Sommario
Gaio Petronio Arbitro (27 d.C. – 66), conosciuto anche semplicemente come Petronio, è stato uno scrittore e romano del I secolo1, celebre arbiter elegantiae (maestro del buon gusto) presso la corte di Nerone (37-68 d.C.) e morto suicida nel 66 d.C. perché sospettato di aver partecipato ad una congiura contro l’imperatore. E’ una personalità fuori degli schemi, descritta da Tacito negli Annales, che fin nelle circostanze della morte, ordinata da Nerone, diede prova della propria indipendenza spirituale e superiorità intellettuale nei confronti del generale conformismo imposto dal regime.
Il capolavoro di Petronio (nonché sola opera giuntaci di lui) è il Satyricon, scritto nella metà del I secolo, durante l’impero di Nerone. Dell’opera, in almeno 16 libri, giuntoci incompleto, ne possediamo poche parti, e le vicende narrano di un giovane di nome Encolpio, e le sue avventure con un giovane, Gitòne, di cui è innamorato. Il Satyricon, , è una rappresentazione comico-romanzesca del mondo contemporaneo all’autore, attraverso le avventure dei personaggi principali. Il testo si inserisce in un clima intellettuale particolarmente attento alla riflessione sulla degenerazione del potere imperiale e sulla decadenza morale della società romana. Dalla sua opera emergono tutti i difetti e i vizi della società contemporanea: l’esasperazione dei piaceri materiali, come il cibo e il sesso, il predominio dell’esteriorità sui valori morali, la tendenza al lusso e l’ostentazione della ricchezza, tipica soprattutto dei nuovi ricchi, i liberti.
Del Satyricon oggi possediamo circa un decimo rispetto all’originale e questo perché, già poco nota nell’antichità e nella tarda antichità, l’opera non riuscì a superare indenne il Medioevo: a causa dei contenuti troppo licenziosi essa subì infatti una dura censura e smise presto di essere trascritta interamente; solo alcuni excerpta vennero infatti copiati e conservati. L’opera rimase sostanzialmente ignota fino al Cinquecento, quando ne uscirono le prime edizioni a stampa, ma solo a partire dal Settecento il Satyricon cominciò ad essere letto e apprezzato diffusamente: tra i suoi ammiratori moderni troviamo autori italiani, come Parini e Manzoni, e stranieri, come Wilde e i naturalisti francesi Balzac e Flaubert 2.
Narrazione
Il Satyricon è un racconto in prima persona del protagonista, Encolpio, il quale, scacciato come capro espiatorio dalla sua città e perseguitato dal dio Priapo, intraprende un lungo viaggio attraverso il Mediterraneo – e in particolare lungo le coste dell’Italia meridionale – che diventa occasione di incontro e di scontro con molti altri personaggi; suoi compagni di avventura sono per gran parte della narrazione altri due giovani, Ascilto e Gitone, suo amante. Le mille vicende, trame e sottotrame del Satyricon sono collegate o per incastro o per successione a catena, senza pause e senza soste, restituendo così l’impressione di una struttura narrativa sempre in movimento e in perenne trasformazione3.
Encolpio, insieme a Gitone, si è imbarcato al seguito del vecchio poeta Eumolpo su una nave diretta a Taranto, ma incappano in una tempesta e i nostri eroi scampano al naufragio approdando in quella che si rivela essere Crotone.
Nella presentazione di Crotone Petronio fa uso della tecnica ben collaudata del contrasto fra passato e presente: Crotone si caratterizza inizialmente in modo nobiIissimo (116,2 urbem antiquissimam et aliquando Italiae primam), ma subito dopo esprime una presente decadenza nei confronti di un antico primato.
Nei naufraghi, comunque, l’impressione iniziale è positiva ed essi provano vivo desiderio di saperne di più (116,3 cum deinde diligentius exploraremus); ma in 116,3 una ricercata espressione ribadisce il concetto della nobiltà del luogo e chiarisce come la presente rovina di Crotone sia il risultato delle guerre frequenti, che hanno mandato in malora le ricchezze accumulate in passato. La causa sarebbe (116,6) la decadenza della cultura (non litterarum studia celebrantur. non eloquentia locum habet) e la dissoluzione dei costumi degli abitanti di Crotone (non frugalitas sanctique mores laudibus ad fructum perueniunt) 4.
