(Nell’immagine di copertina figure maschili dipinte su un cratere a colonna in terracotta, attribuito al pittore Marlay, circa 430 a.C. In mostra al Met Museum)
Cos’e l’himation ?
L’himation (in greco antico: ἱμάτιον) era un capo di abbigliamento, realizzato con un telo rettangolare, drappeggiato sulla spalla sinistra, in uso dell’antica Grecia (dal periodo arcaico fino all’età ellenistica: 750-30 a.C. circa)1, che inizialmente veniva indossato dagli uomini sul chitone svolgendo il ruolo di un mantello; in seguito fu utilizzato da solo, svolgendo quindi le funzioni di chitone e di mantello; venne così introdotto il termine “achiton” (ἀχίτων) per indicare chi indossava solo l’himation. Si portava sopra una spalla, ma, a differenza della clamide, non richiedeva di essere fissato tramite una fibula. Era indossato anche dalle donne, che lo portavano diagonalmente su una spalla insieme al chitone, anche come velo in presenza di estranei 2 3. L’himation era decisamente meno voluminoso della toga romana.
Attraverso diverse decorazioni, ceramiche e statue, si sa che l’himation era tipicamente fatto di lana e lino, solitamente di colore bianco. La produzione dell’himation era considerata un lavoro femminile realizzata in casa attraverso la filatura della lana o del lino in un grande pezzo di tessuto rettangolare, ma esistevano anche tessitori (ricamatori) e tintori professionisti in grado di ricamare o decorare i tessuti con colori accattivanti e motivi molto complessi 4.
L’himation era forse l’indumento più popolare indossato nell’antica Grecia, con molti stili diversi. Inoltre “serviva come importante mezzo di comunicazione non verbale; un himation ben sistemato trasmetteva uno status d’élite“. Non solo la gente comune dell’antica società greca indossava l’himation, ma anche le figure più divine della storia della Grecia antica (Atena, Dioniso, ecc.), a dimostrazione di quanto fosse popolare questo indumento.
Purtroppo, tra i molti materiali effimeri i cui resti non sono giunti fino a noi, i tessili costituiscono sicuramente una delle perdite più gravose. La sua entità assume proporzioni impressionanti se si riflette sulla pervasività dei tessuti nel mondo antico.
L’Himation di Alcistene
Nella seconda metà del VI sec. a.C., il sibarita Alcistene (o Alcimene, a seconda delle fonti) dedicò allo Heraion crotoniate di Capo Lacinio uno himation destinato a divenire celeberrimo, una rarità per questo tipo indumento molto diffuso, ma di cui le fonti parlano poco.
Il sontuoso “mantello del sibarita Alcistene” era una veste di porpora, variamente istoriata e arricchita da pietre preziose. Dopo essere stato indossato dal suo proprietario durante le feste in onore della dea Hera dei Crotoniati (πανηγύρει τῆς Ἥρας), occasione di ritrovo per tutti i greci d’Italia (Ἰταλιῶται), Alcistene lo aveva dedicato alla Dea. Il prezioso mantello entrò così a far parte del tesoro del santuario, e da allora esso era stato ripetutamente mostrato durante la festa annuale, guadagnandosi una tale fama da parlarne ancora adesso 5.
La ricchezza degli abiti dei Sibariti fa ovviamente parte della leggenda sulla loro proverbiale tryphé. Sempre a proposito di tessili, le fonti ricordano che le donne di Sibari erano invitate con un anno di anticipo alle feste religiose, per avere il tempo necessario a preparare le vesti e gli ornamenti.
