Il territorio e le città di Filottete, tra archeologia e mito.

Il territorio settentrionale della Crotoniatide, dal Neto fino al Fiumenicà, è spesso indicato come il «territorio di Filottete». E’ un comprensorio nel quale emerge una straordinaria frequentazione indigena, che senza cesure a livello cronologico, risale dalle prime fasi del Bronzo Medio sino ad Età Ellenistica.

Le risultanza archeologiche

Durante il Bronzo Medio (dal 1.700 a.C. al 1.350 a.C.) e il Bronzo Recente (dal 1.350 a.C. al 1.200 a.C.) si registrano alcune innovazioni nel campo della lavorazione dell’osso e del bronzo, fanno la loro comparsa le prime paste vitree, e troviamo materiali vitrei dalla superficie opaca. In questa fase le comunità Enotrie della Calabria1 entrarono in rapporto di scambio con i navigatori che provenivano dalle città micenee della Grecia e da Creta (minoici), soprattutto per scambiare metalli ed altri beni: la frequentazione micenea è attestata nel Bronzo Medio sulla Calabria Jonica a Torre Mordillo (Spezzano Albanese-CS) e a Capo Piccolo (Isola Capo Rizzuto-KR)((Su questo insediamento è disponibile la pubblicazione tecnica di Domenico Marino, L’insediamento dell’Età del Bronzo di Capo Piccolo, 2000)).

Nel Bronzo Medio e nell’areale settentrionale della Crotoniatide si assiste ad un’occupazione del territorio molto più capillare, caratterizzata dall’abbandono di gran parte degli insediamenti costieri del Bronzo antico, ed una formazione di nuovi insediamenti verso siti con difese – naturali o artificiali – poste su unità morfologiche dominanti e con propensione tattico-strategica al controllo del territorio; gli insediamenti vedono un aumento della loro dimensione media.
Sorgono nuovi insediamenti su siti d’altura posti a dominio della costa come Sant’Elia e Motta a Cirò. Sono di nuova occupazione i siti [Medaglia 2010] :

  • Motta, Madonna di Mare, loc. Oliveto, Taverna, Madonna d’Itria a Cirò / Cirò Marina
  • Loc. Palumbo, Pruija, Cozzo del Salto, più a nord, a Cariati

Proprio a questo orizzonte leggendario di contatti con il mondo egeo-miceneo sembrano rinviare le narrazioni mitiche dei « ritorni » (nostoi) in patria degli eroi greci dalla spedizione contro Troia, che incontro problemi in madrepatria, avrebbero attraversato il mare per fondare diverse città nelle regioni chonio-enotrie del sud Italia, come Nestore per Metaponto, Epeo per Lagarìa, Filottete per Chone, Krimisa, Petelia e Makalla. I « Troiani » di Siris, dell’etnia dei Chones, conservavano il simulacro di Athena Iliaca nel santuario alla foce del Sinni; altre città chonio-enotrie come Pandosia di Santa Maria di Anglona o Pandosia presso Cosenza o Chone o l’etnico dei Chones avevano il corrispettivo linguistico nel mondo illirico2.

Materiali dell’età del Bronzo rinvenuti nell’abitato di Motta (Cirò)

Nel Bronzo recente (dal 1.350 a.C. al 1.200 a.C.) non vi sono insediamenti completamente nuovi, ma si registra un aumento delle loro estensioni, secondo una tendenza di crescita costante. Il periodo si distingue per l’eterogeneità delle testimonianze archeologiche, specie delle classi delle ceramiche, soprattutto nelle aree dove furono particolarmente attivi i contatti con i commercianti ed artigiani micenei.

Secondo le chiavi di lettura delle fonti storico-letterarie antiche (Aristotele, Pol., VII, 10, 1329b; Strabone, VI, 1, 14-15), le popolazioni Enotrie presenti nella Calabria si differenziarono in quest’epoca in diversi gruppi tribali: gli Itali, i Morgeti e i Choni. Il riscontro archeologico si esplica in una differente cultura funeraria. Antioco informa, invece, che i Choni abitavano nella fascia di terra tra la Siritide e il metapontino (apud Str., VI, 1, 4 e Arist., Pol., VII 1329b) e sono definiti “Enotri per razza”. Strabone, in altri due passi, li colloca tra la Sibaritide e la Crotoniatide (VI 1, 3) e a Siris sulla scorta di Ecateo (VI 1, 14).

