Strongoli / Petelia / Murge

Strongoli è un comune italiano di 6.435 abitanti della provincia di Crotone in Calabria.

Una certa tradizione storica vuole che il toponimo derivi dal greco-bizantino Στρογγιλος, ossia “rotondo”, poi trasformato in Strongylòn nell’alto medioevo. L’antica denominazione era, invece, Petelia.

Lo stemma comunale di Strongoli rappresenta cinque monti in fiamme, a simboleggiare i cinque cumuli ai quali i petelini diedero fuoco prima di cedere ad Annibale la città. Secondo altri, i colli raffigurerebbero le cinque distruzioni subite. Intorno allo scudo è presente un nastro riportante la dicitura “URBS PETELIAE NUNC STRONGOLI”.

Stemma di Strongoli
(Fonte: Wikimedia)

Petelia e Makalla dall’età arcaica all’età ellenistica.

Costante la presenza umana nel territorio dal Neolitico Medio (rinvenimenti di schegge di ossidiana ed una punta di freccia di selce) proseguite nell’età del Bronzo (frammenti di ceramica d’impasto della media). Maggiori sono i rinvenimenti inquadrabili nell’età del Ferro (IX-VIII sec. a.C.) che ci fanno ipotizzare la presenza di comunità protourbane sul pianoro di Strongoli e sul tavolato delle Murgie.

E’ proprio sulle Murgie che si vuole localizzata Macalla (o Makalla), una delle città che, secondo la leggenda, sarebbe stata fondata – insieme a Petelia, Krimisa e Chone – da Filottete, l’eroe omerico reduce da Troia, a 120 stadî a Nord di Crotone.

Per quanto riguarda Petelia, il toponimo è un probabile travestimento greco di un nome locale anellenico(1), e dei contatti antichissimi con il mondo indigeno si serba traccia nella tradizione sulla figura di Filottete, così introdotta da Strabone, VI 1, 3Capitale dei Lucani è considerata Petelia, tutt’oggi abbastanza popolosa. Essa è una colonia di Filottete, esule da Melibea in seguito a lotte intestine. È una fortezza naturale e in passato i Sanniti ne completarono le difese con un muro di cinta“.

Il processo di colonizzazione storica greca, avviato nel sud Italia a partire dall’VIII sec. a.C. con la fondazione di Pitecusa nell’isola di Ischia (circa 770 a.C.) da parte degli Euboici, investe in seguito Calabria. Dal Peloponneso gli Achei fondano lungo la costa ionica prima Sibari e poi Crotone tra 730 a.C. ed il 710 a.C. Il contatto con il mondo greco nel territorio di Strongoli è documentato da abbondanti rinvenimenti dell’inizio dell’età coloniale di fattura ellenica provenienti dalle Murgie. Da una necropoli del VII sec provengono armi e ceramiche indigene e magno-greche tra cui un aryballos corinzio sferico databile all’ultimo quarto del VII secolo a.C., che presenta sul corpo un uccello a corpo umano, e un alabastron, anch’esso di fabbrica corinzia, databile al primo terzo del VI sec. a.C. con un grifone alato, animale fantastico tipico della ceramica greca di età orientalizzante. Il sito è stato purtroppo devastato da scavi clandestini

Durante l’età arcaica la vita a Murgie continua: a questo periodo, infatti, sono da attribuire materiali votivi che fanno ritenere il luogo sede di culti di tradizione greca. È da questa località che proviene il corpo di una statuetta di Nike in corsa con himation, databile all’ultimo quarto del VI sec. a.C.
Sebbene non possa di fatto escludersi l’interesse e l’influenza sibarita sino alla fine del VI sec. a.C., non si può d’altro canto nemmeno ignorare la pressione esercitata da Crotone, come attestato, al livello cronologico considerato, da materiali di fattura crotoniate attestati sulle Murgie(2). Entro la fìne del VI sec. a. C.址 presso Casa Murgie, un luogo ove sono presenti sorgenti idriche tutt’ora attive, è attestata sono state rinvenute di statuette fittili muliebri e di vari esemplari di hydriai di piccole dimensioni, che fanno pensare a un culto acquatico legato a una divinità femminile(3).

Il più antico documento epigrafico attribuito a Petelia, pur nelle incertezze della localizzazione esatta, è una tabella di bronzo datata tra la fine del VI e l’inizio del V secolo, che contiene un atto di donazione: Saotis dona a Sikainia, la sua casa e tutti i suoi beni; seguono la menzione del demiurgo e i nomi dei testimoni. Il documento è scritto nella lingua e nell’alfabeto delle colonie achee e come tale viene inserito nelle raccolte epigrafiche sotto la pertinenza al territorio di Crotone(1). Il documento esprime l’esistenza di una società regolata da leggi e collegata ad un contesto territoriale urbanizzato, in poche parole ad una città greca o di cultura greca(4).

Dalle Murge proviene il famoso askos in bronzo, a forma di sirena datato prima metà del V secolo a.C.; oggetto di scavi clandestini e poi recuperato e consegnato al Museo di Crotone: per saperne di più consulta la pagina specifica.