Quella strana città, un tempo fiorente e ora decaduta, costituisce (secondo un’immaginazione satirica menippea5), una specie di mondo alla rovescia: nessuna delle normali attività della vita sociale economica e civile vi viene praticata, ma gli abitanti sono divisi tutti nelle complementari categorie dei captatores e dei captati (nam aut captantur aut captant), i cacciatori di eredità e le loro prede 6.
Mentre tutti i mercanti devono tenersi alla larga da quel luogo, sono proprio gli uomini senza scrupolo e abituati alla menzogna che lì hanno la possibilità di arricchirsi. È la menzogna, quindi, ad apparire come l’elemento indispensabile per ottenere successo e fortuna e al tempo stesso a proporsi quale chiave d’interpretazione delle vicende che a Crotone vedranno coinvolti Encolpio e i suoi amici 7.
Una città in una condizione attale rovesciata rispetto all’antica situazione di floridezza, è il luogo ideale dove rappresentare una realtà rovesciata, dove in ogni episodio la soluzione sarà l’opposto di quella attesa. Appare, dunque, inevitabile che in una città siffatta sia possibile entrare solo facendo di se stessi il proprio contrario.
Per far fronte a questa paradossale situazione e trarne inopinatamente vantaggio, Eumolpo escogita una truffa a danno dei captatores crotoniati: fingerà di essere un ricchissimo e malandato signore, in viaggio dopo la perdita del suo unico figlio, capitato lì in seguito a un naufragio in compagnia di soli tre schiavi (questa parte tocca a Encolpio, Gitone e al suo mercenarius Corax). Il mimo viene ben recitato e i Crotoniati ci cascano, colmando Eumolpo e i suoi accoliti di doni, attenzioni e ogni tipo di offerte allettanti: una sequenza narrativa che si dipana per noi in maniera molto incerta, perché gli estratti che ci hanno trasmesso molto parzialmente l’opera si fanno radi e gravemente lacunosi e non ci fanno vedere bene come, dopo l’iniziale successo e la bella vita che per un certo tempo a Crotone si conduce, avvengano preoccupanti scricchiolii della messinscena e soprattutto quale sia l’esito che si profila quando i nostri excerpta definitivamente si interrompono.
La maggior parte delle porzioni di testo ambientate a Crotone riguardano tuttavia una storia che non sembra (almeno per quel che vediamo) direttamente connessa con il tema della caccia alle eredità, ma è piuttosto una storia parallela, una avventura / disavventura sessuale che Encolpio (il quale qui, come presunto schiavo di Eumolpo, ha assunto il nome di Polieno, «Colui che racconta storie», epiteto di Ulisse nell’Odissea) intrattiene con una bellissima matrona crotoniate che porta il nome fatale di Circe: @27, 7 “nec sine causa Polyaenon Circe amat: semper inter haec nomina magna fax surgit“.
L’iniziativa parte dalla donna, che è sessualmente attratta da quello che ritiene essere un giovane schiavo e presenta le sue avances attraverso l’intermediazione della sua schiava Criside. Costei avvicina Encolpio in un boschetto di platani per presentargli le profferte della padrona e, dopo alcune schermaglie, concilia un incontro nel parco, dove i due amanti fanno conoscenza e si abbracciano in un setting idillico, un prato fiorito che cita la più famosa e nobile scena di seduzione della nobile poesia epica, lo ἱερὸς γάμος sulla cima del monte Ida nel libro XIV dell’Iliade, in cui Era suscita e soddisfa il desiderio di Zeus, per distogliere il divino sposo dalla guerra, una volta che la soddisfazione sessuale lo ha fatto addormentare tra le sue braccia (@26-@27). Qualcosa, non sappiamo bene come, va però storto e l’amplesso non va a buon fine 8.