I Choni occuparono dunque un’ampia area della Calabria ionica settentrionale, da Metaponto fino a Crotone, e si caratterizzarono per una cultura funeraria che vede inumare i propri cari non distesi supini con le gambe leggermente flesse, ma rannicchiati su di un fianco, secondo l’uso dei loro vicini della Puglia, gli Iapigi, oltre che della presenza di enchytrismo anche in area di abitato. Il richiamo dell’etnonimo Choni ai territori dell’Epiro può suggerire che questo termine fu coniato dagli Achei stanziatisi nella Sibaritide. Col progredire della loro espansione, essi avrebbero spostato, gradualmente, i confini di Italìa e Oinotria; proprio i Choni sono quelli che godono di tradizioni achee che gli attribuiscono una discendenza troiana sui quali sono stati rimarcati i fortissimi rapporti di somiglianza coi Greci.

Nel Bronzo Finale (dal 1.200 al 1.000 a.C.), quando per diverse cause non ancora del tutte chiarite si verifica il “Collasso dell’Età del Bronzo” – ovvero un periodo di transizione caratterizzato dal collasso delle civiltà micenee, minoica, ittita – le mutate condizioni portarono all’interruzione dei contatti commerciali a lunga distanza ed all’improvviso arresto del processo di espansione dell’alfabetizzazione allora in corso.
Esso va inoltre inquadrato nel contesto della diffusione della tecnologia della lavorazione del ferro nella regione. In Calabria la ceramica italo-micenea fu rimpiazzata da stili formali e decorativi propri dell’Italia e del Centro-Europa, con motivi geometrici più rigidi.
Anche in questo momento di crisi internazionale, le aristocrazie enotrie dominavano ancora dalle loro rocche gli insediamenti di Calabria.
Nel territorio di Filottete si evidenziano gli insediamenti di: Cozzo Leone e Cozzo S.Elia a Cirò, Motta a Cirò Marina; Makalla (Murgie) a Strongoli; a Cariati, si assiste ad un’occupazione di aree satelliti a quelle preesistenti (Palumbo, Pruija, Cozzo del Salto) [Medaglia 2010] [Marino e al., 2017].


In Calabria durante l’Età del Ferro (dal XI sec. a.C. al II sec. a.C.) l’introduzione del ferro è precoce ed il metallo viene utilizzato per la realizzazione di armi e di ornamenti, come attestato nelle tombe che mostrano un artigianato attivo e creativo. La lavorazione del ferro, probabilmente raggiunge dapprima la Turchia e poi viene diffusa in Sicilia e Calabria intorno al 1000 a.C. dai navigatori di Cipro.
In questo periodo le popolazioni dedite alla pastorizia e all’agricoltura furono indotte da continue guerre e da invasioni ad abbandonare quasi ovunque le abitazioni all’aperto lungo i fiumi per trincerarsi sulle alture proteggendo gli abitati con argini fortificati e muraglie, in modo da potere controllare in modo stabile il territorio.
Nelle sepolture, generalmente a cremazione, il corredo funebre è costituito prevalentemente da armi di offesa e difesa, e si accentuarono i caratteri aristocratici, testimoniati dalle tombe che si aggregano in base alla parentela.
Nel territorio di Filottete i siti principali della fase iniziale dell’Età del Ferro (IFe1) sono: Cozzo Cerasello, Brugliaturo, Palumbo, Cozzo del Salto, Serre Boscose-Fiume Nicà, Sant’Elia di Cirò, Cozzo del Santarello di Cirò, Muzzunetti, Strongoli, Cersi del Russo, le Murgie, Timpone del Castello/Scuzza/Spartìa [Marino 2008]

