L’Arx e la cinta muraria antica di Croto in Tito Livio

Ab Urbe condita tratta della storia di Roma in 142 libri, dalla sua fondazione fino alla morte di Druso, figliastro di Augusto, nel 9 a.C., scritta dallo storico latino Tito Livio (vissuto dal 59 a.C. al 17 d.C.). I libri XXI-XXX trattano anche della seconda guerra punica (218-202 a.C.).


AB URBE CONDITA. lib. XXIV 3. 3-7

Testo originale con la traduzione a fronte

Testo originale in latino
Urbs Croto murum in circuitu patentem duodecim milia passum habuit ante Pyrri in Italiam adventum. Post vastitatem eo bello factam vix pars dimidia habitabatur: flumen, quod medio oppido fluxerat, extra frequentia tectis loca praeterfluebat, et arx erat procul eis, quae habitabantur.

Sex milia passum aberat ab urbe nobile templum, ipsaurbe nobilius, Laciniae Iunonis, sanctum omnibus circa populis. Lucus ibi frequenti silva ac proceris abietis arboribus saeptus laeta in medio pascua habuit, ubi omnis generis sacrum deae pecus pascebatur sine ullo pastore; separatimque greges sui cuiusque generis nocte remeabant ad stabula, numquam insidiis ferarum, non fraude violati hominum.


Magni igitur fructus ex eo pecore capti sunt, columnaque inde aurea solida facta et sacrata est; inclitumque templum divitiis etiam, non tantum sanctitate fuit.

Ac miracula aliqua adfinguntur ut plerumque tam insignibus locis: fama est aram esse in vestibulo templi cuius cinerem nullo umquam moveri vento.

Sed arx Crotonis, una parte imminens mari, altera vergente in agrum, situ tantum naturali quondam munita, postea et muro cincta est, qua per aversas rupes ab Dionysio Siciliae tyranno per dolum fuerat capta.

Traduzione
La città di Crotone ebbe un muro esteso per dodici miglia, prima dell’arrivo di Pirro in Italia. Dopo essere stata devastata da quella guerra, a stento solo una metà di essa era abitata: il fiume (Esaro), che un tempo scorreva in mezzo alla città, (ora) esternamente scorre in una zona fuori dal centro abitato e la roccaforte (arx) era lontana da quelle zone abitate.

A sei miglia dalla città distava il noto Tempio di Giunone Lacinia, più celebre della stessa città, sacro per tutti i popoli dei dintorni.
Ivi era un bosco, cinto da una fitta foresta e da alti alberi di abete ed ebbe nel mezzo abbondanti pascoli, dove ogni tipo di bestiame sacro alla dea pascolava senza alcun pastore; di notte, le greggi ritornavano alle stalle separatamente e secondo il proprio genere, senza mai subire agguati delle belve o essere violati da inganni degli umani.
Dunque si ricavarono grandi frutti da quel bestiame e poi una colonna d’oro fu costruita e consacrata; e il tempio fu famoso anche per le sue ricchezze e non soltanto per la sua santità.
E come accade quasi sempre in questi luoghi rinomati, si riferisce (a questo tempio) qualcosa di miracoloso: si racconta che c’è un altare nel vestibolo del tempio la cui cenere mai viene agitata dal vento1.

Ma la rocca (arx) di Crotone, con una parte che si affaccia sul mare, e l’altra che guarda verso la campagna, fortificata un tempo soltanto dalla sua posizione naturale, poi fu anche cinta da un muro, per dove, attraverso le opposte rupi, era stata occupata con un inganno da Dionisio, tiranno di Sicilia.

Eatum arce satis ut videbatur tuta Crotoniatum optimates tenebant se circumsedente cum Bruttiis eos etiam plebe sua.

Postremo Bruttii, cum suis viribus inexpugnabilem viderent arcem, coacti necessitate Hannonis auxilium implorant.

