia evidente che in età tardo repubblicana, nel I° sec. a.C., non è più la città greca decaduta di Crotone ad avere cura del Santuario di Hera, ma l’amministrazione romana della colonia, a dimostrazione di una inconsistenza politica dell’antica polis magno-greca 11.

Lavori di restauro e di rafforzamento delle opere di fortificazione dell’area sacra sono attestati ancora tra l’età tardo-repubblicana e quella augustea, forse da ricollegare ai ripetuti saccheggi a cui il tempio venne sottoposto verso la metà del I sec. a.C., episodi che attestano ancora una volta l’impossibilità di Crotone e dell’amministrazione della colonia ad assicurare una valida difesa del tempio, mentre i lavori di rifacimento sono prova dell’attenzione riservata dall’amministrazione romana ad un’area sacra dal passato glorioso e dalla funzione ancora significativa.

La datazione del mosaico, deducibile da fattori stilistici (Paolo Orsi rimanda a tecniche grafologiche evidenziando che “la forma delle lettere e quelle grammaticali, alludono alla fine della Repubblica“; Buonocore12, oltre alle particolarità linguistiche, sulla base dello stile della decorazione del mosaico, indica una datazione del documento alla seconda metà del I sec.), permette di inquadrare il ruolo dei duoviri quinquennali Lucilius Macer e T. Annaeus Thraso, con carica quinquennale, la cui attività censoria è ascrivibile con probabilità agli anni successivi alla “guerra sociale e perciò ad un momento in cui fu largamente elargita la cittadinanza di Roma. È un momento di forti decisioni riverberate appunto nell’iscrizione posta sulla cornice del mosaico13.

In realtà, non è chiaramente identificabile se all’epoca della costruzione del balneum Crotone fosse già un municipium ovvero ancora solo una colonia ed una città legata con foedus a Roma, poichè il solo fatto di avere dei Duoviri quinquennales anzichè dei Quattuorviri è frequente a diverse condizioni amministrative locali; ma “non vi è dubbio che l’assetto magistratuale più diffuso tra le comunità privilegiate di ambito provinciale sia quello di marca duovirale: il duovirato è magistratura caratteristica, in particolare, delle coloniae civium Romanorum in qualunque tempo dedotte (tra cui Crotone), nonché dei centri promossi a municipia (di diritto romano o latino) a partire dall’età triumvirale-augustea14. D’altra parte, “i municipia duovirali risultano un fenomeno di non facile inquadramento, per quanto attiene alle ragioni da un lato del ritardo nella loro costituzione, dall’altro dell’introduzione di una nuova struttura magistratuale senz’altro omologa ma comunque distinta dall’assetto quattuorvirale che di fatto accomuna tutti i municipia più precoci, e aderente piuttosto ad uno schema originariamente elaborato in funzione delle realtà coloniarie15. In conclusione, la certificazione della presenza dei duoviri non obbliga a pensare la costituzione di un municipium, come pure avvenne in altre civitates del Bruttium.

Per quanto riguarda il complesso delle funzioni amministrative nella colonia, “una volta stabilito e collaudato l’impianto della comunità coloniaria, gli organi costituzionali di questa (magistrati, senato, assemblea) iniziavano a funzionare autonomamente, secondo le norme dettate dallo statuto che Roma concedeva alla comunità stessa. In quanto fondazioni dello stato romano, le colonie presentano costituzioni fedelmente modellate su quella romana: quasi effigies parvae simulacraque (i.e. populi Romani) (Gell., N.A., XVI, 13, 9)”16.

Sebbene non esista una dichiarazione esplicita che Crotone fosse una colonia di diritto romano (coloniae civium Romanorum), l’insieme delle evidenze istituzionali e amministrative (es. presenza dei duoviri) suggerisce che fosse organizzata secondo questo modello. Si trattava dunque di una comunità fondata da cittadini romani su territori conquistati, organizzata secondo le leggi e le istituzioni della Repubblica o dell’Impero Romano. Questo tipo di colonia aveva uno status privilegiato, poiché i suoi abitanti godevano pienamente la civitas romana, con tutti i diritti e i doveri associati.

