Le arule nella Crotoniatide

In mancanza di pubblicazioni più esaustive sull’argomento, proponiamo alcuni esempi di arule provenienti dal territorio. Alcune sono state reperite dal web, altre provengono dalle pubblicazioni presenti nella Biblioteca Digitale del GAK.

Introduzione

Per ARULE (latino arulae, diminutivo di ara, ossia “altare”) si intendono delle piccole are votive 1, costituite da un blocco di terracotta (o di marmo in età romana) con decorazione a rilievo sui lati, che potevano essere utilizzate nei contesti domestici, o comunque attinenti alla sfera privata dei suoi fruitori, una manifestazione di una “religiosità che riguarda in modo preminente la sfera più intima dell’individuo”, spesso con funzione di incensiere o bruciaprofumi, legate alle esigenze cultuali da inserire nel più vasto ambito della religiosità greca e romana2.

Venivano utilizzate in vari contesti: abitazioni, luoghi sacri e necropoli in quelle situazioni cioè dove non era necessario o non era possibile l’uso del grande altare che poteva trovarsi solo nei santuari. Le arule sono ampiamente attestate in Magna Grecia e Sicilia, peculiari dell’artigianato sviluppato in queste regioni poichè pochissimi sono infatti gli esemplari noti in Grecia. A fronte di almeno 750 arule censite come provenienti dalla Sicilia e dall’Italia sembra potersi affermare il carattere originale, ed in un certo senso esclusivo, di questi manufatti, sia per ciò che riguarda la forma sia per il tipo di decorazione, nel contesto magno-greco e siceliota3. Per quanto riguarda l’interrogativo sulla funzione delle arule, decisiva è apparsa la relazione l’oggetto con il luogo di ritrovamento: gli studi comparativi evidenziano “per l’intero corpus di arule dell’Italia meridionale e della Sicilia, una massiccia provenienza dagli abitati; meno abbondanti sono quelle provenienti dalle aree sacre, ed in particolare da depositi votivi; infine un numero esiguo proviene da necropoli”4.

Sono principalmente fittili, cioè di terracotta, e del tipo mobile, di forma parallelepipeda o talvolta circolare e cave all’interno. Le dimensioni spesso molto ridotte escludono un utilizzo per sacrifici cruenti, mentre è più probabile che aggliessero raffigurazioni di divinità come quelle femminili in trono o altre immagini sacre, nonché libagioni, offerte di primizie e profumi.

Se talune di esse, prevalentemente in Sicilia da Selinunte e Himera, non reca alcuna decorazione, la maggior parte delle arule note presenta invece una decorazione a rilievo, ο dipinta, con notevole ricchezza di motivi e di rappresentazioni figurate. Fra queste, un nucleo abbastanza significativo è costituito da raffigurazioni di zoomachie ο esseri fantastici. Seguono, in buon numero, quelle decorate con soggetti mitologici5

Dall’Italia meridionale proviene un gruppo di arule, datate alla prima metà del VI sec. a.C, che per tecnica e decorazione esula da tutto il resto del corpus delle arule note. Esse sono caratterizzate, infatti, da un rilievo molto basso, a registri allungati, realizzati con matrici cilindriche, decorazioni che ricorrono anche su perìrrhanteria e louteria e sugli orli di grandi pithoi edeinoi. Queste arulie mostrano sui diversi registri, spirali ricorrenti ο linguette ο fiori di loto e palmette, alcune volte alternati a figure di Gorgoni in corsa inginocchiata, ο il motivo della biga in corsa (vedere più avanti l’esemplare da Crotone).

Le raffigurazioni esibite sulle arule non rappresentano solo elementi estetici, ma rimandano ad un patrimonio comune di immagini pertinenti alla sfera della mitologia greca, qualunque sia il soggetto rappresentato, essere fantastico, zoomachia ο evento mitologico.

Le arule della Crotoniatide

Rare sono le arule fisse, come quella in calcarenite nota da via Tedeschi a Crotone, a cui occorre aggiungere le arule cilindriche, come l’esemplare dalla casa 2 di via Telesio, sempre a Crotone, asportato già in antico 6.