Se la tecnica dell’inversione è un procedimento narrativo caro a Petronio, che di essa si serve nei contesti più di versi. la sua esasperata ricorrenza nell’episodio di Crotone è la spia di un preciso intento perseguito dall’autore: quello di proporre al lettore una serie di atteggiamenti, situazioni. modi di vita del mondo contemporaneo, ben sapendo che la sua critica sarebbe stata tanto più efficace se inserita in una sistematica rappresentazione di un mondo alla rovescia Mentre tutti i mercanti devono tenersi alla larga da quel luogo, sono proprio gli uomini senza scrupolo e abituati alla menzogna che lì hanno la possibilità di arricchirsi. È la menzogna, quindi, ad apparire come l’elemento indispensabile per ottenere successo e fortuna e al tempo stesso a proporsi quale chiave d’interpretazione delle vicende che a Crotone vedranno coinvolti Encolpio e i suoi amici 7.
Testo e traduzioni (estratto)9
Satyricon, 116 – L’arrivo a Crotone
TRADUZIONE
(1) Dopo aver volentieri compiuto quest’incombenza (ndr. il funerale di Lica), ci mettiamo in cammino per la destinazione prefissata, e dopo poco siamo sulla sommità del monte tutti sudati, da dove scorgiamo non distante una città dominata da un’alta rocca.
(2) E, dato che giravamo senza meta, non sapevamo cosa fosse, finchè da un contadino apprendemmo che si trattava di Crotone, città antichissima ed un tempo prima in Italia.
(3) Poiché dunque cercavamo di sapere minuziosamente che genere di uomini abitassero quella nobile terra e a quale genere di commercio si dedicassero principalmente, dopo aver perso le ricchezze a causa delle continue guerre, disse:
(4) «Cari miei forestieri, se siete mercanti, cambiate programma e cercatevi un altro mestiere.
(5) Se invece, da uomini più raffinati, sapete mentire in continuazione, correte dritti alla ricchezza.
(6) In questa città, infatti, non si celebrano gli studi letterari, l’eloquenza non ha importanza, la frugalità ed i costumi morigerati non portano in compenso alcuna lode, anzi sappiate che tutti gli uomini che vedrete in questa città sono divisi in due categorie. Infatti sono imbrogliati o imbrogliano
(7) Infatti o sono raggirati o raggirano. In questa città nessuno riconosce i figli, perché chiunque annovera eredi legittimi non viene ammesso a cene, non a spettacoli, ma viene escluso da ogni opportunità di svago e langue in un anonimato ontoso.
(8) Quelli che, invece, non hanno mai preso moglie e
non possiedono parenti prossimi conseguono gli onori più alti: per fare un esempio essi soli sono considerati dei bravi militari, essi soli dotati di eccezionale fermezza e, perché no, irreprensibilità.
(9) State per raggiungere – concluse – un fortilizio che è come un campo durante un’epidemia di peste, dove non esiste altro se non cadaveri che vengono fatti a pezzi o corvi che li fanno a pezzi».
TESTO ORIGINALE
(1) Hoc peracto libenter officio destinatum carpimus iter, ac momento temporis in montem sudantes conscendimus, ex quo haud procul impositum arce sublimi oppidum cernimus.
(2) Nec quid esset sciebamus errantes, donec a uilico quodam Crotona esse cognouimus, urbem antiquissimam et aliquando Italiae primam.
(3) Cum deinde diligentius exploraremus qui homines inhabitarent nobile solum, quodve genus negotiationis praecipue probarent post attritas bellis frequentibus
opes:
(4) «O mi, inquit, hospites, si negotiatores estis, mutate propositum aliudque vitae praesidium quaerite.
(5) Sin autem urbanioris notae homines sustinetis
semper mentiri, recta ad lucrum curritis.
(6) In hac enim urbe non litterarum studia celebrantur, non eloquentia locum habet, non frugalitas sanctique mores laudibus ad fructum perveniunt, sed quoscumque homines in hac urbe videritis, scitote in duas partes esse divisos.