D’altra parte in seguito alla guerra sociale (91-88 a.C.) la cittadinanza romana venne estesa, in blocco, a tutte le colonie latine ed alle comunità federate. tutti i senati locali furono riorganizzati secondo uno schema unitario, mentre i senati delle coloniae civium Romanorum si presentavano già fedelmente modellati su quello di Roma. L’unificazione delle norme fondamentali regolanti la composizione e i poteri dei senati locali risulta esplicitamente documentata dalla tabula Heracleensis, che riporta che le norme riguardanti i senati locali sono infatti dichiarate valide indistintamente per tutte le categorie di comunità di cittadini romani: municipia, coloniae, praefecturae, fora, conciliabula17.

Riguardo le funzioni e la composizione del Senato locale delle colonie, testimonianze riguardanti la comunità di Puteoli, indicano: “1) i suoi membri sono reclutati fra gli ex-duoviri, evidentemente, secondo il modello romano, mediante il sistema della lectio; 2) il senato è competente a deliberare in materia di edilizia pubblica; 3) vi sono materie, fra cui appunto l’edilizia pubblica, per le quali è richiesta una presenza qualificata di senatori; 4) il senato è composto da circa 30 membri, una cifra che potrebbe essere considerata canonica per le colonie in cui venivano dedotti 300 cittadini18.

E probabile che Crotone, come altre città della Magna Grecia, abbia subito una graduale transizione verso strutture amministrative più complesse, adattate alle esigenze del dominio romano; questo riflette un processo dinamico di romanizzazione, nel quale le istituzioni locali non erano semplicemente imposte dall’alto, ma anche modellate dalle interazioni tra Roma e le realtà locali. Di certo al I° secolo a.C. può ritenersi completata la latinizzazione della penisola italiana, cui contribuirono la conquista militare e l’assoggettamento politico, la deduzione ininterrotta di colonie romane e latine, le distribuzioni viritane19 di lotti di terra a cittadini e a veterani dell’esercito e, dopo l’estensione della cittadinanza romana agli Italici, l’acquisto di fondi da parte di Romani e di Latini nelle varie parti della penisola”20.

Tra questi fattori, particolarmente significativa nei Brettii era stata la colonizzazione romana dopo la Seconda Guerra Punica, poichè è stato ipotizzato che siano giunti nella regione circa 30.000 coloni, un numero molto grande in rapporto ai 200.000 abitanti già residenti21.

Altri dettagli archeologici del balneum

Ritornato alle informazioni archeologiche, della struttura del balneum è stato ricostruito un portico, il frigidarium e il tepidarium, ubicati a destra e sinistra dello stesso asse, e poi il calidarium dove e presente l’ambiente con mosaico e cocciopesto; adiacente a quest’ultimo, e collocata ad un livello superiore, e la vasca per il bagno caldo, rettangolare e stretta, cui si accede attraverso due gradini; essa e rivestita di isolante idraulico decorato con colore rosso. Nel calidarium ancora è da segnalare una base di fabrum impiegata come vasca, funzionale alle azioni proprie delle terme. Nella stessa area termale, ma separato e fuori dal vero e proprio itinerario del bagno, compare un ambiente circolare con stretto accesso, interpretabile come laconicum (ambiente destinato ai bagni di sudore) per il quale si rimanda a confronti analoghi nelle terme repubblicane di Pompei22.

Al di sotto gli ambienti 1 e 2 del balneum è stato trovato uno scarico di materiali di età arcaica, attivo dalla fine del VI secolo a.C. fino ai primi anni del V secolo a.C.) 23. Ciò può essere indicativo dell’esistenza, in età arcaica) di almeno un altro grande edificio templare in luogo diverso e non meglio precisabile rispetto a quello occupato dal Tempio A; ciò perchè i materiali di scarico in questione si riferiscono a numerosí elementi architettonici con caratteristiche differenti da quelle del Tempio A24.

Qualche secolo dopo, circa alla metà del II secolo a.C., sopra questi resti di età classica è stata realizzata una struttura in opera quadrata, realizzata con blocchi più antichi recuperati dalle altre strutture del santuario; per questa prima fase la destinazione d’uso non è definita-dimostrata25

Sopra questa struttura del II sec. è stao realizzato tra l’80 ed il 70 a.C. il balneum, che è rimasto in uso fino alla fine del I° sec. d.C., quando il complesso subì nuove trasformazioni26.

