Sommario
Il Tripode
Il tripode (in greco antico: τρίπος, trípos, da τρεῖς = tre e ποδ-, radice di πούς = piede; in francese trépied) era nell’antica Grecia un recipiente a tre piedi che si poneva sul fuoco per scaldare l’acqua, oppure il solo sostegno a 3 piedi che sorreggeva il lebete, recipiente col quale si scaldavano vivande sul fuoco. Il termine è già testimoniato in età micenea da due tavolette in scrittura Lineare B trovate a Pilo12.
Utensili a forma di treppiedi sono presenti nel Mediterraneo orientale (in Anatolia parte dell’odierna Turchia) dal terzo millennio a.C., ed anche a Creta fin dalla fine del periodo Medio Minoico 3. La loro funzione principale era nell’uso pratico come mortai o recipienti per cucinare.
Omero cita i calderoni a treppiede per il riscaldare l’acqua per Achille, Ettore e Ulisse, e per lavare il cadavere di Patroclo. Precisamente, nell’Iliade, Libro XXIII, versi 700-705, in cui si descrivono descrivono i giochi funebri (lotta) in onore di Patroclo; il premio per il vincitore è un massiccio tripode aveva diverse valenze: simbolica, funzionale, sociale e storica. Il tripode rappresentava la forza, la vittoria, il prestigio, la fertilità e l’abbondanza; vincere un tripode era un segno di grande onore e di grande valore.
τρίτον δ’ αὖτ’ ἀκάμαντος ἀεθλήτειρα πάλη
ἦν, Ἀχιλεὺς δὲ ϑῶκε βραβεῖα μέγιστα.
τῷ μὲν νικῶντι τρίποδα ϑῆκεν ἐϋκτίμενον,
δώδεκα βοῶν ἕνεκα, ὃν Ἀχαιοὶ ἐτίμησαν
τῷ δὲ δυωδεκάτῳ δῶκεν γυναῖκα, ἣν ἑλέεσκον
Ἄργος ἐς ἱερήν, ἠυπλόκαμον, ἐϋειδῆ.
Terzo, Achille bandisce un audace gioco di lotta,
e chiama gli atleti sulla sabbia piana:
un massiccio tripode aspetta il vincitore,
dal valore stimato di dodici buoi;
poi, per risollevare lo spirito del vinto,
una schiava, dal valore di quattro buoi.
Dall’età geometrica (X-VIII sec. a.C.) i tripodi vengono donati come ex voto offerti agli dei nei principali santuari della Grecia. In quest’epoca l’utensile si presenta sotto forma di un bacile di bronzo quasi emisferico al cui orlo rientrante sono inchiodate tre gambe decorate con motivi geometrici; gli anelli verticali sono talvolta sostenuti da figurette umane e sormontati da figure o protomi di animali.
Come utensili di uso corrente scompaiono nel corso del VII sec., eclissati dal tipo orientale, ma, in connessione con il culto di Apollo o come premi per le gare, si vedono ancora rappresentati in età classica su rilievi, vasi e monete che ci testimoniano ulteriori sviluppi morfologici.
I tripodi mostravano grandi varietà di forme, ma tutti avevano la caratteristica di poggiare su tre piedi. I tripodi erano in genere forniti di «orecchie», sorta di anelli che servivano da maniglie e, a volte, di una piantana centrale di sostegno che si aggiungeva alle tre gambe.

I tripodi come elemento figurativo ed architettonico
Vi sono numerosi casi in cui i Tripodi vengono riprodotti, in forma stilizzata, come fregi per abbellire edifici e templi, sostituendo i triglifi 4 con tripodi 5.

(Neg. DAI Athene, n. Samos 852)
Dal VI secolo d.C. l’uso di tripodi in fregi modulari declina nell’arte greca, mentre gli artisti si spostavano verso composizioni più libere. Più copie multiple di treppiedi iniziano a comparire come divisori di scena o come parti integranti delle scene stesse nei motivi decorativi.