Is condicionibus ad deditionem compellere Crotoniates conatus ut coloniam Bruttiorum eo deduci antiquamque frequentiam recipere vastam ac desertam bellis urbem paterentur, omnium neminem praeter Aristomachum movit.


Morituros se adfirmabant citius quam immixti Bruttiis in alienos ritus mores legesque ac mox linguam etiam verterentur.

Aristomachus unus, quando nec suadendo ad deditionem satis valebat nec, sicut urbem prodiderat, locum prodendae arcis inveniebat, transfugit ad Hannonem.

Locrenses brevi post legati, cum permissu Hannonis arcem intrassent, persuadent ut traduci se in Locros paterentur nec ultima experiri vellent; iam hoc ut sibi liceret impetraverant et ab Hannibale missis ad is ipsum legatis.

Ita Crotone excessum est deductique Crotoniatae ad mare naves conscendunt; Locros omnis multitudo abeunt.

Essendo allora, come sembrava, quella rocca abbastanza sicura, gli ottimati di Crotone la occupavano, mentre anche la loro plebe li assediava insieme con i Bruttii.
Alla fine questi, vedendo di non poter espugnare la rocca con le loro forze, costretti dalla necessità, imploravano l’aiuto di Annone.

Questi pur avendo tentato di spingere i Crotoniati alla resa a condizione che permettessero di fondare là una colonia di Bruttii, e che la città devastata e spopolata dalle guerre recuperasse l’antico numero di abitanti, non persuase nessuno tranne Aristomaco.

Dichiaravano che sarebbero morti piuttosto che, mescolandosi ai Bruttii, mutare con quelli di altri popoli i riti, i costumi e le leggi e perfino la lingua.
Solo Aristomaco passò dalla parte di Annone, dal momento che non era in grado di persuadere i suoi alla resa, né trovava un modo di prendere col tradimento la rocca come aveva fatto con la città.

Poco dopo, degli ambasciatori locresi, essendo entrati nella rocca con il permesso di Annone, li persuasero a lasciarsi trasferire a Locri e a non voler sperimentare il pericolo estremo; avevano già ottenuto da Annibale di poter fare ciò, dopo avergli per questo mandato degli ambasciatori.

Così Crotone fu evacuata e i Crotoniati condotti al mare si imbarcarono sulle navi; molta della popolazione se ne andò a Locri.


Sintesi storica

Durante la seconda guerra punica (218 a.C. – 22 a.C.), dopo la battaglia di Canne (216 a. C.) accentuò l’antagonismo tra o Brettii e le città greche: i primi si ribellarono ai Romani alleandosi con i Cartaginesi, mentre i Greci rimasero fedeli a Roma, la sola potenza che poteva garantire le città italiote contro la minaccia dei nemici.
Tra le città bruzie, le uniche a resistere ai Cartaginesi furono Petelia e Cosenza, ma dovettero capitolare nel 215 dopo undici mesi di assedio. Nel 213-212 Turio e Metaponto si diedero ad Annibale. La prima città greca rimasta fedele a Roma a capitolare fu Locri. A Crotone era contrastata: mentre le classi aristocratiche (optimates) al potere avevano tutto l’interesse a difendere l’alleanza con Roma, le fazioni popolari (plebe) si posero al fianco di Annibale, affiancati dai Brettii che – avendo scontato la loro opposizione ai Romani, attraverso un drastico ridimensionamento del loro ruolo politico, nella speranza di riguadagnare posizioni – si erano alleati con Annibale, diventando uno tra i suoi partners più fedeli e potenti. Crotone fu particolarmente coinvolta nel conflitto, divenendo teatro di diversi episodi.