Edificio termale e sala del Mosaico
(Fonte: M. Paoletti – Occupazione romana e storia delle Città, Gangemi Ed. 1994, p. 527)

La scoperta e la riscoperta

Paolo Orsi realizzò un intervento di scavo ufficiale con i suoi collaboratori, Rosario Carta e Claudio Ricca, tra il 1910 e il 1911. L’archeologo trentino era però nello stesso periodo impegnato negli scavi di Locri, ove vi rimase trattenuto da una “dolorosissima infermità”, e potè visitare solo due volte, e per breve tempo il cantiere di Capocolonna i cui lavori furono condotti dal fedele disegnatore Rosario Carta e dall’assistente Claudio Ricca. ln quell’ occasione si sondarono le fondazioni del tempio, venne indagato il muro del temenos e si portò alla luce l’ingresso monumentale del santuario; inoltre vennero realizzate decine di di strette trincee per l’ esplorazione dell’area posta tra il tempio ed il peribolo e si saggiò il balneum tardo-repubblicano in cui venne scoperto il mosaico con l’iscrizione dei duoviri quinquennales27.

Il balneum (18x22m.) è stato poi occultato e “se n’erano perse le tracce per volontà della famiglia Berlingeri, proprietaria del fondo, che aveva ricoperto i saggi” 25.

Riporta, infatti, Paolo Orsi28

Sontuoso edificio termale romano con mosaico.

A ponente dell’angolo NO della casa Berlingeri, nell’ultima fase della campagna venne messa allo scoperto porzione di una ricca costruzione romana, il cui vano principale aveva al centro del pavimento un mosaico ornamentale, accompagnato da lunga iscrizione tessellata. Anche per questo edificio l’esplorazione rimase incompleta; e d’altro canto i proprietari signori Berlingeri ne reclamarono il ricoprimento, che serviva anche come misura di tutela. Sono quindi obbligato ad un breve ragguaglio, a corredo del quale vale la pianta con sezioni alla tav. V.

Il vano principale, di forma rettangolare, racchiuso da muri di opera incerta, intonacati ed in qualche parte decorati di rosso pompeiano, aveva al lato di ponente una banchina che ne occupava tutta la lunghezza. Negli altri tre lati si hanno avanzi, rivestiti di stucco rosso, di tre altre banchine isolate, cioè staccate dai muri, due delle quali rettangolari ed una circolare. Il pavimento, formato di opus testaceum con qualche dadetto marmoreo, era, al piede delle singole pareti, foggiato a rampante, quanto dire destinato a ricevere frequenti e copiosi lavaggi di acqua. Un grande riquadro di opera musiva, uà po’ eccentrico, rappresentava quasi un ricco e variegato tappeto, steso al piede della banchina meridionale. Alla tav. VI esibisco una riproduzione fotomeccanica di un accurato disegno preso sopra il mosaico prima di procedere al suo ricovrimento ; si badi però che la banchina di mezzogiorno fu costruita sopra la fascia a meandro, ricoprendola; è quindi una aggiunta posteriore, laddove nel disegno tutta la fascia è data come fosse scoperta ed a vista. Il mosaico non era tutto composto di tesselli marmorei, i quali anzi sono in minoranza; ma vi erano impiegate molte paste e terre colorate, di poca resistenza e friabili, che, sgretolandosi, hanno fatto assai deperire la composizione. La tavolozza dei colori è svariatissima: il meandro di corniciatura è bianco, rosso, verdastro e nero; quello a corrimi-dietro nero; nere le lettere ed i delfini; nero e verdastro lo scacchiere della losanga centrale.

.. omissis ..

Ho chiamato sontuoso l’edificio, perchè, oltre il bel mosaico, le radici delle pareti conservano tracce di pittura monocroma e di impellicciatura di ricchi marmi rossi e verdi.

“Orsi avrebbe tentato di documentare la posizione topografica di questi resti, ma i punti di riferimento si persero e ben presto sulla base delle descrizione divennero come i punti di una mappa del tesoro che più di una volta si rivelarono fallaci”29.

Solo nel 2003 il mosaico è stato riscoperto nel corso degli scavi della Soprintendenza ed è stata completata l’esplorazione dell’edificio termale con il restauro del pavimento musivo. Lo scavo riguardava un’area gia in precedenza interessata da parziali indagini (scavi Spadea-Bernardini 1983 e Spadea-Cuteri 1993) su cui è stata avviata la ricerca estensiva e sistematica ehe ha portato alla riscoperta dell’edificio termale e del contesto urbano in cui si inserisce con i settori TH, M e F-M coerenti con l’intera maglia urbanistica della colonia del 194 a.C.30.