Calabria centro-orientale, carta altimetrica con distribuzione dei principali siti della prima età del Ferro
Calabria centro-orientale, carta altimetrica con distribuzione dei principali siti della prima età del Ferro: 587. Cozzo Cerasello, 588. Brugliaturo, 583. Palumbo, 586. Cozzo del Salto, 597. Serre Boscose-Fiume Nicà, 591. Sant’Elia di Cirò, 592. Cozzo del Santarello di Cirò, 598. Muzzunetti, 506. Strongoli, 505. Cersi del Russo, 504. le Murgie, 503. Casabona, 502. Zinga, 700. Timpone del Castello/Scuzza/Spartìa, 511. Timpone del Gigante, 563. Lago Ampollino – riva Nord, 544. Lago Ampollino – riva Sud, 512. Serre d’Altilia, 514. Monte Fuscaldo, 513. Timpa della Zita, 571. Serra dell’Aranco, 573. Timpone S. Litano, 551. Serra di Galloppà, 516. Santa Domenica, 519. Serre del Vituso, 517. Catalano, 518. Guidonello, 521. Kroton/Crotone, 520. Vigna Nova di Crotone, 526. Manche della Vozza, 527. Capo Lacinio, 30-31-32-33-189-190. Est di San Giovanni /Costiere, 378. Fossa dell’Acqua, 558. Corazzo, 701. Marcedusa-Battaglia, 578. Carvane, 595. Simeri Crichi, 596. Donnomarco, 567. Tiriolo.
D. Marino – G. Pizzitutti – “Un ripostiglio di bronzi dal territorio a sud di Crotone” (2008)

Nel territorio di Filottete, sono inoltre documentati siti distribuiti in luoghi collinari ma anche in prossimità della pianura costiera e lungo (o dominanti) i corsi d’acqua, tra i quali i più importanti sono:
◦ Cirò, Loc. Sanguigna;
◦ Cirò Marina, Tempio di Apollo Aleo
◦ Cariati, Serre Boscose, Pruija e loc. Palumbo.


Nella prima età del ferro, tra la fine del X-VIII secolo a.C. , l’areale chonio risulta culturalmente legato al mondo iapigio-peuceta di matrice transadriatica, che attraverso la murgia materana si incunea verso la regione costiera ionica, come sembrano indicare strutture e rituali funerari e tipologie di manufatti bronzei riconducibili anche ad ambiti adriatico-balcanici3.

Tra la fase finale dell’età del bronzo e quella iniziale del ferro molti degli insediamenti indigeni non hanno la forza di trasformarsi in un polo urbano vero e proprio, così che il loro sviluppo viene inibito dall’arrivo dei primi coloni dalla Grecia, e dal loro graduale processo di penetrazione e di acquisizione di territorio circostante. Lentamente, tra l’VIII ed il VII sec. a.C. avviene la scomparsa dei 5/6 dei centri indigeni nella Crotoniatide, ad esclusione delle realtà più significative di Cirò (Cozzo Leone e Cozzo S.Elia) e le Murgie di Strongoli, siti che continuano ad essere occupati dal Bronzo finale fina all’età ellenistica [Medaglia 2010].

A partire dalla fine dell’VIII sec. a.C., sulla costa ionica fra Sibari e Crotone, nelle prime due o tre generazioni di coloni venne conservata una fisionomia ibrida ove l’integrazione dell’elemento indigeno anellenico fu particolarmente lenta e forse mai del tutto compíuta, ed ove presso il tempio di Apollo Alaios sul promontorio dell’Alice, sulla scorta della leggenda filottetea, si attuano vere e proprie formule sincretistiche che perdureranno anche sino in età ellenistica, si attuano profonde interazioni greco-indigene, almeno a giudicare dai dati forniti dalle indagini archeologiche e architettoniche compiute da Dieter Mertens al Santuario di Apollo Aleo a Cirò Marina.

Il dato materiale, infatti, sembra indicare una commistione di presenze antropiche già a partire dal VII sec. a.C., mentre il dato architettonico si rileva solo nel corso della prima metà del VI sec. a.C., pur apparendo determinante il richiamo all’architettura di VII sec. a.C. [Genovese, 2011].
Il promontorio di Crimisa, si viene a identificare come una fra le più antiche strutture sacre con peristasi lignea in area occidentale.

Kroton, pur imponendo il controllo sulle attività produttive nella chora, non conquistò pedissequamente tutti gli abitati della regione. E così il promontorio di Krimisa, in posizione ottimale per il controllo della navigazione e degli scambi marittimi, e non distante dal confine tra i territori sotto l’influenza di Kroton e Sybaris4, mantenne una sua identità; inoltre, il santuario di Apollo a Punta Alice divenne un grande luogo d’incontro tra genti indigene, enotrie, e greche.


E’ questo grosso modo il territorio ed il contesto che ospitò gli antichi centri indigeni di Makalla, Chone e Krimisa (tramite l’azione ecistica del fondatore e civilizzatore Filottete). Anche dopo la fondazione di Kroton le popolazioni indigene del territorio a nord del Neto continuarono a mantenere una loro di autonomia, mantenendo i loro tratti culturali distintivi [Medaglia 2010].