Sempre da Crotone provengono numerosi esemplari arcaici, ma spesso decontestualizzati e reimpiegati nelle fasi ellenistiche dell’abitato, mentre un caso particolare è dato dalla casa 1 di via Telesio, in cui un’arula arcaica e un louterion della metà del V sec. a.C. sono stati rinvenuto in un costesto sotto gli strati di crollo: la posizione sotto gli strati di crollo ne indica una continuità d’uso protratta nel tempo e una funzione sacra tramandata di generazione in generazione. Tuttavia, si riconosce un’evoluzione delle tipologie, con arule a rilievo principalmente utilizzate in età arcaica, a cui si sostituiscono tipi più semplici in età classica ed ellenistica, così come una differenziazione delle delle funzioni, con i tipi a tetto piano per le offerte alimentari e quelli con depressioni sulla superficie per bruciari i profumi offerti alle divinità. Quando alla disposizione, esse ricorrono nella maggior parte dei casi nei cortili, che si confermano anche a Crotone lo spazio privilegiato per l’espletamento dei rituali domestici7.

La comunità crotoniate di età arcaica sviluppò una sua produzione di oggetti in terracotta che venivano decorati con scene figurate a basso rilievo.

Passiamo ora ad esaminare alcune arule rinvenute nel territorio della crotoniatide.

Vari altri frammenti sono stati rinvenuti durante lo scavo 2009 nel quartiere settentrionale (Marino, Corrado, Cristiano, Mittica 2010)

Arula in terracotta raffigurante scena di lotta tra Eroti.

Gli Eroti o Erotes (Ἒρωτες), adattati in lingua italiana anche come Amori o Amorini, sono un insieme di figure collettivamente associate all’amore divino e alla sessualità, presenti all’interno della poesia e della letteratura e dell’arte classica ed ellenistica fondate sulla mitologia e sulla religione greca. Erotes (eroti) è il plurale di Eros (Ἔρως), questo il dio e la potenza divina del desiderio sessuale, e dell’amore divino a cui appartiene una ricca letteratura mitologica e teologica. Gli Eroti, spesso raffigurati nella forma di fanciulli alati, divengono motivo costante dell’arte ellenistica, ma possono anche apparire spesso nell’arte romana in forma di Erotes, Cupido o di Amorini. (Testo estratto da Wikipedia)


Arula in terracotta di Altilia (Santa Severina)

Proveniente dalle Serre di Altilia. Grande arula IV sec. a.C. decorata sui quattro lati dalla lotta simbolica di Eros e Anteros. Conservata presso il Museo del Castello di Santa Severina. (A. Ruga, Espressioni di eusèbeia domestica a Crotone, Atti Convegno Internazionale, Firenze University Press 2010, p. 212 e n. 12).

Se il Dio dell’amore Eros è ben conosciuto, diciamo qualcosa in più su Anteros. Nelle religioni dell’antica Grecia, Anteros (in greco antico: Ἀντέρως, Antérōs) è il figlio di Ares e di Afrodite. È il Dio dell’amore corrisposto oppure dell’amore non corrisposto e quindi “vendicativo”. Anteros è fratello di Eros, i due erano inseparabili; secondo una leggenda un giorno Afrodite si lamentò con la Dea Temi del fatto che il piccolo Eros non crescesse, così la saggia Temi le rispose che Eros non sarebbe mai cresciuto finché non avesse avuto l’amore di un fratello. Afrodite si unì ad Ares e generò Anteros e da quel momento i due fratelli crebbero insieme, ma ogni qualvolta Anteros si allontanava da Eros, quest’ultimo ritornava bambino. Questo tenero e pedagogico racconto insegna che l’amore (Eros) per crescere ha bisogno di essere corrisposto (Anteros). (Testo da Wikipedia)

L’arula è stata recuperata presso le Serre d’Altilia di Santa Severina dal Gruppo Archeologico Krotoniate negli anni ’70, non con un recupero diretto, ma indiretto insieme ad altri reperti provenienti da scavi clandestini.