uomini con treppiedi multipli. (Louvre-Parigi inv. n. E875)
L’uso del tripode come oggetto simbolico.
Già nell’età del bronzo una parte dei treppiedi ha cominciato a trascendere i ruoli utilitaristici, pratici, e venivano prodotti per funzioni cerimoniali o rituali, realizzati perciò con materiali costosi, principalmente bronzo.
La spiegazione di questa mutazione è sfuggente, ma potrebbe essere un riflesso dell’uso in pasti sacrificali collettivi, feste e giochi. Un altro motivo potrebbe essere legato all’elevato valore del bronzo, ed in un’epoca premonetaria i treppiedi greci in bronzo saranno stati sicuramente i primi tra i prestigiosi doni che l’aristocrazia si scambiava per registrare contratti di amicizia, obbligo, e alleanza 6 .
Come ricordato in precedenza, già in diverse occasioni Omero racconta di treppiedi offerti come premi per i vincitori in gare di atletica, equitazione, o competizione marziale, episodi in cui il donatore e tra i concorrenti ci sono i maggiori protagonisti del Guerre di Troia (Achille, Aias, Idomeneo, Odisseo). Un altro caposaldo dell’arte greca nella prima età arcaica sono scene con più pugili o lottatori in competizione per il possesso di un tripode. Tripodi sono offerti come premi di gare sportive, ove vengono rappresentati tripodi al traguardo, ed anche vincitori e/o i loro assistenti sono mostrati mentre portano via il tripode ricevuto come premio. Tripodi sono offerti anche come premi per spettacoli musicali, poesia e teatro; Esiodo ne fa una menzione orgogliosa di quando vinse un tripode a Calcide e poi lo dedicò al santuario delle Muse a Helicon.
Il tripode nei luoghi di culto, veniva usato ex voto, per decorazione o per uso durante i rituali. L’uso in luogo di culto più famoso era quello presso il tempio dell’oracolo di Delfi, sul quale sedeva la Pizia durante la rivelazione dei responsi oracolari. La seduta era una lastra circolare posta sulla sommità del tripode, su cui, in sua assenza, era adagiato un rametto di alloro, associato ad Apollo, a significare la consacrazione dell’oggetto al dio. Per questo il treppiede era uno dei principali simboli di Apollo, soprattutto della sua manifestazione delfica.

Diverse credenze erano associate al tripode di Delphi, ma tutte vanno in una direzione: i resti di una creatura massacrata erano raccolti all’interno od in prossimità del tripode: nel mito uffiale “le ossa e i denti del serpente Python”; per altre tradizioni i resti di Dioniso ucciso e fatti a pezzi dai Titani, erano stati recuperati dal fratello Apollo e conservati vicino al tripode7.
![]() | Museo del Louvre, Parigi N. cat. Ca1915 – Beazley n. 352170 Immagine da Theoi Lekythos datato 470 a.C. circa Apollo seduto sull’onfalo di Delphi accanto al tripode lancia frecce sul serpente Python, custode del santuario. La bestia è raffigurata con la testa e il seno di una donna corrispondenti alla descrizione del del mostro Echidna del poeta Esiodo. Per i dettagli su questo vedere in questo sito: Apollo, il tripode e Python. |
Dal VI secolo splendidi tripodi “a verghette” (caratterizzati da una struttura ornamentale a base di elementi lineari (verghette) saldati o fusi alla superficie) si trovavano in molti santuari e templi greci come offerte votive, oppure come decorazioni di contesti funerari. Ecco due esemplari provenienti dall’Italia. Per una più ampia trattazione vedere in G. Bardelli 20198

In età arcaica inizia a comparire la rappresentazione della lotta tra Apollo ed Eracle per il possesso del tripode, un mito quello della contesa del tripode che compare sulle pitture vascolari in epoca più antica rispetto alle prime manifestazioni letterarie scritte. Raffigurazioni vascolari con il motivo mitico della contesa del Tripode appaiono nello stile geometrico, ma la sicura identificazione dei due contendenti nella coppia Eracle-Apollo diviene certa solo a partire dal VI secolo a.C.12