Così, dopo il decadimento alla fine dell’età del Bronzo, Krimisa tornò in auge in età arcaica (VI-V secolo a.C.). Nei corredi funerari rinvenuti nelle tombe enotrie dal territorio si nota una forte compenetrazione tra l’elemento indigeno e quello greco.

La presenza sulle Murgie (Strongoli) di tombe maschili contenenti armi denota che i soggetti deposti non erano asserviti, pur se il centro non appare ímpermeabile agli influssi ellenici come mostrano i copiosi ritrovamenti di materiali di fattura coloniale importati da Crotone, sia il precoce accoglimento di culti greci ín un piccolo santuario urbano di VII sec [Medaglia 2010].

A Cirò non vi è soluzione di continuità negli insediamenti tra l’ epoca protocoloniale e quella coloniale. Si ha anzi un ampliamento in quanto nel VII sec. a.C. oltre alle alture di Cozzo Leone e di Sant’Elia è attivo un abitato in loc. Sanguigna. Sono forse questi aggregati di nuclei abitativi che possiamo forse identifìcare con il centro dì Krimisa, la mikrà polis enotria posta non lontano dall’omonimo promontorio ricordato dall’ oracolo dì fondazione di Crotone tramandatoci da Diodoro [Medaglia 2010, p. 51]. Diversa è la posizione di Roberto Spadea [Spadea 2008] che identifica questi aggregati di abitati di Cirò nell’antica Chone, mentre “Krimissa, legata nelle più amiche testimonianze all’area sacra ad Apollo e caratterizzata da insediamenti sparsi, [… è] localizzata nella fascia tra il mare e le prime alture” (presubilmente nell’intorno dei siti in loc. Taverna).


Ad età classica risale invece una stipe votiva, in località Bivio Alice, scoperta casualmente durante lavori pubblici e scavata in emergenza, che ha restituito tantissime statuette fittili, ex-voto raffiguranti Demetra col porcellino e la fiaccola. Il sito non è stato indagato integralmente, ma l’entità dei ritrovamenti e la presenza di strutture murarie dà ad intendere la presenza di un santuario dedicato a Demetra. Tale santuario ha lunga durata, dal V al II secolo a.C. ed è interessante perché se la divinità, Demetra, è legata a culti connessi con l’agricoltura, economia tipica della popolazione brettia, l’iconografia degli ex-voto è greca, per cui siamo in presenza di una forte integrazione culturale tra i Greci delle colonie vicine e gli indigeni che vivevano nella chora. Segno di un melting pot culturale notevole.

La tradizione mitologica e letteraria

Dopo il suo arrivo sulle coste calabre, la tradizione letteraria indica che Filotette fondò Krimisa, sede del sito del santuario dedicato ad Apollo Aleo (Cirò Marina), Chone villaggio collinare più elevato di Krimisa (a Cirò Superiore), Petelia (Strongoli) e Makalla (probabilmente sul sito dell’attuale altopiano di Le Murgie, poco distante da Petelia).

Delle 4 città di Filotette soltanto Krimisa era situata sul mare; le altre si trovavano invece nell’interno.

L’arcaicità del santuario di Krimisa emerge da quanto riferito da Diodoro Siculo nell’oracolo sulla fondazione di Kroton, fornito dalla Pizia a Miscello, che – per consentirgli di individuare ove fondare la città – cita i promontori che delimitano l’area: il Capo Lacinio a sud e quello della sacra Krimisa a nord, individuando con ciò una sacralità di Krimisa più arcaica rispetto al Capo Lacinio, sacralizzato solo dopo la fondazione della polis di Kroton.

Petelia e Crimisa in Strabone

Parlerò dunque in generale, senza fare distinzioni, di quel che ho appreso su questi popoli che abitano nell’interno, vale a dire i Lucani e i loro vicini Sanniti. Petelia (Πετηλία) è considerata metropoli dei Lucani (Λευκανούς), ed è ancora oggi piuttosto popolosa. Venne fondata da Filottete (Φιλοκτήτου) dopo che, in seguito ad una disputa politica, era stato esiliato da Melibea (Μελίβοιαν). E’ in una posizione talmente forte che anche i sanniti l’hanno ulteriormente fortificata contro i Turii.
Anche l’antica Crimisa (Κρίμισσα), che si trova vicino nella regione, venne fondata da Filottete.
Apollodoro, nel suo “catalogo delle navi”, menzionando Filottete … dice che quando egli arrivò nel territorio di Crotone, fondò un insediamento sul promontorio di Crimissa; e nell’entroterra poco distante fondò la città di Chone, da cui quelli che la abitavano vennero chiamati Coni, e che alcuni dei suoi compagni proseguirono sotto la guida del Troiano Egesto verso la regione di Erice in Sicilia ove fortificarono Egesta.