Dopo l’accordo tra i Locresi ed Annibale, che vedeva estromessi i Brettii dal governo delle città, i Brettii da soli, arruolati ed armati 15mila dei loro giovani si accamparono sotto le mura di Crotone, col disegno di impadronirsi della bella citta achea e del porto.
Ma di fronte alle fortificazioni di Crotone, i Bruzi esitarono poiché l’espugnazione della città sembrava loro un’impresa troppo ardua da senza l’aiuto dei Cartaginesi, mentre temevano che un eventuale arbitrato punico avrebbe potuto determinare una pace onorevole con i Crotoniati con l’esclusione dei Brettii così come era avvenuto per Locri.

L'assedio di Crotone rappresentato in un antico manoscritto francese
L’assedio di Crotone rappresentato in un antico manoscritto francese.
La menzione SPQR sullo stendardo non è corretta poiché la città fu assalita dai Brettii e non dall’esercito romano. Fonte dell’illustrazione: Gallica

Ma l’aristocrazia crotoniate tenne fede ai patti stipulati coi Romani, e nonostante che i Brettii riuscirono a conquistare la parte bassa della città, gli optimates di Crotone si rinserrano a difesa sull’acropoli (arx). Le ben guarnite mura e la particolare natura scoscesa della rocca consigliarono i Brettii a chiedere aiuti ai Cartaginesi. Annone cercò ancora una volta di persuadere gli ottimati a scendere a patti e di accettare una colonia di Brettii nella città ormai scarsamente popolata.
Una siffatta offerta indignò i Crotoniati, i quali vedevano, nell’insediamento di elementi Brettii nella città, la rinunzia alle antiche leggi, ai costumi ed alla lingua greca.

Ancor prima di impegnarsi all’assalto finale, i Brettii decisero di patteggiare direttamente con Annibale la conquista esclusiva della città, chiedendogli assicurazioni sul fatto che, una volta presa, essa sarebbe rimasta nelle loro mani. Ma il grande generale, impegnato in Apulia dagli eserciti romani, evitò però di assumere impegni precisi, rimandando ogni decisione al suo luogotenente Annone, che era sul campo. Ma anch’egli non offrì ai Brettii alcuna garanzia. Questi voleva infatti evitare il saccheggio di «una città così nobile e ricca» da parte dei Brettii e non diede alcuna risposta, nella speranza che i Crotoniati, nel frattempo, si dessero spontaneamente ai Cartaginesi, cosi come avevano fatto i Locresi.

Descrizione urbanistica di Kroton in Livio

Questo passo di Tito Livio è importante sia per la ricostruzione delle vicende storiche della seconda guerra punica, ma anche perchè comprende una breve descrizione urbanistica dell’antica Kroton.

Il circuito delle mura

La città viene descritta come una serie di agglomerati sparsi tra loro lontani, distribuiti in un territorio urbano ormai fatiscente e devastato dalle operazioni belliche di Pirro: «Urbs Croto murum in circuitu patentem duodecim milia passuum habuit ante Pyrrhi in Italiam adventum. Post vastitatem eo bello factam vix pars dimidia habitabatur: flumen, quod medio oppido fluxerat, extra frequentia tectis loca praefluebat».

Livio in effetti descrive una situazione lontana da lui più di due secoli; l’immagine della città frammentata, spopolata, e in definitiva decadente, è tuttavia confermata dai dati archeologici. Gli scavi urbani dimostrano infatti che, dopo un’estrema stagione urbanistica nel IV secolo a.C., la città inizia una lenta e inesorabile contrazione, accelerata dalla conquista da parte di Dionisio I di Siracusa nel 383 e di Agatocle nel 295, seguita poi dall’intervento romano nell’ambito della guerra contro Pirro (pochi anni dopo il 282 le legioni entrano in città), e infine dalle devastazioni della guerra annibalica. Alla fine del III secolo Crotone appare una città stremata, della cui grandezza passata resta solo il ricordo; da allora in poi, fino al XIX sec. d.C., il centro abitato si concentrerà sulla collina del Castello, accuratamente fortificata e protetta2.