Eracle, vistosi rifiutare un responso da parte della Pizia, tentò un giorno di impossessarsi del tripode sacro dell’oracolo di Delfi; dovette quindi contendere con Apollo, dio del santuario. Per intervento di Zeus, Apollo ne uscì vincitore e il tripode rimase nel santuario. (Foto e testo dalla pagina Facebook “Odi profanum vulgus @mondogrecoromano“)
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Un ulteriore esempio di questo motivo iconografico, della seconda metà del VI sec., è presente su un’anfora attica a figure nere, presente nel Museo Archeologico Nazionale di Orvieto –
Foto – copia d’archivio
Il motivo della lotta tra Apollo ed Eracle per il possesso del tripode ha successo fino all’età imperiale, con variazioni stilistiche che riflettono il gusto del tempo, in arredi di lussuose domus urbane e suburbane, ed è presente in bassorilievi in marmo, posti entro nicchie alle pareti delle case aristocratiche13.
Per altre informazioni e rappresentazioni sulla contesa del Tripode, vedere anche in
Apollo, il tripode e Python
Come notato in precedenza, tripodi in metallo, un materiale limitato e perciò prezioso, venivano realizzati per diventare uno strumento propagandistico sia civile che militare in caso di una vittoria in guerra, o quando qualche una preghiera è stata esaudita. Dediche di questo tipo erano in genere fatta da poleis e altri organismi collettivi, o da re e tiranni. Dopo la vittoria nella battaglia di Himera nel 480 a.C., i tiranni siciliani Hiero e Gelon commissionano l’installazione di treppiedi d’oro a Delphi.
Erodoto, in , racconta che con una decima parte del bottino sottratto ai Persiani nella battaglia di Platea (479 a.C.), i Greci fecero un’offerta di un tripode d’oro, poggiante su un serpente di bronzo a tre teste14.
Caratteri incerti ha il celebre monumento offerto dai Crotoniati a Delphi, e del quale rimane purtroppo la sola base monumentale15.
Nel santuario arcadico dedicato a Zeus Lykaios, sul Monte Lykaion, alto 1382 m.s.l.m., durante i periodi arcaico e classico, e forse anche prima, i prellegrini si recavano ogni quattro anni, per feste religiose dei Lykaia, panarcadiche e panelleniche che includevano dediche, sacrifici e gare atletiche in onore del potente Zeus. Questi riti avevano una forte componente sacrale e rituale, con sacrifici animali ed il consumo di carne in banchetti. Nel sito dell’altare all’aperto, gli archeologici hanno trovato diversi tripodi in miniatura in bronzo 16, che risalgono probabilmente all’VIII secolo a.C. e rappresentano dediche a Zeus 17. L’altare sul monte Lykaion) risale almeno alll’età micenea XVI secolo a.C.; da qui è probabile che il culto di Zeus si sia diffuso ad Olimpia, a soli 35 km a nord-ovest, ove vi è un famoso santuario anch’esso dedicato a Zeus le cui testimonianze ceramiche risalgono solo al 1050 a.C. I due santuari di Zeus condividono una serie di caratteristiche comuni, tra cui la cenere presso l’altare, e i principali edifici di un complesso di feste atletiche. Inoltre anche ad Olimpia gli archeologi hanno trovato centinaia di calderoni tripodi in bronzo in miniatura e statuette di terracotta associate all’altare di cenere18.
Il tempio di Zeus ad Olimpia, costruito in stile dorico tra il 472 e il 456 a.C., era decorato con sculture che rappresentavano scene mitologiche e storiche, tra cui figure che simboleggiavano le origini dei giochi olimpici. I tripodi erano anche utilizzati come acroteri angolari sulla sommità del tempio, richiamando l’attenzione sui premi delle vittorie passate e legando il presente con la tradizione19.
E’ il tripode che collega i sacrifici di Olimpia con i Lykaia: almeno una parte della carne sacrificale veniva raccolta in questi bollitori e preparata in essi, anche se inizialmente senza fuoco. Ciò si evince da una leggenda dell’epoca di Pisistrato, raccontata da Erodoto: Ippocrate, padre del futuro tiranno ateniese,fu testimone di un grande prodigio mentre si trovava a Olimpia per assistere ai giochi. Quando aveva offerto il sacrificio, i bollitori del tripode, che erano pieni di carne e acqua, cominciarono a bollire senza fuoco e a traboccare20. La capacità del tripode di riscaldare senza fuoco visibile, come nel caso dell’episodio miracoloso di Ippocrate, aggiungeva un ulteriore strato di sacralità e meraviglia all’atto del sacrificio.

From the Sanctuary of Zeus at Olympia. ca. VIII sec. a.C. New Museum, Olympia, Greece
I tripodi venivano anche dedicati come votivi nei santuari, lasciati sul posto per consacrazione dopo il sacrificio. Secondo Erodoto, era consuetudine che i vincitori dei giochi olimpici non portassero via i tripodi ma li dedicassero al dio nel santuario, trasformandoli in simboli permanenti delle vittorie e delle benedizioni divine. Questo atto di dedicazione non solo onorava gli dei ma serviva anche a perpetuare la memoria delle vittorie umane.
Altro oracolo di Apollo piuttosto noto è quello del santuario sul monte Ptoion, a circa 3 km a nord-est di Acrefia, in Beozia. Originariamente, il santuario era dedicato a Ptoo, un eroe locale, ma successivamente rimpiazzato da Apollo, acquisendo il nome Ptoios come epiteto locale. Il sito è noto per i suoi ritrovamenti archeologici, tra cui statue arcaiche (soprattutto kouroi) e tripodi del VI secolo a.C.. Gli scavi hanno rivelato anche una grande cisterna e varie strutture associate al culto di Apollo. L’introduzione di questi tripodi come simbolo religioso nel santuario di Ptoion sembra esprimere la volontà della Confederazione Ellenistica Beotiana (un’alleanza di città-stato nella regione della Beozia sviluppata dopo la morte di Alessandro Magno nel 323 a.C. e che si protrasse fino all’annessione della Grecia da parte di Roma nel I secolo a.C.) di affermare la sua unità politica attraverso l’organizzazione di un culto federativo comune, tra cui pratiche rituali che assumono anche la forma di consacrazione dei treppiedi per Apollo Ptoios. 21.