Le indagini hanno evidenziato diverse fasi costruttive, e le diverse componenti del balneum. Dalla relazione tecnica di Alfredo Ruga, riportiamo la parte più propriamente pertinente il tema di questa ricerca:

Il vasto ambiente rettangolare centrale (ambiente 12) che divenne la cella soliaris generalmente, ma impropriamente, definita dalla corrente letteratura sugli edifici termali calidarium. II suo nome, come ben attestato dalle fonti antiche, derivava dalla presenza della vasca per il bagno caldo per immersione (solium, ambiente 9). La vasca presentava i canonici gradoni per l’accesso, posti sul lato lungo, verso la sala, intonacati e dipinti in rosso e un rivestimento del fondo in opus spicatum, sospeso su uno spazio riscaldato sottostante con volta a botte (hypocaustum). Per il funzionamento della vasca pur nella diversita strutturale, vale il confronto con il solium delle terme repubblicane di Pompei 31.

Le indagini evidenziano che fino ai primi due decenni del I sec. d.C., in concomitanza con il graduale spopolamento del sito del Capo Lacinio in favore dell’abitato arroccato sul colle che fu l’acropoli della polis achea l’edificio termale, forse ormai privato, perse le sue funzioni legate all’acqua, tanto che furono colmate le canalizzazioni e innalzati i piani di calpestio fino al livello della grande strada Est-Ovest 32.

Le condizioni attuali

Il mosaico del balneum visibile per poco tempo già ai tempi di Paolo Orsi, viene ritrovato negli scavi della Soprintendenza condotti del 2003. In seguito viene nuovamente ricoperto e ritornato nuovamente invisibile ed indisponibile alla fruizione della collettività.

Una speranza di restauro e valorizzazione era data dai lavori avviati nel 2017 (Vedere Capocolonna, partiti i lavori di restauro della domus romana con il mosaico di Paolo Orsi in GAK ARS).

Tuttavia, come riporta un articolo di Crotone News del 02-02-2018, non meglio definiti danneggiamenti di alcuni reperti archeologici, tra i quali una parte del mosaico dei delfini, presubilmente durante i lavori di restauro, hanno portato all’intervento della Procura di Crotone. Della vicenda, forse coperta dal segreto istruttorio si sono perse le tracce.

Si riparla del mosaico alla fine del 2025, quando un vento beffardo strappa il telo di copertura e lascia intravedere il mosaico agli appassionati per pochi giorni; poi viene nuovamente ricoperto (vedere Capocolonna. Da sempre coperto, il mosaico dei delfini è ritornato visibile a fine 2024 (per poco) in GAK ARS)

Quali sia il destino futuro della fruibilità di questi importi resti archeologici non è ancora così evidente.

Su questo tema della fruibilità di questo attrattore culturale riportiamo un estratto dal documento “Analisi e proposta alla Regione, del 3 marzo 2016, relativamente al progetto Antica Kroton“, scritto da Margherita Corrado nell’ormai lontano 2016:

” …. La copertura di protezione, con soluzioni a bassissimo impatto sul paesaggio circostante, valore assoluto in un’area archeologica ma anche ambientale (terrestre e marina) di straordinaria fragilità qual è la punta dell’antico Lacinio, dei due edifici di età romana dotati di pavimenti a mosaico discretamente conservati: le terme pubbliche e la domus del versante nord. La proposta che qui si avanza non prevede scavi archeologici, essendo il balneum, insieme al tempio classico, l’unico edificio del parco già indagato integralmente, ma va ad incidere significativamente sulla capacità delle vestigia antiche di proporsi ai visitatori, sul piano della comprensione non meno che dell’accessibilità, in modo da ottenere il massimo risultato possibile in termini di godimento di quell’esperienza culturale.
Né l’uno né l’altro sono fruibili per i visitatori, causa l’assenza di una tettoia che li protegga dalle intemperie e dalla stessa luce solare diretta, coperti perciò provvisoriamente da uno strato di ghiaia stesa su tessuto non tessuto.
L’APQ denominato SPA 2.4, finanziato con fondi FAS e in esecuzione dal luglio 2014, aveva previsto inizialmente, per i soli due vani mosaicati (fig. 74, nn. 1-2), una tettoia in acciaio che si limitasse a replicarne le misure, esponendo di fatto i rivestimenti pavimentali e parietali – perimetrali e divisori interni dell’edificio sono conservati in altezza per circa mezzo metro –, una volta che fossero stati restaurati e lasciati a vista, allo stillicidio delle piogge che il vento sovente violentissimo fa cadere oblique e alla luce solare diretta nelle ore iniziali e finali del dì.
Prescindendo da detti inconvenienti, quello progettato era un manufatto oltremodo poderoso e oggettivamente incompatibile con la ‘delicatezza’ del sito, atteso che ogni elemento aggiunto al paesaggio storicizzato sul versante nord del promontorio Lacinio è ben visibile persino da Crotone, sia direttamente sia, nel caso di strutture metalliche, per il riverbero della luce del sole sulle sue superfici. …. Accantonata, fortunatamente, quella scelta progettuale inadeguata, poiché è pacifico che i due pavimenti musivi delle terme (e della cella soliaris in particolare) non devono essere strappati per trasferirli in altro contesto e però la loro esposizione al pubblico ha carattere di priorità, occorre affrontare il problema complessivo dell’accessibilità dell’edificio termale e della sua protezione dalle intemperie tenendo conto di tutte le necessità contestualmente presenti, per tentare di soddisfarle assecondando le ragioni della tutelanon meno di quelle della fruizione. Benché la mera trasposizione a Capo Colonna di coperture adottate altrove con successo si sia rivelata, come accennato, improponibile, le decisioni prese in situazioni mai identiche ma talvolta assimilabili, in Europa e in Italia (figg. 77-79), possono orientare verso soluzioni idonee allo scopo, altresì reversibili, il più possibile rispettose del contesto e che garantiscano una certa durata nel tempo. …”