L’arx (acropoli)

L’acropoli o arx è un termine (in greco ἀκρόπολις, derivato da ἄκρος “akros”-alto- e da πὸλις “polis”-città-) che originariamente indicava la parte più alta della polis greca. Nella Grecia antica, dove gli abitati erano posti per lo più sopra alture, indicava quella parte della città che veniva costruita per ragioni difensive sulla sommità di un’altura e spesso cinta da mura. Iniziata a diffondersi nell’età del bronzo, la “parte alta” delle città greche, come Atene, Argo, Micene e Tirinto, in età micenea era il luogo di residenza del re, ma col tempo divenne il centro religioso dell’abitato, sede di templi e luoghi di riunione. In alcuni centri l’acropoli, cinta da mura dotate di torri, aveva la funzione di luogo di avvistamento e di rifugio per la popolazione civile3

“Nelle fonti letterarie e epigrafiche akropolis può indicare sia un’altura fortificata priva di insediamento, sia un’altura usata come insediamento. In questa seconda accezione i due termini, akropolis e polis, possono diventare quindi sinonimi, indicando un abitato fortificato costruito su un luogo elevato. In greco, tuttavia, questa accezione secondo la quale polis = akropolis, rara già in età arcaica, scompare in età classica e ellenistica, conservandosi solo in alcune formule legali tradizionali, tanto che in età romana tale uso è attestato solo in senso erudito e arcaizzante((Estratto, da V. Parisi, A. Averna, M. Crisci, R. Perrella, “Una città nella città. Forma e funzione delle acropoli nelle colonie greche d’Occidente: i casi di Cuma, Siracusa, Taranto e Neapolis“, Thiasos 12, 2023, pp. 123-173, al quale si rinvia (p. 123) per una trattazione più esaustiva)).

Nelle colonie occidentali, una diversa geografia fisica rispetto a quella della madrepatria, la possibilità di pianificare gli spazi di città programmate ex novo in risposta a esigenze molto concrete, intrinseche alla natura stessa di un’apoikia e necessarie al suo successo – tra le quali l’ ‘assegnazione dei lotti di terreno, lo sfruttamento delle risorse agrarie e commerciali, la necessità di difesa e controllo stabile del territorio e delle vie di comunicazione terrestri e marittime – determinano scelte insediative e urbanistiche specifiche… La stessa esistenza di un acropoli in senso proprio sembra quasi essere negata nelle poleis d’?’Occidente, tanto che sintetizzando lo sviluppo urbanistico in Magna Grecia si è osservato che “una acropoli vera e propria non si riscontra (…) in nessuna città coloniale”; “le fondazioni coloniali sembrano quasi volutamente negare queste scelte insediative, relegandole a un passato prossimo o lontano” (V. Parisi, 2023, op. cit., p. 123).

“Insieme a Cuma, in Magna Grecia si riconoscono i tratti più tipici delle acropoli nelle colonie di Crotone e di Velia. Tuttavia, per il promontorio del Castello a Crotone non si conservano dati archeologici relativi all’articolazione strutturale dell’area, ma è la sola rilevanza orografica, sostenuta dalle indicazioni delle fonti scritte, a farne ipotizzare la funzione antica (in età greca)”4.