Il Tripode come simbolo di Kroton
Nella polis magno-greca di Kroton i principali culti sono quelli di Apollo e di Hera. Del primo rimane incerta la collocazione di un Santuario cittadino, o di un luogo di culto periferico presso Quote Cimino, a 900 mt. dal tempio di Hera Lacinia; rimane però forte presenza simbolica del tripode, presente nella maggior parte delle monete emesse dalle zecche krotoniati.
Artigianato artistico
Il direttore del Museo Archeologico Nazionale di Crotone, Gregorio Aversa, segnala che un reperto del VII sec. a.C. è la più antica rappresentazione conosciuta del tripode a Crotone23, in forma stilizzata, mentre quelle più note sono più recenti, del VI secolo24. Si tratta di un frammento di cratere ritrovato nel corso di scavi nell’area ex Montedison (1976), quindi nell’area del quartiere settentrionale; fa parte di una classe di reperti le cui decorazioni sono generalmente costituite da “semplici motivi lineari di tradizione subgeometrica”, ma che corrisponde al simbolo delfico che più tardi sarà scelto dalla polis per caratterizzare le proprie emissioni monetali25. Resta comunque il dubbio si volesse rappresentare, grande ed isolato, proprio il simbolo delfico, molto prima di diventare nella secontà metà del VI sec. il «sema» della città apposto sulle monete 26.
Il tripode sarà “un simbolo parlante per una città che, nello scegliere una adesione esplicita al mondo delfico, mostra l’intenzione da parte dei coloni di ribadire la propria identità nei confronti del mondo circostante , costituito da un lato da altre etnie di provenienza greca (euboica, laconica, ionica), dall’altro da componenti indigene rispetto alle quali marcare la differenza“27.

Il Gruppo Archeologico Krotoniate ha ritrovato a Capocolonna nella scarpata adiacente al tempio di Hera Lacinia, poi consegnata al Museo di Crotone, una serie di elementi frammentari del VI sec. a.C. parti di una coppa tipo Siana (Siana cup), una kylix di tipo diffuso 28
La raffigurazione sovradipinta di questo reperto, con un guerriero a sinistra con lancia ed un tripode al centro costituisce un “unicum”; a destra è appena visibile un altro guerriero con lancia; il reperto sembra rappresentare una difesa del tripode da parte di due guerrieri affrontati, con scena ripetuta anche sull’altra faccia della coppa, documentata dai frammentini riportata nella parte inferiore della foto 29.

Monetazione
La tradizione più accreditata vuole che la rappresentazione del Tripode crotoniate sia associata ad Apollo Pizio, che dettò l’oracolo sulla fondazione della città a Miscello da Ripe.
Giulio Giannelli riporta anche una seconda scuola di pensiero secondo cui il tripode delle monete crotoniati era legato alle competizioni agonistiche in cui i crotoniati eccellevano, e quindi rappresentava il simbolo del premio riportato dai Crotoniati vincitori dei giochi 30
Diversamente che per quella di Sibari e di Metaponto, per la cronologia della monetazione di Crotone si dispone di alcuni elementi sicuri. Uno dei più antichi pezzi emessi dalla zecca (conservato a Berlino) è riconiato su di uno statere di Corinto del 535 circa (del periodo I, 2 Ravel), e permette di porre gli inizi della monetazione crotoniate intorno al 53031. Si tratta di una data che corrisponde all’arrivo di Pitagora nella polis (530 a.C. è la datazione definita dall’avvento a Samo del tiranno Policrate, e dal successivo esilio del filosofo).
Occorre a tal proposito riflettere “che Pitagora – come si rileva dalla notizia di Aristotele in Eliano e da quella dei biografi del filosofo di Samo – si era presentato in Crotone, come del resto dovunque -, in possesso dei riti apollinei, tanto da essere egli stesso riguardato dai Crotoniati come un’incarnazione, o almeno come un rappresentante, di Apollo Iperboreo. Ora è noto che l’Apollo Iperboreo 32 “è strettamente connesso con l’Apollo delfico e che il tripode potrebbe essere appunto l’emblema del culto di Apollo Pizio-Iperboreo, introdotto da Pitagora; nè a questa teoria parmi sia difficile adattare i dati cronologici, giacché l’ emissione dei primi tipi monetari col tripode appartiene agli stessi decenni ne’ quali si fa cadere il soggiorno di Pitagora nella città italiota” 33. In sostanza, la responsabilità della scelta del tripode andrebbe assegnata con molta probabilità alla presenza di Pitagora nella polis ed ai governi d’impronta pitagorica: i Pitagorici, infatti, contribuirono ad accrescere un favore nei confronti dell’apollinismo oracolare delfico 34.
Secondo le teorie tradizionali sulla monetazione in Magna Grecia, la monetazione di Sibari precede quella di Crotone. Tuttavia complesse analisi recenti sembrano smentire tale ipotesi, frutto di cronologie approssimative ed Interpretazioni obsolete, suggerendo una produzione più parallela e intensiva, in modo più uniforme e con un volume più alto, a partire dal 520 a.C. circa35.
Le scelte dei soggetti della monetazione di quest’epoca “non risposero mai a mere esigenze descrittive o pubblicitarie di prodotti o paesaggi locali, né furono affidate alla libera iniziativa degli incisori“. Piuttosto risposero a “esigenze di sottolineatura politico-propagandistica della liceità del potere e delle scelte fatte per le comunità emittenti, avallate da divinità identitarie scelte tra le più venerate, con i ‘segni’ di un linguaggio iconico comune combinati per costruire messaggi coerenti con la temperie dell’epoca“36. “In questa chiave vanno intese le adozioni a Kroton del tripode, allusivo, oltre che ad Apollon, all’oracolo delfico che orientò l’ecista, e l’associazione ad esso, talvolta, dell’aquila (fig. 5), inviato divino che sorvolava in coppia l’omphalos, o dell’elmo (fig. 6), attributo frequente nelle raffigurazioni di ecisti“37.