Secondo la descrizione dei Mirabilia aristotelici, il mantello era di porpora (ἁλουργές), come molti degli abiti dedicati all’Artemide brauronia, misurava 15 cubiti di lunghezza (oltre 6,5 m.) ed era decorato su entrambi i lati con ζῴδια ἐνυφασμένα, ovvero con piccole figure intessute, che rappresentavano Susa e i Persiani (o Persepoli, a seconda delle interpretazioni), una lunga serie di divinità (Zeus, Hera, Themis, Atena, Apollo, Afrodite), Sibari e lo stesso Alcistene, per ben due volte. Le figure erano inoltre impreziosiste dall’uso di perle e di pietre pregiate. Il verbo ἐνυφαίνω, applicato ad un tessile decorato con un programma figurativo di una tale complessità, allude quasi sicuramente alla tecnica dell’arazzo6.
Fonte principale: Pseudo-Aristotele, De mirabilibus auscultationibus, 96.
Ἀλκιμένει τῷ Συβαρίτῃ φασὶ κατασκευασθῆναι ἱμάτιον τοιοῦτον τῇ πολυτελείᾳ, ὥστε προτίθεσθαι αὐτὸ ἐπὶ Λακινίῳ τῇ πανηγύρει τῆς Ἥρας, εἰς ἣν συμπορεύονται πάντες Ἰταλιῶται, τῶν τε δεικνυμένων μάλιστα πάντων ἐκεῖνο θαυμάζεσθαι· οὗ φασὶ κυριεύσαντα Διονύσιον τὸν πρεσβύτερον ἀποδόσθαι Καρχηδονίοις ἑκατὸν καὶ εἴκοσι ταλάντων. ἦν δ’ αὐτὸ μὲν ἁλουργές, τῷ δὲ μεγέθει πεντεκαιδεκάπηχυ, ἑκατέρωθεν δὲ διείληπτο ζῳδίοις ἐνυφασμένοις, ἄνωθεν μὲν Σούσοις, κάτωθεν δὲ Πέρσαις· ἀνὰ μέσον δὲ ἦν Ζεύς, Ἥρα, Θέμις, Ἀθηνᾶ, Ἀπόλλων, Ἀφροδίτη. παρὰ δ’ ἑκάτερον πέρας Ἀλκιμένης ἦν, ἑκατέρωθεν δὲ Σύβαρις.
Si dice che per Alcimene, il Sibarita, sia stato confezionato un mantello così costoso da essere esibito a Lacinio in occasione della festa di Hera, a cui tutti gli Italioti accorrono, e da essere ammirato più di ogni altra cosa esposta; si dice che Dionigi il Vecchio lo abbia acquistato e venduto ai Cartaginesi per centoventi talenti. Era di porpora, grande quindici cubi, e su ogni lato era ornato da figure ricamate, di Susa sopra e dei Persiani sotto; al centro c’erano Zeus, Era, Themis, Atena, Apollo e Afrodite. A un’estremità si trovava Alcimene e ai lati Sibari.
Anche Ateneo (XII 541 a-b) lo cita assieme a Polemone (fr. 85 Müller); Chiliades di Giovanni Tzetzes (I 812-820) 7.
Heurgon ipotizza che Alcistene abbia ordinato la lavorazione dello splendido mantello intorno al 513-512, cioè prima della caduta di Sibari e dopo la fondazione di Persepoli, che è la città riprodotta insieme a Susa sul mantello. Sempre secondo lo studioso, esso sarebbe stato importato a Sibari da Mileto 8. Lo sfarzoso mantello del ricco sibarita Alcistene, oltre a rappresentare un indizio significativo dei rapporti di Sibari con l’Oriente, costituisce anche un esempio importante dei prodotti rari e preziosi che arrivavano a Sibari grazie alla sua attività mercantile9.
Presso il Santuario di Hera Lacinia, molto tempo dopo, lo ritrovò Dionisio il Vecchio10, presumibilmente dopo che ebbe conquistato Crotone nel 378 a.C.11, che occupò per i 12 anni successivi12. A dispetto della passione che, secondo la tradizione, il tiranno nutriva per i tessuti preziosi, Dionisio lo vendette ai Cartaginesi per la ragguardevole cifra di 120 talenti, ovvero 720.000 dracme, forse come un risarcimento di guerra13.