(7) Nam aut captantur aut captant. In hac urbe nemo liberos tollit, quia quisquis suos heredes habet, non ad cenas, non ad spectacula admittitur, sed omnibus prohibetur commodis, inter ignominiosos latitat.
(8) Qui vero nec uxores unquam duxerunt nec proximas necessitudines habent, ad summos honores perveniunt, id est soli militares, soli fortissimi atque etiam innocentes habentur.
(9) Adibitis, inquit, oppidum tanquam in pestilentia campos, in quibus nihil aliud est nisi cadavera quae lacerantur, aut corvi qui lacerant».
(frammento mancante)
Satyricon, 117 – La farsa di Eumolpo
(1) Eumolpo, più accorto, focalizzò l’attenzione sulla nuova evenienza e dichiarò che quel modo di fare soldi non gli dispiaceva.
(2) Io pensavo che il vecchio volesse scherzare, col tono svagato un po’ tipico dei poeti, ma lui di rincalzo: «Magari potessi disporre di una messinscena più sfarzosa, voglio dire un abbigliamento più raffinato e dei bagagli più sontuosi, che potessero dare credibilità alla finzione: per Ercole, non rimanderei questo colpo a domani, ma vi condurrei difilato incontro alla grande
ricchezza».
(3) Nonostante le sue riserve, io gli prometto di soddisfare a tutte le sue esigenze, purché gli andasse a genio l’abito che avevamo portato con noi durante la rapina e quant’altro avesse fruttato la villa di Licurgo, quando venne svaligiata. Quanto al denaro liquido per i bisogni del momento ce lo avrebbe fatto trovare la
madre degli dèi.
(4) «Che aspettiamo, dunque», disse Eumolpo «a mettere in scena la farsa? Fate allora di me il vostro padrone se l’affare vi va a genio».
(5) Nessuno se la sentì di bocciare un progetto in cui nulla c’era da perdere. Pertanto, affinché l’inganno avesse a mantenersi segreto con patto ferreo tra tutti noi, giurammo solennemente ripetendo la formula suggerita da Eumolpo: di farci bruciare, legare, frustare, infilzare con la spada e quant’altro Eumolpo ci avrà comandato. Come dei gladiatori veri ci consacriamo al padrone anima e corpo con iniziazione solenne.
(omissis)
(1) Prudentior Eumolpus convertit ad novitatem rei mentem genusque divitationis sibi non displicere confessus est.
(2) Iocari ego senem poetica levitate credebam, cum ille: «Utinam quidem, inquit, sufficeret largior scaena, id est vestis humanior, instrumentum lautius, quod praeberet mendacio fidem: non mehercules operam istam differrem, sed continuo vos ad magnas opes ducerem».
(3) Atquin promitto, quicquid exigeret, dummodo placeret vestis, rapinae comes, et quicquid Lycurgi villa
grassantibus praebuisset: nam nummos in praesentem
usum deum matrem pro fide sua reddituram
(frammento mancante)
(4) «Quid ergo, inquit Eumolpus, cessamus mimum componere? Facite ergo me dominum, si negotiatio placet».
(5) Nemo ausus est artem damnare nihil auferentem. Itaque ut duraret inter omnes tutum mendacium, in verba Eumolpi sacramentum iuravimus: uri, vinciri, verberari ferroque necari , et quicquid aliud Eumolpus iussisset. Tanquam legitimi gladiatores domino corpora animasque religiosissime addicimus.
(omissis)
Conclusioni
Difficile dire cosa ci sia di concreto nella descrizione della vita quotidiana Crotone durante l’età di Nerone, nel I° sec d.C., di dove finisca l’espediente letterario e di dove inizia la realtà.
Tuttavia la breve descrizione di una città di mare, dominata da un’alta rocca , contrasta rispetto a quella antica ed in uno stato di generale decadenza, anche urbanistica, trova riscontro con i dati archeologici che evidenziano il marcato restringimento della città, ormai limitata alla collina del castello. Nelle parole di Petronio Croto appare come una cittadella ben fortificata e posta su un’altura ben rilevata, visibile da lontano (impositum arce sublimi oppidum cernimus).