Nell’area delle Serre sono inoltre noti rinvenimenti di materiali coroplastici (tra cui il “treno posteriore di un animale, probabilmente un vitello o un porcellino” proveniente dal settore sud-ovest del pianoro), di ceramiche figurate di produzione italiota, di monete di zecca brettia e di alcune arule tra cui quella recuperata dal GAK, che trova con confronti con un esemplare rinvenuto a Crotone negli scavi di via Tedeschi (Medaglia, 2010, p. 196).


Arula con Eracle e Iolao

La forza e l’astuzia del mitico Eracle aiutato dal fido Iolao riusciranno a sconfiggere la temibile idra di Lerna! Uniti ce la si fa! Arula in terracotta con decorazione figurata in rilievo, VI secolo a.C. (Foto e testo da pagina Facebook del Museo archeologico nazionale di Crotone).

Iolao (in greco antico: Ἰόλαος, Iólāos) è un personaggio della mitologia greca. Fu nipote ed amico di Eracle. A sedici anni ebbe in sposa Megara (trentatreenne ex moglie di Eracle) che gli diede la figlia Leipefilene.
Iolao era spesso l’auriga ed accompagnatore di Eracle, e qualche volta gli autori (Plutarco, Euripide) si riferiscono a lui come all’amato pederastico (eromenos) di Eracle e di altri personaggi mitologici, come Ione o Asclepio. La propensione di Iolao a concedersi ad amori maschili nel mito, lo rese inadatto ad uno sviluppo letterario.
Quando Eracle si trovò in difficoltà nell’uccisione dell’Idra di Lerna, che rigenerava delle sue nove teste man mano che venivano tagliate, Iolao gli permise di portare a termine l’impresa cauterizzando col fuoco ogni collo, non appena Eracle ne mozzava la testa.


Frammento di Arula con corsa di corsa di carri dagli scavi dell’area «Gravina» (VI sec. a.C.)

Esposta nel Museo Archeologico Nazionale di Crotone, questo frammento di arula fittile di squisita fattura testimonia dello splendore raggiunto dalla città di Kroton tra VI e V secolo a.C.

Le corse di carri hanno radici antiche, risalenti probabilmente all’epoca micenea. Il primo riferimento scritto a una corsa di carri si trova nell’Iliade di Omero, dove viene descritta una competizione durante i funerali di Patroclo12. Le prime corse di carri furono introdotte nel programma delle olimpiadi nel 680 a.C., ed era una delle discipline più seguite dell’epoca. Si dice anche che sia stata una corsa dei carri l’evento che diede inizio ai Giochi olimpici; secondo una leggenda il re Enomao sfidò i pretendenti alla mano di sua figlia Ippodamia ad una corsa con i carri, nella quale fu sconfitto da Pelope che, per celebrare la propria vittoria, inventò i giochi (Foto da Bella Crotone; testo sintetizzato da Wikipedia).

Nel frammento di arula il motivo della biga in corsa, sia i cavalli in pieno slancio sia il carro con ruote a sei raggi, sia l’auriga curvo in avanti per assecondare il rapido movimento, sono rappresentati in modo molto fluido e preciso; Dallo studio stilistico i limiti cronologici complessivi sembrano porsi tra la seconda metà del VII e la metà del VI sec. a.C. (C. Sabbione – L’artigianato artistico – in Crotone, atti del XXIII Convegno Studi sulla Magna Grecia, 1983, p. 266].

Arula dalla Necropoli di Carrara

Crotone, Museo Archeologico Nazionale (Archaeological Museum)
(Photo by DeAgostini/Getty Images)

Decorazioni di Arule con motivi a spirali

Frammento di sostegno di arula con decorazione a rilievo di fabbrica locale. Proveniente dall’Area industriale di Crotone. Fonte: P.G. Guzzo, G.Iaculli – Archeologia a Crotone (1977).