“La cifra di 120 talenti ha dell’incredibile. Già enorme se confrontata, per esempio, con la dracma percepita giornalmente da un lavoratore impiegato nel cantiere dell’Eretteo qualche decennio prima, diventa assolutamente strabiliante se paragonata con cifre tratte dai bilanci pubblici della polis. Essa equivale, infatti, a poco meno di un quarto di quanto Atene riceveva come tributo dagli alleati della Lega delio-attica all’epoca della sua fondazione, ovvero a un decimo esatto delle entrate annuali dell’Atene licurghea“14.
Sulla datazione dell’himation
Il fatto che lo himation fosse ancora conservato intorno al 380 a.C., quando Dionisio I di Siracusa saccheggiò il Capo Lacinio ha indotto alcuni a ritenere che la dedica non potesse risalire ai tempi dell’apogeo di Sibari, prima cioè della distruzione del 510 a.C. Alcistene sarebbe stato un membro della comunità esule di Sibariti, che, come noto, tentò ripetutamente di rifondare la città, fino al 444/3 a.C. e alla nascita di Turi.
Tuttavia, rimane la più plausibile e prevalente l’ipotesi più arcaica. La ricchezza degli abiti dei Sibariti era parte integrate della leggenda concernente la loro tryphé15 e trova una conferma significativa nella cura con cui le donne di Sibari preparavano il loro abbigliamento per le feste. Di contro, il fatto che il mantello sia sopravvissuto per oltre un secolo non costituisce una reale difficoltà.
È evidente che Alcistene era considerato un campione del lusso sibaritico, al pari del suo più noto connazionale Smindiride16, pretendente alla mano di Agariste di Sicione nel tardo VI sec. a.C., che, non a caso, Ateneo menziona subito dopo Alcistene nella sua lunga rassegna sulla tryphé. Tale cronologia sembra ora rafforzarsi considerevolmente alla luce di una tabella bronzea rinvenuta a Olimpia, che attesta come prosseno degli Elei nella seconda metà del VI sec. un individuo che porta il nome raro di Alcistene che potrebbe essere un sibarita 17.
Dettagli simbolici
La descrizione delle rappresentazioni sull’himation evidenzierebbe il rapporto stretto tra il mondo persiano e Sibari, che infatti compare nella raffigurazione assieme a Susa e Persepoli18. È altrettanto evidente che in questo rapporto Alcistene doveva assolvere un ruolo di primo piano, tanto più perché egli stesso era raffigurato sul mantello sullo stesso piano di Sibari. C’è qui ancora un’altra implicazione poiché l’iconografia di quel periodo era anonima sia per gli esseri mortali come anche per lo spazio urbano, mentre sul mantello evano identificabili le 2 capitali persiane che lo stesso Alcistene. La scelta di due delle capitali persiane non pare casuale: Susa è la città più antica e più rappresentativa del potere, mentre Persepoli è quella di più recente fondazione e voluta da Dario. Entrambe paiono dunque rappresentative per le capitali dell’impero, e la presenza di Persepoli un omaggio significativo a Dario19.
Ma per gli studiosi dell’inizio del XX secolo le traduzioni che identificano i nomi delle 2 città non sono del tutto convincenti. Mentre le indicazioni relative al colore, alle dimensioni e alla decorazione della zona intermedia non presentano difficoltà, risulta arduo ricostruire, con il testo generalmente accettato, l’ornamentazione delle zone inferiore e superiore. Se l’unica traduzione possibile è: «Da entrambi i lati era ornato da figure tessute; in alto la città di Susa, in basso i Persiani» però né nei tessuti noti, descritti o figurati, né nelle pitture vascolari, dove si riconosce l’influenza dell’industria tessile, il soggetto principale è mai una città. Inoltre, il poco interesse dei Greci per le scene storiche rende improbabile la rappresentazione di una città reale come Susa. Un lieve cambiamento nella trascrizione potrebbe risolvere la difficoltà: sostituire “città di Susa” con “fiori di loto”. Analogamente Περσῶν più che “Persepoli” o “i Persiani”, nel senso stretto del termine, potrebbe indicare una serie di personaggi vestiti alla maniera orientale, simili agli arcieri della frise di Susa o ai figuranti del corteo funebre di Xanthos. Con tale ipotesi la traduzione del testo risulterà: «In alto ornamenti di fiori di loto, in basso i Persiani». 20.