Qualche dettaglio in più è offerto da Tito Livio, nell’opera storica “Ab urbe condita”, scritta non molti anni prima, della quale abbiamo già parato nell’articolo: “L’Arx e la cinta muraria antica di Croto in Tito Livio“.
La descrizione del declino della città di Crotone è attestata in diversi testi latini: in particolare 10:
– Cicerone – Rhetorica – De Inventione – Liber Secundus – 1: Crotoniatae quondam, cum florerent omnibus copiis et in Italia cum primis beati numerarentur, templum Iunonis, quod religiosissime colebant, egregiis picturis locupletare voluerunt.
Grandezza e decadenza sono messe in luce anche da Tito Livio (XXIII 30,6): Bruttiorum exercitus Crotonem, Graecam urbem, circumsedit, opulentam quondam armis virisque, tum iam adeo multis magnisque cladibus adflictam ut omnis aetatis minus duo milia civium superessent.
Il brano petroniano descrivendo amaramente Crotone, nella quale si assiste alla totale inversione degli insegnamenti di Pitagora e che diviene il simbolo di una città in sfacelo, caratterizzata dall’inerzia degli abitanti e dall’assenza di un qualsiasi ritmo di vita la pone come “la perfetta rappresentazione di quella decadenza della Megále Hellás del tempo di Pitagora a cui aveva alluso Cicerone nel De Amicizia: la città un tempo fiorente, l’antica culla della cultura e della civiltà, giace ora in rovina; un tempo essa era sede di filosofi insigni, ora è popolata da bestie intente a sbranarsi. La cupa descrizione del lento disfarsi di una città nobile e colta è un esempio, e al tempo stesso un monito, di quanto potrebbe accadere a Roma” (Paolo Fedeli, Le Fonti Letterarie).
Crotone, dalla dottrina pitagorica al cannibalismo. Nell’ultimo frammento di narrazione che abbiamo – la lettura delle disposizioni testamentarie di Eumolpo che impongono agli eredi di cibarsi del corpo del testatore (e i captatores non sembrano refrattari all’idea) – la metafora del «corpo da dilaniare» si riveste di significato concreto, facendosi possibilità reale. «Divorare il cadavere» del ricco equivale a «divorare» il suo patrimonio, ovvero incamerarlo, entrarne in possesso: fin qui il linguaggio della satira. Nel Satyricon questo linguaggio metaforico è spinto fino all’assurdo e nella Crotone centro del pitagorismo, la dottrina che propugnava tra i suoi principi il vegetarianesimo, i cacciatori di eredità sono pronti a cibarsi di un corpo umano. L’aggressione satirica di Petronio impiega le forze materiali del cibo e del denaro per trasformare, con un parodistico rovesciamento, Crotone in un mondo nuovo in cui vi sono davvero solo cadavera quae lacerantur aut corvi quae lacerant (par. 116,9)11.
Note
- https://it.wikipedia.org/wiki/Petronio_Arbitro[↩]
- WeSchool, Il “Satyricon” di Petronio: trama e commento[↩]
- WeSchool, Il “Satyricon” di Petronio: trama e commento[↩]
- Paolo Fedeli – Satira e realtà in mutamento: un mondo alla rovescia petroniano, in Continuità e trasformazioni tra Repubblica e Principato, 1991. https://books.google.it/books?id=gM7-v_uIKyYC[↩]
- https://it.wikipedia.org/wiki/Satira_menippea[↩]
- Mario Labate – Ovidio magister amoris e le disavventure di Encolpio a Crotone (2019), https://www.academia.edu/39789366/Ovidio_magister_amoris_e_le_disavventure_di_Encolpio_a_Crotone[↩]
- Paolo Fedeli, 1991, Op.Cit.[↩][↩]
- Mario Labate 2019, Op cit.[↩]
- Trad. di A. Aragosti, https://campus.hubscuola.it/[↩]
- Caterina Livi, “Petronio lettore di Trogo?“, 2021[↩]
- Petronio A Crotone: la messinscena di Eumolpo(Satyricon, 116-117,10) in Mondadori Education Hub Campus.[↩]