Strabone, Geografia, VI, 1, 2-3
La prima [e seconda] parte della Geografia di Strabone, di greco tradotta in volgare italiano da M. Alfonso Buonacciuoli… 1562. Estratto da p. 104-105

Riguardo Petelia, Strabone coglie che i rapporti tra i centri indigeni, i centri di fondazione filottea e le colonie achee dominanti (Kroton e Sybaris), vi sono fasi alterne, e che si tratta di un insediamento ‘di frontiera’: da un lato rivendica la grecità di Petelia attribuendola ad una fondazione di Filottete, ma in una fase successiva ne riconosce un ruolo distinto dal punto di vista delle presenze indigene, segnalandola come ‘luogo fortificato’ dai Sanniti e come metropoli dei Lucani (ovvero dei Brettii).

La figura di Filottete

Questa tradizione antica, è recepita da Strabone (vissuto circa tra il 60 a.C. e il 24 d.C.), che indica le città fondate da Filottete e, dunque, legate attraverso il mondo dei nostoi, alle più antiche frequentazioni dei Greci in Occidente.

Dei contatti antichissimi con il mondo indigeno si serba traccia anche nella tradizione sulla figura di Filottete, di cui è stata messa in evidenza la ‘connotazione ambigua’ per quanto attiene il rapporto tra Greci e le genti autoctone. Infatti, Filottete appare come un eroe greco che intrattiene legami di amicizia con le popolazioni anelleniche, ma che, allo stesso tempo, muore per mano di quest’ultime.
Inoltre, anche sul versante greco, Filottete sembra legare tra loro diversi ambienti. La leggenda delle sue imprese è, infatti, connessa al circuito delle colonie achee, in particolare, a Crotone, che ne è stato uno dei principali vettori, ma è anche rivendicato da altri ambiti ‘coloniali’, come quello dei Rodii e quello ‘ateniese’ di Thurii [Poccetti, 2014].

Sul mito e la figura di Filottete è disponibile un approfondimento nell’articolo dedicato.

Makalla

A partire dagli inizi degli anni ’80 J. De La Genière e C. Sabbione proponevano l’ identifìcazione di Makalla con l”insediamento situato sulle Murgie di Strongoli. Secondo uno scolio di Tucidide (schol. Thuc., 1, 12,2) Makalla sarebbe stata fondata dall’eroe; per Licofrone (927-928) avrebbe ospitato il sepolcro e un tempio di Filottete; per il Ps. Aristotele (mir. 107) Filottete, di ritorno da Troia avrebbe occupato Makalla, da ubicarsi tes Krotoniatidos alla distanza di 120 stadi da Crotone. L’ identifìcazione di Makalla con l’insediamento delle Murgie appare sopratutto convincente sul piano topografico in quanto i 120 stadi indicati dal De mirabilibus auscultationibus ben corrisponderebbero ai 21-22 km che separano Crotone dalla collina delle Murgie [Medaglia 2010] .

Nota

Per il testo completo di questi riferimenti vedere in Giulio Giannelli – Culti e miti della Magna Grecia (1924), Cap. VIII, p. 206 e succ. Per una compiuta interpretazione delle fonti: Maurizio Giangiulio – Filottete tra Sibari e Crotone (1991)

Bibliografia e articoli/ pubblicazioni correlate

  1. Gli Enotri, di etnia indoeuropee erano originari – secondo l’opinione più comune – dalla regione greca detta Arcadia; sono detti anche Ausoni, Itali, Morgeti e Siculi, ad indicare le diverse aggregazioni etniche presenti nelle diverse aree dell’Italia Meridionale []
  2. S.Bianco e A.Preite – Identificazione degli Enotri: Fonti e metodi interpretativi 2014 []
  3. S.Bianco e A.Preite – Op. cit. []
  4. Tali territori sono usualmente indicati come “Crotoniatide” e “Sibaritide” ed il confine è identificabile nel torrente Fiumenicà []