Frammento di arula in terracotta di produzione crotoniate (prima metà del VI secolo a.C.) proveniente dal del santuario di Vigna Nuova. Ornata mediante l’impiego di matrici a cilindretto con una decorazione, su più registri, composta da motivi a linguette dai bordi raddoppiati e da spirali continue.
Fonte: Salvatore Medaglia – Crotone. Il santuario di Vigna Nuova (2018)

Il motivo a spirale è presente anche in un gruppo di arule arcaiche esposte nel Museo di Crotone, ma provenienti dal comune di San Lorenzo del Vallo, facenti originariamente della collezione privata del marchese A. Lucifero 8. L’analisi dei motivi decorativi consente di collocarle entro il primo trentennio del VI secolo a.C.. presumibilmente fra 590 e 570 a.C. 9. Su queste arule provenienti da San Lorenzo del Vallo regna però l’indeterminatezza e la frammentarietà delle notizie sulla effettiva provenienza dei materiali, cui si aggiungono altre considerazioni di carattere archeologico, che avrebbero dovuto indurre quanto meno alla cautela nell’accettare ed utilizzare il dato della provenienza delle arule da S. Lorenzo del Vallo. In primo luogo pare piuttosto singolare il rinvenimento in un sito privo di ulteriori riferimenti nella bibliografia archeologica, di ben dieci frammenti di oggetti di notevole pregio, se consideriamo il numero di esemplari non eccezionalmente elevato restituito da Crotone e soprattutto da Sibari, considerato il centro di produzione di questi manufatti. D’altra parte, non risulta attestata la presenza di un esteso ed importante abitato greco a S. Lorenzo del Vallo. Inoltre il rinvenimento nel 1993, nel riempimento ottocentesco di uno dei torrioni del Castello Aragonese di Crotone, insieme ad altri materiali antichi, di un frammento di arula conservato nel Museo di Crotone. ripropone infine, con assoluta evidenza, l’esigenza di riferire proprio a Crotone la produzione e la provenienza delle arule della Collezione Lucifero. Questo è supportato sia sa similitudini decorative che nel tipo di argilla. In conclusione, afferma L.Rocca che per “le arule della collezione Lucifero, gli elementi archeologici e topografici che tendono a privare di consistenza l’attribuzione del rinvenimento a S. Lorenzo del Vallo, e, soprattutto, il rinvenimento a Crotone di un perfetto pendant con i monumenti esaminati, inducono dunque a ricollocare le arule, evidentemente parte di un rinvenimento ef-
fettuato in un’area dell’abitato arcaico di Crotone che il proprietario della collezione non intendeva pubblicizzare, nel loro giusto contesto e di ritenerle una ulteriore testimonianza dell’artigianato artistico crotoniate di età arcaica
“.

Note

  1. approssimativamente tra 50/60-30/45 cm di lunghezza e 30-15/20 cm di altezza; rif. O. Belvedere “Tipologia e analisi delle arule imeresi”, in Secondo Quaderno Imerese, Roma, p. 1982 pp. 61-113[]
  2. Anna Calderone. “Il mito greco e le arule siceliote di VI-V sec. A.C.“. In: Le mythe grec dans l’Italie antique. Fonction et image. Actes du colloque international organisé par l’École française de Rome, l’Istituto italiano per gli studi filosofìci (Naples) et l’UMR 126 du CNRS (Archéologies d’Orient et d’Occident), Rome, 14-16 novembre 1996. Rome : École Française de Rome, 1999. pp. 163-204.[]
  3. Anna Calderone. op. cit., p. 166 e nota 1. []
  4. Anna Calderone. op. cit., p. 167[]
  5. Anna Calderone. op. cit., p. 171[]
  6. A. Ruga, “Espressioni di eusèbeia domestica a Crotone”, in Caulonia tra Crotone e Locri, 2010, pp. 209-226.[]
  7. Daniela Costanzo – Spazi e rituali negli abitati di Magna Grecia e Sicilia, in “Oikos, la casa in Magna Grecia e Sicilia”, 2018, pp. 150-151[]
  8. Gennaro Pesce, Due monumenti arcaici del Museo di Crotone. In Bollettino d’arte, Anno 29, ser. 3, n. 5, 1935[]
  9. Luigi La Rocca, Su un gruppo di arule nel Museo Archeologico di Crotone, Prospettiva, No. 85 (Gennaio 1997), pp. 39-45[]