Fig. 5: Kroton, statere con aquila incusa al R/ (Asta Hirsch 253a, 27/09/2007, n. 2045).
Fig. 6: Kroton, R/ incuso di statere con elmo (GORINI 1975, p. 157).
L’analisi comparata della monetazione in Magna Grecia che richiama aspetti del culto/funzione di Apollon e culti ancestrali e tradizionali, greci e indigeni, compatibili anche con credenze orfiche, appaiono compatibili con punti importanti della predicazione e biografia di Pitagora, che rielabora concezioni matematiche orientali, fissa misure, si interessa del commercio ed è figlio di un incisore di gemme (membro, cioè, di una categoria coinvolgibile nell’incisione monetale); il suo ruolo negli eventi del 510 a.C., ne evidenzia l’influenza sulla politica delle classi dirigenti simultaneamente al potere a Kroton, Sybaris e Metapontion. Vi è perciò la possibilità – più volte suggerita da A. Stazio – di una finalità originaria degli incusi quali espressioni solidali, identitarie e attraenti di ceti dominanti greci e indigeni ‘armonizzati’ nello ‘schema’ del Pitagorismo politico38.
La tecnica monetaria è quella cosiddetta «a rovescio incuso», esibiscono tutti il tipo del tripode con ο senza legenda. Quattro, le combinazioni attestate 39:
a) ante 500:
– Tripode-Tripode, senza simbolo;
– Tripode-Tripode, granchio;
– Tripode-Tripode, airone (nelle emissioni più tarde);
b) 500-480 :
– Tripode-Tripode, granchio ο airone
– Tripode-Aquila;
c) post 480:
– Tripode-Tripode, granchio (ultime attestazioni);
– Tripode-Tripode, airone;
– Tripode-Aquila.

Nel D/ delle primissime coniazioni si trova un tripode con disegno uniforme a tutto campo con tre anelli lungo il bordo del bacino superiore (tipo a) il cui R/ è rappresentato dall’incuso del dritto. Su un lato del tripode, lungo uno dei due piedi frontali è incisa la leggenda abbreviata QPO40.
Il tripode, nella fase più tarda (fine V – inizio IV sec. a.C.), nella monetazione crotoniate presenterà i tre anelli, disposti lungo il bordo del bacino nel tipo a, disposti su un alto collo emergente dal centro del bacino (tipo b).
Nei tipi successivi al primo inizieranno ad apparire dei simboli fissi sulle monete: il granchio o l’airone e che a loro volta verranno affiancati da simboli variabili: la lira, il delfino, l’associazione delfino-polpo, l’arco e la foglia d’edera41.
L’analisi dei dati sulla distribuzione delle monete krotoniati, vista la sua circolazione a raggio assai limitato, fa ritenere che la prima monetazione di Crotone, non venisse coniata per assolvere la funzione d’intermediario negli scambi sia interni sia internazionali. D’altra parte essendo più diffusa la presenza di pezzi di peso elevato, prevalentemente destinati alla circolazione locale, lo scopo delle monete fosse quello ” doveva essere quella ” di scala dei prezzi e di mezzo di acquisto, e quindi di rudimentale mezzo di tesaurizzazione”, ovvero come strumento di accumulo di ricchezza. La presenza di Pitagora in città e la tradizione che attribuiva al filosofo il tentativo di una regolamentazione dei pesi e delle misure, rafforza tale ipotesi42.
Con la vittoria di Crotone su Sibari, nel 510 a.C., si ampliano gli orizzonti della valuta di Crotone. Venuto in suo possesso il territorio del vecchio impero e sviluppando l’iniziativa, che era stata di Sibari, di fare dell’emissione monetaria un efficace strumento di controllo dei suoi domini, Crotone conia monete incuse ο a doppio rilievo che mediante il tipo del tripode al dritto sanciscono la sua egemonia sulle comunità evocate dalla leggenda e dalla tipologia del rovescio ο della sola leggenda43:
a) Crotone-Sibari (Tripode – Toro retrospiciente incuso);
b) Crotone-Pandosia (Tripode – Toro retrospiciente a rilievo in rettangolo incuso);
e) Crotone-Temesa (Tripode – Tripode incuso).
L’influenza dei krotoniati sui territori sibariti, tra la fine del VI e l’inizio del V sec. a.C., viene distinta in tre esperienze monetarie, secondo la suddivisione operata dagli studiosi moderni: la monetazione c.d. ‘d’impero’, quella ‘d’alleanza’ e ‘di scambio’. La prima è costituita da stateri incusi ed è limitata agli ultimi anni del VI sec. a.C.: essa riguarda le località della chora Sibarita passate sotto il possesso di Crotone: Sibari, Laos, Pandosia, Temesa. Su queste monete persiste sul D/ i simbolo del tripode delfico – in alcuni casi con i piedi leonini, a simboleggiare il dominio di Kroton – con la legenda QPO, mentre sul R/ sono presenti vari simboli diversi a secondo della poleis italiota interessata, ad es. un toro per un esemplare di Pandosia.
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A metà del V secolo episodi violenti a Crotone, legata alla gestione delle strutture democratiche, portano ad un forte conflitto interno che chiama in causa il gran numero di pitagorici o di crotoniati illustri; molti vengono uccisi o esiliati. Intorno al 430 a.C. viene istituita la Lega Italiota: Crotoniati, Cauloniati e Thurii raggiungono un’alleanza politico-militare allo scopo di difendersi dai Lucani, dai Brettii e dal siceliota Dionisio I, tiranno di Siracusa. In questo nuovo ordine politico, a partire dal 425 a.C., la monetazione di Crotone abbandonò la singolarità del rovescio incuso. Eracle ed Era acquisiscono allora un’importanza che supera quella di Apollo, pur essendo rappresentato su stateri della fine del IV secolo a.C., e dell’aquila di Zeus44. Il tripode, che rimane il simbolo della polis, continua a comparire sulle monete dei crotoniati, “anche dopo che sulle monete stesse era stata ufficialmente consacrata la tradizione di Eracle ecista; e vi appare anzi, poco dopo, la testa stessa del dio; ma si può ammettere che la contemporaneità dei due simboli rispecchiasse l’elegante contaminazione delle due ktisis” 45 come ci è stata trasmessa da Ovidio nelle Metamorfosi 46.