Una successiva ricerca, “A Sybarite Himation” di D.S. Robertson21, esamina anch’esso l’himation con un’analisi testuale e critica del testo attribuito a Pseudo-Aristotele. Robertson discute diversi problemi relativi alla traduzione e interpretazione dei termini e delle immagini raffigurate sul mantello. In particolare:
- Problemi di trascrizione: Robertson osserva che i termini greci sono spesso corrotti o trascritti male. Ad esempio, il termine “Susians” sembra non appropriato in quanto i Greci non distinguevano tra Susians e Persiani, proponendo quindi che l’originale si riferisse genericamente a due gruppi di “barbari” distinti lungo le fasce decorative.
- Interpretabili immagini processionali: L’ipotesi di Robertson è che le figure rappresentate siano processioni di guerrieri orientali lungo i bordi, suggerendo che il termine “Persiani” si riferisca a una rappresentazione più ampia di guerrieri barbari senza distinzione etnica precisa.
- Design centrale e laterale: Robertson ipotizza che la parte centrale del mantello raffigurasse divinità greche, mentre le estremità riportassero Alkiménès e Sybaris. Propone così una disposizione con divinità nel mezzo e frange laterali di figure orientali, una visione che potrebbe precedere il 510 a.C., ovvero prima della distruzione di Sybaris.
In sintesi, la ricerca di Robertson offre una visione alternativa a quella di Dugas, concentrandosi su interpretazioni testuali e ipotesi iconografiche per ricostruire la possibile decorazione dell’himation. La sua analisi è un contributo importante per comprendere meglio come l’arte tessile greca rappresentasse e interpretasse elementi culturali e decorativi influenzati da civiltà orientali.
Al centro del mantello c’erano poi ben sei divinità greche. Su questo punto si nota subito una commistione di elementi umani e divini, proprio come nel trattato di Sibari con i Serdaioi 22: si potrebbe pensare infatti, pur nella diversità dei ruoli che non è dato percepire appieno per il mantello, ad Alcistene e agli dèi come ai proxenoi e al mantello, per gli elementi diversi che compongono la sua raffigurazione, come ad una armonia 23.
Note
- himation in Enciclopedia Britannica[↩]
- https://en.wikipedia.org/wiki/Himation[↩]
- himation in Fashion History Timeline, Fashion Institute of Technology, State University of New York; nella pagina sono mostrati diversi esempi[↩]
- Per i riferimenti bibliografici: https://en.wikipedia.org/wiki/Himation[↩]
- Daniela Marchiandi, “Riflessioni sulla costruzione del valore dei tessili nell’Atene classica (… ma a partire dallo himation del sibarita Alcistene”), 2019[↩]
- Daniela Marchiandi – Dediche effimere ad Artemide: tessili iscritti negli inventari di Brauron, in Munus Laetitiae – Studi miscellanei offerti a Maria Letizia Lazzarini – volume ii – pp. 75-76[↩]
- Maurizio Bugno, Da Sibari a Thurii, La fine di un impero, 2015, Publications du Centre Jean Bérard, cap. 1 par. 3-4[↩]
- J. HEURGON, Sur le manteau d’Alkistène, in Mélanges à K. Michalowski, Warszawa 1966, pp. 445-450[↩]
- Annalisa d’Onofrio, “Le conoscenze sull’Occidente magno-greco e siciliano nella Scuola di Aristotele”, Tesi di Dottorato, 2018, pp. 165-167[↩]
