Sommario
Rif. Testo e foto da pubblicazione di Margherita Corrado
Nel 1997, dopo la demolizione di un caseggiato sito tra Corso Vittorio Emanuele e Vico Cammariere distrutto da un bombardamento nel 1942, è stato messo in luce l’elevato superstite di un breve tratto della cinta muraria costruita alla metà del sesto secolo d.C. (547-552).
Il sito in vista strada (Google Street View)
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La cortina fu realizzata per difendere Crotone dagli assalti dei Goti nella fase finale della guerra greco-gotica che per circa vent’anni (535-553) contesero il controllo dell’Italia all’Impero Romano d’Oriente, allora guidato dall’imperatore Giustiniano I. Mentre nel 547 la città era priva di strutture di difesa; nel 552 si ritiene, invece, che la costruzione delle mura fosse già avvenuta dato che le truppe bizantine vi resistettero per vari mesi all’assedio dei Goti del re Totila, come riferisce lo storico Procopio (C. goth. III, 28; IV, 25) (vedere l’approfondimento in “Crotone durante la Guerra Greco-Gotica“) .
Durante la guerra greco-gotica una delle tattiche di Totila era la sistematica demolizione del sistema delle mura delle città espugnate in modo da togliere alle armate bizantine la possibilità di fare uso dei centri fortificati, mentre il generale bizantino Belisario non si avventurava nell’interno della penisola, preferendosi spostarsi solo per via marittima. Per Crotone questo non avvenne, la città ed il suo porto rimasero sotto il controllo bizantino anche grazie alla nuova cortina.
La realizzazione d’urgenza delle mura durante la guerra, trovò probabilmente un ampliamento e completamento negli anni successivi, pochè la fortificazione delle città nel VI secolo, rappresenta un elemento distintivo dell’imperatore Giustiniano I (527-565). Egli diede un impulso alla costruzione di nuove cinte murarie e al restauro di quelle nuove.
Nel seguito le mura definiranno la sequenza insediativa del settore del centro storico alto-medioevale di Crotone caratterizzato dalla presenza dei resti attribuiti al circuito murario del kastron (cittadella fortificata) bizantino, inglobato tra età moderna e contemporanea all’interno del tessuto abitativo della città, come definito da Scavi archeologici condotti dalla Soprintendenza Archeologia della Calabria. Il kastron, sede del vescovo e dell’amministrazione pubblica, veniva edificato per proteggere abitanti e rappresentanti del potere ma anche per le popolazioni rurali che vi si rifugiavano in caso di pericolo; esso racchiudeva al suo interno abitazioni, chiese e aree cimiteriali.
Descrizione e tecnica costruttiva
La parte meglio conservata della struttura è il paramento sud, che dà su Corso Vittorio Emanuele e misura in lunghezza circa undici metri (fig. 2).
L’alzato a vista consiste in tre corsi orizzontali e paralleli di blocchi parallelepipedi di taglia abbastanza omogenea (lungh. cm 110/ 126; altezza cm 45/55; spessore cm 20/30), affiancati gli uni agli altri su potenti letti di malta bianca. Negli interstizi sono inzeppati frammenti di laterizi annegati nello stesso legante.
I conci, tagliati nella tipica calcarenite del Marchesato, provengono tutti dalla spoliazione dei ruderi di edifici di età greca o forse delle stesse mura difensive di Kroton, in disuso già dal terzo secolo a.C.
Alto pressappoco un metro e mezzo, detto paramento è sormontato, ad ovest, da brandelli di apparecchiature murarie più recenti, di spessore ridotto e fattura molto rozza. Tarda era anche la chiusura, poi demolita, del passaggio (fig. 5) creato in un’epoca imprecisata ma quando lo spessore della struttura era già stato ridotto a circa due metri (fig. 6): metà della larghezza originaria, pari a ben quattro metri.
Sulla parte rasata poggia, del resto, all’estremità orientale del versante nord, un muro dalla tessitura irregolare, che affianca materiali di spoglio diversi per natura, forma e dimensioni, legati con malta poco tenace (fig. 7), per il quale è ugualmente plausibile una datazione all’alto Medioevo ma senz’altro successiva all’età giustinianea.
Sul versante opposto, lo scavo di un saggio ha consentito di trovare tracce della parte demolita e rasata della cortina, compresa la facciavista nord, rivolta verso l’abitato, anch’essa con tessitura pseudo-isodoma (fig. 8).
La poderosa cinta muraria fu dunque realizzata con una tecnica di tradizione romana: comprimendo, cioè, un involucro cementizio (che affogava pietra me e spezzoni di laterizi in malta abbondante) tra due paramenti in blocchi di spoglio, questi ultimi di sposti alternativamente per testa e per taglio, non senza deroghe, allo scopo di ancorarsi meglio al nucleo interno.
Per altre informazioni:
http://www.comune.crotone.it/i-siti-valorizzati/mura-bizantine