Bolli di laterizi
“L’universo iconografico che fa capo ad Apollo ed il suo santuario di Delfi”, compare sui “bolli impressi su alcune tegole piane fabbricate nelle officine pubbliche di Kroton dall’inizio del V al tramonto del IV secolo a.C.” ribadendo “il messaggio che sul piano delle relazioni con il mondo esterno era stato affidato già da qualche decennio alla monetazione”. Inizialmente, più che “il tripode, storico emblema monetale di Kroton a lungo sottratto ad usi ‘profani’ perché vi si riconosceva in certo qual modo Apollo stesso”, nel settore dei prodotti laterizi fu adoperato inizialmente e per lungo tempo, “un ulteriore simbolo apollineo di probabile matrice delfica: il delfino, prima senza e poi con ‘delfiniere’”.
L’uso del tripode come bollo appare solo nell’ultimo quarto del IV sec. 47.
Se il marchio con tripode è raro nell’orizzonte di fine V o inizio IV a.C., nella seconda metà del IV si riscontrano un numero elevato di esemplari con tripode; con molta probabilità ciò è da attribuirsi al quadro della generale di ristrutturazione del tessuto urbano seguita alla fine dell’egemonia siracusana (350); con ciò la polis, una volta tornata libera, intendeva ribadire il tradizionale legame con Delfi 48.
Il Tripode Simbolo della città di Cotrone (Crotone) in età contemporanea
(Le informazioni seguenti sono estratte dal sito internet del Comune di Crotone)
Lo stemma civico della città contemporanea di Crotone venne adottato con decreto del 30 aprile 1903, con il quale il Segretario di Stato per gli Affari dell’Interno attribuisce all’allora comune di Cotrone il diritto all’uso del nuovo stemma civico, che sostituisce quello precedentemente in vigore, in cui era raffigurato il patrono San Dionigi mentre regge la città sulla mano.
Crotone si riappropriò così dell’identità magnogreca, inserendo nel proprio stemma l’antico tripode che aveva ha caratterizzato la città oltre duemila anni addietro.
Il bozzetto grafico è realizzato a mano ed è minuziosamente descritto nel documento: decreto del 30-04-1903
La blasonatura ufficiale è la seguente:
«D’azzurro al tripode d’argento con due serpi uscenti dalla coppa ed addossati, linguati di rosso, colla campagna di rosso carica della sigla “Q D O” (KRO in caratteri arcaici greci); con fascia d’oro, attraversante sulla spartizione. Lo scudo sarà cimato da un cerchio di muricciuolo d’argento e posto tra due rami, a destra d’alloro, a sinistra di quercia fruttati divergenti e decussati sotto la punta dello scudo stesso.» |

Fonte: Wikipedia
Il Monumento del Tripode in Piazza Delfi
Dalla fine del 2008, l’amministrazione comunale di Crotone, ha voluto esporre il simbolo della città in un monumento posto nel centro cittadino49, all’incrocio tra Via Vittorio Veneto e Corso Giuseppe Mazzini50, in una piazza che è stata giustamente denominata “Piazza Delfi”.
La superficie di piazza Delfi, di forma trapeziodale, presenta due cerchi che si intersecano tra di loro a sottolineare il legame esistente tra i due monumenti (l’altro monumento è quello delle Sfere pitagoriche).
Al centro del primo cerchio è posto il Tripode delfico su una base rialzata di circa 60 cm rispetto al piano della piazza e di forma quadrangolare con inscritti un quadrato e tre cerchi concentrici, formanti gradini dal centro verso l’esterno.