Per Livio l’arx di Kroton, con una parte che si affaccia sul mare e l’altra che guarda verso la campagna, un tempo era dotata solo di difese naturali, ma poi fu anche fortificata con un muro di cinta, in cui si introdusse Dionisio, tiranno di Siracusa, quando conquistò Crotone con l’inganno (Sed arx Crotonis, una parte imminens mari, altera vergente in agrum, situ tantum naturali quondam munita, postea et muro cincta est, qua per aversas rupes ab Dionysio Siciliae tyranno per dolum fuerat capta). Di questo episodio parla anche Diodoro Siculo((Diod. Sic., XXI 4, 1 (traduzione): Agatocle riunì le sue forze navali e salpò per l’Italia, verso Crotone, poiché desiderava assediare la città. Inviò un messaggero a Menedemo, tiranno di Crotone, suo amico, dicendogli falsamente di non allarmarsi perchè stava scortando sua figlia Lanassa con gli onori reali in Epiro per il suo matrimonio” (con Pirro); “e con questo stratagemma colse i Crotoniati alla sprovvista. Quindi investì la città e la cinse di un τείχος da mare a mare, e per mezzo di una catapulta fece crollare in rovina il più grande degli edifici“. “Dopo avere visto ciò, i Crotoniati si spaventarono e aprirono alla porta, accogliendo Agatocle e il suo esercito, che però … saccheggiò le case e uccise gli abitanti maschi“…)) che lascia intendere che la modalità con cui fu realizzata la conquista, fu un assedio navale da mare a mare (dal Lacinio al porto della città), cui seguì la costruzione di un τείχος (muro verticale) sul lato interno, una precauzione che doveva impedire che Crotone potesse ricevere soccorsi dai Brettii con i quali Menedemo aveva stipulato degli accordi((Giovanna De Sensi – Cartagine e la Magna Grecia da Agatocle a Pirro (2015), p. 18)). L’azione sembra poi diretta verso l’arx aggredita con attrezzature d’assedio. La descrizione di Livio si riferisce ad un momento in cui le grandi mura di Kroton erano certo ancora visibili, ma la maggior parte della grande città era ormai abbandonata e ridotta a campagna, ma dominata ancora dall’acropoli.

L’ipotesi di C.Sabbione((Claudio Sabbione – Attività della Soprintendenza Archeologica della Calabria (1976), pp. 898-899)) di collocare l’Acropoli di Kroton sul colle di Santa Lucia è da rivedere, in quanto qui si colloca una piazzaforte militare, fin dal VI sec. a. C., a difesa del settore meridionale della città.
L’acropoli krotoniate, senza dubbio e nonostante la scarsità di reperti archeologici, era collocata sulla collina ora occupata dalla città murata medievale e dal castello Carlo V.

La localizzazione dell’arx greca presso la collina del castello Carlo V sembra avere trovato per la prima volta conferma durante una serie di indagini, finalizzate al restauro del castello, promosse tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90 dall’Amministrazione Comunale in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Calabria. Nel muro di fortificazione che collega la torre Comandante con la torre Aiutante, affacciato sul fossato, è stata infatti messa in luce la cresta di un muro ad emplecton caratterizzato da una doppia cortina di blocchi, inglobato nella muratura cinquecentesca che attraversa trasversalmente. Sappiamo che l’uso del muro ad emplecton con muretti trasversali si generalizza durante il IV secolo a.C. e ciò concorda con la notizia, riportata da Livio, che l’ arx, «situ tantum naturali quondam munita», fu cinta da mura («postea et muro cincta est qua per aversas rupes»).

In definitiva, se lo studio comparato delle fonti storiche e delle testimonianze archeologiche definiscono la presenza di una cinta muraria intorno all’arx krotoniate, resta incerta la definizione del possibile percorso di tali ipotetiche mura5.