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Note

  1. Rif.ti: Vitruvio, De Architectura (Libro V, capitolo 10), discute delle caratteristiche delle terme e dei bagni.
    Seneca, nelle Epistulae Morales ad Lucilium (56), menziona il balneum in contrapposizione alle terme, sottolineandone la semplicità.
    F. Yegül, Baths and Bathing in Classical Antiquity, The MIT Press, 1995, p. 43 precisa che “Le balneae erano piccole strutture, di proprietà privata, che si adattavano il meglio possibile agli spazi disponibili nelle città (spesso condividendo i muri con altre costruzioni). Le thermae, quasi senza eccezioni, erano di proprietà dello Stato o della città; occupavano grandi aree, talvolta diversi isolati urbani, e spesso, come a Roma, si trovavano libere nel mezzo di un’area aperta simile a un parco. Tuttavia, nelle fonti letterarie ed epigrafiche antiche, la differenza tra thermae e balneum è spesso poco rigida, con un certo grado di intercambiabilità e confusione tra i 2 termini. Inoltre, anche per i termini pubblico e privato, c’è una certa confusione interpretativa tra proprietà, gestione, ed modalità di accesso.[]
  2. caldarium è la parte delle antiche terme romane destinata ai bagni in acqua calda e ai bagni di vapore; Un bagno pubblico era costruito attorno a tre stanze principali: un tepidarium (stanza calda), il  calidarium (stanza calda) e il  frigidarium (stanza fredda).[]
  3. Carmelo G. Malacrino, “I nuclei termali delle ville romane calabresi fra il II e il IV secolo d.C.: Roggiano Gravina, Malvito e Casignana“, in La Villa restaurata e i nuovi studi sull’edilizia residenziale tardoantica, a cura di P. Pensabene, C. Sfameni, Bari 2014.[]
  4. A. Battista Sangineto, Per la ricostruzione del paesaggio agrario delle Calabrie romane” in “Storia della Calabria antica. Età italica e romana” a cura di Salvatore Settis, Gangemi Editore, 1994, pp. 569-575[]
  5. Pedro Ángel Fernández Vega, “Le terme, l’arte dell’igiene nell’antica Roma“, Storica di National Geographic, 2022[]
  6. Garrett G. Fagan, Bathing in Public in the Roman World, University of Michigan Press, 1999. Vedere in particolare il cap. II “Bath Benefactors 2: Italy and the Provinces”[]
  7. Gabriella Poma, Le istituzioni politiche del mondo romano, Il Mulino, 2009, p. 135[]
  8. Sui finanziamenti pubblici, derivanti dalle casse cittadine, per la costruzione o il restauro degli impianti termali e balneari, la cui curatela era affidata alle autorità locali, ai curatores civitatis e ai governatori delle regiones, vedere la tesi di dottorato pressi l’Università Palermo di Angela Fusco, “La gestione dell’acqua nelle civitates dell’Italia romana. La documentazione epigrafica”, 2014, https://iris.unipa.it/handle/10447/90858[]
  9. Per una ampia raccolta epigrafica sul tema dei Balnea vedere in Garrett G. Fagan, Bathing in Public in the Roman World, University of Michigan Press, 1999[]
  10. Paolo Orsi – “Croton. Prima campagna di scavi al santuario di Hera Lacinia“, Notizie degli scavi di antichità – Reale Accademia dei Lincei, 1911, pp. 77-124[]
  11. Giovanna De Sensi, Maria Intrieri – Crotone in età greca e romana, 1992, p. 74-75[]
  12. M. Buonocore, L’epigrafia latina dei Bruttii dopo Mommsen ed Ihm, in “RivStorCal” 6, 1985, pp. 327-356[]
  13. Roberto Spadea, L’abitato del promontorio Lacinio e la colonia romana di Crotone, in Ricerche nel santuario di Hera Lacinia a Capo Colonna di Crotone: Risultati e prospettive, AA. VV., Gangemi Editore, 2006, p. 28 e 61-62[]
  14. Simone Sisani, “Le magistrature locali delle comunità municipali di ambito provinciale: uno studio sulla diffusione del quattuorvirato e del duovirato tra l’età tardo-repubblicana e l’età imperiale“, Gerión. Revista de Historia Antigua ISSN: 0213-0181 http://dx.doi.org/10.5209/, 2018[]
  15. Simone Sisani, “Il duovirato nei municipia italici: contributo allo studio della fase finale del processo di municipalizzazione nell’Italia centrale e meridionale”, Gerión. Revista de Historia Antigua, ISSN: 0213-0181, https://dx.doi.org/10.5209/geri.74783, 2021, pp. 41-93[]
  16. Laffi, Umberto. «I senati locali nell’Italia repubblicana». Les « bourgeoisies » municipales italiennes aux IIe et Ier siècles av. J.-C., édité par Mireille Cébeillac-Gervasoni, Publications du Centre Jean Bérard, 1983, https://doi.org/10.4000/books.pcjb.[]
  17. Laffi, Umberto. Op.cit., 1983, par. 25-26[]
  18. Laffi, Umberto. Op.cit., 1983 par. 5[]
  19. Viritanus: assegnazioni di fondi fatte dallo Stato a privati singolarmente e non in relazione alla fondazione o all’ampliamento di colonie. https://www.treccani.it/vocabolario/viritano/[]
  20. Giulio Giannelli – Santo Mazzarino, Trattato di Storia Romana –  Vol I° – L’Italia Antica e la Repubblica Romana – Tumminelli Editore, IIa Ed., Roma, 1962, pp. 447- 448[]
  21. Alessandro Cristofori, L’esercito come fattore della mobilità personale dai Bruttii e verso i Bruttii in età romana, in “La Calabria nel Mediterraneo – Flussi di persone, idee e risorse – Atti del Convegno di Studi – Rende, 3/5 giugno 2013” – a cura di Giovanna De Sensi Sestito, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2013, p.146[]
  22. R.Spadea, op.cit., 2006, p. 61[]
  23. Per i diversi dettagli su questo vedere in Gregorio Aversa, Un tempio arcaico al Lacinio, in Deliciae Fictiles IV, 2011, p. 378[]
  24. Salvatore Medaglia, Carta archeologica della provincia di Crotone, 2010, pp. 280[]
  25. Rif. “Parchi Archeologici >> Parco Archeologico di Capo Colonna” nel sito del Segretariato Regionale per la Calabria del Mic: https://www.beniculturalicalabria.it/schede.php?id=22[][]
  26. Salvatore Medaglia, Carta archeologica della provincia di Crotone, 2010, pp. 382-383[]
  27. Salvatore Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone, 2010, p. 276[]
  28. P.Orsi, Op. cit., 1911[]
  29. Roberto Spadea – Paolo Orsi e Capocolonna, 2016[]
  30. Alfredo Ruga, Le Terme, in “Ricerche nel Santuario di Hera Lacinia”, a cura di R. Spadea, 2006, p. 69[]
  31. Alfredo Ruga, op. cit., 2006, pp. 71-72[]
  32. Alfredo Ruga, op. cit., 2006, pp. 75[]