Foto Giuseppe Celsi, ottobre 2020.
Note
- P. Amandry, “Tripode“, in Enciclopedia dell’ Arte Antica, Ed. Treccani, 1977[↩]
- Lavinia Giorgi, “Lineare B: così Michael Ventris decifrò la scrittura micenea“, 2022[↩]
- In Enciclopedia Treccani: P. D’Amelio – Enciclopedia dell’ Arte Antica (1966): https://www.treccani.it/enciclopedia/tripode_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/; Tripode di P. Amandry – Enciclopedia dell’ Arte Antica (1997): https://www.treccani.it/enciclopedia/tripode_res-cf96ce4e-66c6-11e1-b491-d5ce3506d72e_%28Enciclopedia-dell%27-Arte-Antica%29/[↩]
- Elemento architettonico decorativo quadrangolare, sporgente, che nel fregio dorico si alterna alle metope. Il triglifo è percorso verticalmente da due scanalature (glifi), di solito triangolari, con talvolta l’aggiunta di due mezze scanalature che smussano gli spigoli. https://www.treccani.it/enciclopedia/triglifo/[↩]
- Mark Wilson Jones, “Tripod, Triglyphs and the Origin of the Doric Frieze”. July 2002; American Journal of Archaeology[↩]
- Mark Wilson Jones, op. cit., p. 374[↩]
- Walter Burkert, Homo Necans,1982, p. 123.[↩]
- Giacomo Bardelli, I tripodi a verghette in Etruria e in Italia centrale Origini, tipologia e caratteristiche, Verlag des Römisch-Germanischen Zentralmuseums, 2019 ; ISBN, 3795435161[↩]
- “È a Berlino il Tripode di Metaponto, capolavoro ritrovato in Lucania“, in Fame di Sud[↩]
- Giacomo Bardelli, Vacche, tori, serpenti, e sfingi. Il contesto di ritrovamento del tripode “di Metaponto” nell’Antikensammlung di Berlino. SIRIS 16, 2016, 37-46[↩]
- https://vulcinelmondo.com/reperti/tripode-in-bronzo-4/[↩]
- Walter Burkert, Homo Necans (1982) tradotto da Peter Bing (University of California Press) 1983, p. 121 e relativo apparato bibliografico.[↩]
- Annarena Ambrogi, Frammento di rilievo con la disputa per il possesso del tripode, Archeologia Classica, Vol. 63 (2012), pp. 619-636[↩]
- Erodoto, Le Storie, IX, 81: “Ammassate le ricchezze, ne tolsero la decima per il dio di Delfi: gli fu così dedicato il tripode d’oro che sta sul serpente di bronzo a tre teste vicino all’altare.[↩]
- Daniela Costanzo – Il tripode dei Crotoniati a Delfi, 2010[↩]
- Olga A. Zolotnikova, “The Cult of Zeus Lykaios (Arkadia)“, 2005[↩]
- David Gilman Romano and Mary E. Voyatzis, Excavating at the Birthplace of Zeus. The Mt. Lykaion Excavation and Survey Project, 2010[↩]
- David Gilman Romano, “‘Mt. Lykaion as the Arcadian Birthplace of Zeus“, 2019[↩]
- G. Becatti, U. Jantzen, G. Becatti, U. Jantzen, “Maestro di Olimpia“, in Treccani – Enciclopedia dell’ Arte Antica, 1963[↩]
- Walter Burkert, Homo Necans (1982), pp. 100-101.[↩]
- Anne-Charlotte Panissié, “Les trépieds d’Apollon au sanctuaire du Ptoion : instruments religieux du pouvoir politique du Koinon Béotien à l’époque hellénistique ?“, Annales de Janua, 2017[↩]
- immagine da Anne-Charlotte Panissié, 2017, op.cit[↩]
- Claudio Sabbione, in L’artigianato artistico, in Atti CSMG Taranto 1983, pp. 255-256, ritiene che “la datazione, non facile da determinare, può forse porsi nel corso della seconda metà del VII sec. a.C.“[↩]
- Rif. Nel Museo archeologico di Crotone la più antica rappresentazione conosciuta del tripode delfico[↩]
- Claudio Sabbione – Le aree di colonizzazione di Crotone e Locri Epizefiri tra VIII e VII sec. a.C., 1984, p. 273[↩]
- C.Sabbione, op. cit. 1983, p. 256[↩]
- Gregorio Aversa – Kroton e la madrepatria: elementi di conformità o divergenze ?, 2006, p. 103[↩]