Pochi sono gli studi moderni sull’acropoli fortificata della città greca; tale disinteresse deriva forse dal passo di Procopio di Cesarea, a proposito della Guerra Gotica (III, 28, 6) che descrive 547-548 la città come priva di fortificazioni e non in grado di fornire approvvigionamenti per i soldati. Invece al tempo della 2a Guerra Punica, è lo stesso Livio che parlando nuovamente dell’arx nel passaggio successivo (Eatum arce satis ut videbatur tuta Crotoniatum optimates tenebant se circumsedente cum Bruttiis eos etiam plebe sua. Postremo Bruttii, cum suis viribus inexpugnabilem viderent arcem, coacti necessitate Hannonis auxilium implorant), lo descrive come un presidio inespugnabile, in cui i nobili crotoniati si rifugiano dopo il fallimento delle difesa da parte delle mura cittadine((M.Mungari, op. cit. p. 135)). In età imperiale e tardo-antica evidentemente non venne ritenuto utile mantenere le fortificazioni per la colonia romana di Croto. Un’esigenza che, invece, si manifesta al tempo di Belisario, quando il porto di Crotone riacquisisce importanza militare per l’impero: se nella campagna invernale del 547-548 era priva di difese, nel 552 deve essere stata già fortificata, forse utilizzando elementi di fortificazione precedenti poichè sostiene l’assedio dei Goti; ciò è espressione della volontà dell’impero di presidiare i centri costieri, che si inscrive nell’ambito della vasta opera di ristrutturazione e consolidamento di un limes marittimo sullo Ionio.

La collina del castello ha mantenuto anche nei secoli successivi la vocazione di essere la rocca fortificata della città; le prime fortificazioni chiaramente note risalgono all’alto medioevo, oggi inglobate nel castello aragonese, potenziate in età normanna e poi sotto la dominazione spagnola. Ancora nel XIX secolo la collinetta, occupata dal mastio aragonese che domina il porto e l’entroterra, ospitava due caserme con una guarnigione militare stabile. La sua vocazione all’arroccamento difensivo è del resto evidente: il fronte
ripido verso la spiaggia (imminens mari) permette di controllare un vasto tratto di costa, compresa l’insenatura del porto e la foce dell’Esaro, rimanendo comunque in posizione protetta, mentre il lato rivolto verso l’interno è più dolce, facilmente collegabile alla campagna((M.Mungari, op. cit. p. 135)).

Del resto, nelle più tarde fonti di età imperiale Croto appare sempre come una cittadella ben fortificata e posta su un’altura ben rilevata, visibile da lontano. In questa chiave va letto il celebre passo di Petronio (Satyricon, fr. 116) «Impositum arce sublimi oppidum cernimus». Una città posta in alto, e quindi ben visibile da lontano. In questi termini, si potrebbe dedurre semplicemente che le fortificazioni note a Livio fossero ormai in rovina, se non completamente scomparse, ai tempi di Belisario((M.Mungari, op. cit. p. 135)). La descrizione del declino della città di Crotone in età romana è attestata in diversi testi latini: in particolare6: – Cicerone – Rhetorica – De Inventione – Liber Secundus – 1: Crotoniatae quondam, cum florerent omnibus copiis et in Italia cum primis beati numerarentur, templum Iunonis, quod religiosissime colebant, egregiis picturis locupletare voluerunt. Grandezza e decadenza sono messe in luce anche in altro passo di Tito Livio (XXIII 30,6): Bruttiorum exercitus Crotonem, Graecam urbem, circumsedit, opulentam quondam armis virisque, tum iam adeo multis magnisque cladibus adflictam ut omnis aetatis minus duo milia civium superessent.

Riguardo all’evoluzione – in particolare in età moderna – dell’ “acropoli greca, poi rocca romana , su cui si sviluppò la città murata medievale e la fortezza moderna” vedere “Paesaggi crotonesi: Il monte “sublime” della Capperina di Andrea Pesavento in Archivio Storico Crotone.

  1. Sulla colonna d’oro e sull’ara miracolosa vedere gli approfondimenti in “Il Santuario di Hera Lacinia []
  2. Mirco Mungari – L’Arx fortificata di Croto (2007) []
  3. Rif. Acropoli in Enciclopedia Treccani []
  4. V. Parisi, 2023, op. cit., p. 128 []
  5. vedere a tal proposito la nota 12 alle pp. 135-136 in M.Mungari, op. cit. e la pubblicazione di Chiara Raimondo e Alfredo Ruga – Note su Crotone tra IV e VII secolo (2010) []
  6. Caterina Livi, “Petronio lettore di Trogo?“, 2021 []