- Dionìsio I di Siracusa, detto il Vecchio o anche il Grande è stato un militare e politico di Siracusa, di cui fu tiranno dal 405 a.C. al 367 a.C.[↩]
- Il saccheggio non è altrimenti noto, ma si ambienta certamente nel corso della guerra contro la Lega Italiota, che culminò nella battaglia dell’Elleporo; De Sensi Sestito 1984 ipotizza plausibilmente una data compresa tra il 382 e il 379; anche Livio (XXIV 3, 8) ricorda la conquista di Crotone, che fu ottenuta con l’inganno dal tiranno[↩]
- ovvero fino alla sua morte nel 367 a.C., come ricordato in Dionigi d’Alicarnasso XX 7, 2-3[↩]
- Diodoro Siculo riferisce (Biblioteca storica XV, 17) che Dionisio subì una grave sconfitta per opera dei Cartaginesi a Cronio nel 375, a seguito della quale fu costretto a pagare ai nemici una indennità di guerra di mille talenti[↩]
- Testo e riferimenti in D.Marchiandi 2019, op. cit.[↩]
- La tryphé sibarita rappresenta un modo di vivere che enfatizza il piacere e il lusso, ma che è anche avvolto in una narrativa di avvertimento riguardo ai pericoli dell’eccesso e della decadenza[↩]
- Clistene di Sicione, padre di Agariste, come racconta Erodoto ( VI, 126-130), invitò a recarsi a Sicione qualsiasi greco che si ritenesse degno di sposare Agariste: tredici corteggiatori si presentarono a Sicione, provenienti dall’Italia; tra questi si , il sibarita Smindiride, ricordato per il suo lusso anche da altri autori antichi. Secondo Diodoro Siculo (Bibliotheca historica, VIII, 19) Smindiride partì da Sibari su una nave con 50 ordini di rematori e quando giunse a Sicione il suo seguito si rivelò non solo il più vasto tra i vari corteggiatori, ma anche più vasto di quello del tiranno. Claudio Eliano, Varia historia, XII, 24, riferisce che portò con sé un migliaio di cuochi, un migliaio di pescatori e di cacciatori di uccelli. Smindiride è ricordato anche da Ateneo (XII, 541b-c) e Dione Crisostomo (Discorsi, XI, 47).[↩]
- Sintesi da D.Marchiandi 2019, op. cit.[↩]
- Si tratta di 2 delle cinque capitali dell’Impero persiano achemenide che erano: Babilonia, Ecbatana, Pasargade, Persepoli e Susa[↩]
- Maurizio Bugno, 2015, op. cit.[↩]
- Charles Dugas – Sur l’himation d’Alkiménès de Sybaris, Bulletin de Correspondance Hellénique, 1910 n. 34 pp. 116-121; il termine sarebbe sousinon (Σούσων) che -derivato da altro termine semitico grecizzato-potrebbe riferirsi a qualsiasi motivo floreale che ricordi, sia pure vagamente, un giglio o un loto, o ad un ornamento chiamato “ghirlanda di loto”, frequentemente rappresentato sulle pitture ceramiche, specialmente sui vasi rodii, e che ricopre anche un ruolo importante nella decorazione tessile arcaica.[↩]
- D. S. Robertson, A Sybarite Himation, The Journal of Hellenic Studies, Vol. 59, Part 1 (1939), p. 136[↩]
- Da tavola bronzea ritrovata ad Olympia molto probabilmente proveniente dal thesauros di Sibari: “I Sibariti e i loro alleati e i Serdaioi hanno stipulato un trattato di amicizia fedele e leale per sempre. Garanti Zeus e Apollo e gli altri dei e la città di Poseidonia” (trad. J.Piccinini); Rif. Arcait [↩]
- Maurizio Bugno, 2015, op. cit.[↩]