- La coppa Siana è una tipologia di coppa attica decorata con la tecnica a figure nere. Prende il nome da uno dei luoghi di ritrovamento, la Necropoli dell’antica città di Siana a Rodi. Durante il secondo quarto del VI secolo a.C., le tazze Siana erano la forma di coppa predominante ad Atene. Le coppe Siana furono le eredi delle coppe Komast, prodotte dal Gruppo dei pittori Komast. Le caratteristiche tipiche includono il labbro o il bordo chiaramente distinti e il piede concavo, che è più alto rispetto alle coppe Komast. Le maniglie sono leggermente rialzate. Una novità è l’uso di tondi dipinti all’interno della coppa. Questi erano spesso incorniciati da fasce di fiamme o altri ornamenti; l’immagine centrale era spesso quella di una figura umana che correva in posizione semi-accovacciata Ad oggi sono noti circa 1.000 tra coppe e frammenti, e la loro classificazione è stata sviluppata da Herman Brijder.
Bibliografia sulla Coppa di Siana:
– Siana cup da Wikipedia;
– Siana Cup in Perseus Encyclopedia;
– M. A. Del Chiaro, Coppe di Siana, in Enciclopedia dell’ Arte Antica,1966 – Treccani;
– Esempi di Tazze di Siana, di cui con un atleta che trasporta due tripodi rappresentato nel fondo della coppa, sono reperibili in M. Pipili, “Athletes, trainers and a victor: two new Siana cups in the Benaki Museum“, 2018[↩] - Foto ed informazioni da Domenico Marino[↩]
- Giulio Giannelli, Op. cit., p. 177[↩]
- Nicola F. Parise – Moneta e società in Magna Grecia. L’esempio di Crotone., 1990, p. 300[↩]
- Gli Iperborei, presso gli antichi Greci, sono popolo mitico, localizzato da Erodoto nell’estremo nord del mondo abitato. Erano considerati un popolo privilegiato, caro ad Apollo che, subito dopo la nascita, si sarebbe recato presso di loro sopra un carro tirato da cigni. Mentre l’umanità è uscita dalla condizione edenica dell’Età dell’Oro passando attraverso le esperienze dell’Età dell’Argento (in cui matura la separazione tra il divino e l’umano che rende necessaria il rito e la religione), dell’Età del Bronzo (in cui sorgono le grandi mitologie), dell’Età del Ferro (in cui si sviluppa il pensiero individuale che ha di fronte a sé la condizione materiale), vi è uno stato di coscienza profondo che ancora conserva lo splendore solare delle Origini. Questa condizione profonda viene simboleggiata dall’Apollo Iperboreo. Fonte: https://www.centrostudilaruna.it/lesperienza-dellapollo-iperboreo.html. Altri approfondimenti in https://it.wikipedia.org/wiki/Iperborea[↩]
- Giulio Giannelli, Op. cit., p. 177-178[↩]
- Lorenzo Giustiniani “Dizionario geografico-ragionato del Regno di Napoli”, Volume 4, Tip. V. Manfredi, 1802, pp. 168-169. [↩]
- Benedetto Carroccio – Monetazioni incuse, Pitagorismo e aristocrazie indigene, 2017[↩]
- Benedetto Carroccio op.cit., 2017, p. 84-85[↩]
- Benedetto Carroccio op.cit., 2017, p. 85[↩]
- Benedetto Carroccio op.cit., 2017, p. 89[↩]
- Nicola F. Parise – Moneta e società in Magna Grecia. L’esempio di Crotone., 1990, pp. 299-300[↩]
- sul significato e la forma esatta di questa sigla vedere Simbolismi e significati nell’articolo Crotone / Inaugurato sul lungomare un nuovo monumento con i simboli di Kroton[↩]
- Antonio Montesanti – La monetazione d’impero e d’alleanza di Crotone (2007) p.7[↩]
- Nicola F. Parise – Moneta e società in Magna Grecia. L’esempio di Crotone., 1990, pp. 300-301[↩]
- Nicola F. Parise – Moneta e società in Magna Grecia. L’esempio di Crotone., 1990, pp. 301-305[↩]
- L.E. Baumer, S.Bonomi, D.Marino – Ô Dieux de Crotone!, 2010, p. 18[↩]
- Nel mondo greco antico, la ktisis (gr.: κτίσις) era l’atto fondativo di una città, di una polis, o di una colonia. https://it.wikipedia.org/wiki/Ktisis[↩]
- Giulio Giannelli – Culti e miti della Magna Grecia (1924), p. 176-177[↩]
- Domenico Marino, Margherita Corrado – O Dei Di Kroton!, 2009, pp. 25-28[↩]
- D. Marino, M. Corrado – Op. cit., 2009, p. 9[↩]
- Vedere “Crotone ritrova il suo Tripode in piazza Delfi” in Gak Ars[↩]
- Posizione in Google Maps https://maps.app.goo.gl/TFHvr9f5F4BJuU1r5 e su OpenStreetMaps https://www.openstreetmap.org/node/1662134270[↩]