Nell’età classica, dopo la distruzione di Sibari, avvenuta nel 510 a.C. ad opera di Kroton, il territorio di Strongoli è sotto l’influenza della città pitagorica, con l’assorbimento di usi e costumi da parte dell’elite aristrocratica – come documentato sulle Murgie – un’ibridazione tra le culture che fu credibilmente spontanea e non violenta, secondo paradigmi inizialmente legati allo scambio e all’acquisizione di beni di prestigio, cui fece seguito una capillare di diffusione delle pratiche greche nel resto della popolazione, soprattutto tramite la rapida circolazione dei culti greci(3). Per questa fase storica si hanno solo rinvenimenti sporadici. Un tesoretto monetale, databile agli inizi del V secolo a.C. e rinvenuto in località Serra Frasso, attesta i contatti con Kaulonia, Crotone, Metaponto, Taranto e Poseidonia.

Nella tarda età classica eccetto l’insediameno delle Murgie e di Petelia, le uniche tracce di occupazione sono segnalate nella piana del Neto ove vennero create delle fattorie come attestato in loc. Gangemi, di Fasana e di Serpito(5).

La dottrina di Pitagora nella Grecia d’Occidente era intanto divenuta un movimento di pensiero che si traduce in un’esperienza politica e religiosa che ha lo scopo di trovare il cammino razionale che conduce alla salvezza mediante la purificazione spirituale. Al Pitagorismo è legata un’altra dottrina, l’Orfismo che trova molti proseliti in Magna Grecia ed anche a Petelia, ove nel 1836 in un sepolcro è stata rinvenuta una laminetta aurea con iscrizione greca, che insieme a quelle che provengono da Thurii ed Hipponion sono convenzionalmente designate come “orfiche”; la lamina aveva la funzione di vademecum per il defunto nell’aldilà al fine di evitare i dolorosi cicli delle reincarnazioni.

L’età ellenistica

In età ellenistica, nel sud Italia le popolazioni italiche tendono sempre più ad espandersi a svantaggio delle colonie greche della costa: tra la metà e la fine del V sec. a.C. Capua, Cuma, Neapolis e Poseidonia in Campania sono conquistate dai Sanniti. In Calabria all’inizio del IV sec. a.C. si assiste all’avanzata dei Lucani, popolazione del ceppo sannitico: Petelia è segnalata da Strabone (VI, 1, 3 C254) come un ‘luogo fortificato’ dei Lucani (“metropolis tòn Leukanòn“): nella sua descrizione, i rapporti tra i centri italici presenti nel territorio di Strongoli, di fondazione filottea, con le colonie achee dominanti lungo lo Jonio centro-settentrionale (Kroton e Sybaris), vivono fasi alterne, e sono insediamenti ‘di frontiera’. Strabone da un lato rivendica la grecità di Petelia attribuendola ad una fondazione di Filottete, ma in una fase successiva ne riconosce un ruolo distinto dal punto di vista delle presenze indigene, identificandola come ‘luogo fortificato’ dei Lucani – per approndire su questo vedere Silvana Luppino – Strabone VI l ,3 : I Lucani a Petelia, 1980). Secondo quanto ipotizzato di P.G. Guzzo(6) la conquista di Petelia da parte dei Lucani avviene a seguito degli eventi della seconda guerra di Dionisio I di Siracusa (detto il Vecchio) con gli Italioti, che comporta la conquista siracusana di Crotone(7).

L’importanza del territorio di Strongoli per la frequentazione italica è ulteriormente rafforzata nell’età ellenistica, quando in Calabria emerge l’etnia dei Brettii: tanto Petelia che le Murge diventano sede di insediamenti brettii, presentando condizioni localizzative ideali nell’organizzazione politica e sociale di queste popolazioni:

  • le Murgie, un sito con spiccate capacità difensive naturali, essendo posizionato su alture arroccate, con pareti a strapiombo, nel IV sec. a.C. viene fortificato nell’area settentrionale ove è presente l’accesso all’altopiano con un sistema di difesa multiplo del IV sec. a.C. costituito da due linee di mura realizzate con cortine di blocchi di arenaria, direttamente cavata sul posto; sulla sommità è stato localizzato un santuario, mentre all’interno della cinta superiore sono state rinvenute tracce di un vasto abitato organizzato; è possibile che questo impianto fortificato molto complesso fosse stato progettato in maniera tale da garantire la difesa dell’ abitato e del santuario con la cinta superiore, la protezione dei pascoli, delle colture ed eventualmente un rifugio della popolazione rurale in caso di conflitto(8).
  • a Petelia l’abitato era anche fortificato e la linea delle mura corre lungo il ciglio nord-occidentale della “Vigna del Principe”, in località “Lazzovino”, “Mollica”, “Pianette” fino alla punta di “Gallicello”; dalla “Vigna del Principe” esse risalgono verso la collina del Castello (9).

Non lontano da Petelia, in località Gangemi, è stata rinvenuta una tomba a camera di una donna con ricco corredo, databile al 325-300 a.C., tra cui fibule e un anello d’argento, coltelli e alari. Altre necropoli necropoli dell’età brettia si affacciano sulle vallate, quali “Manche”, “Lazzovino” e “Cento Carrolle”(10).

L’ascesa dei Bretti, in particolare nell’area della cosiddetta Brettia Crotoniatide, vede i suoi centri principali presso le Murgie di Strongoli e nella fascia tra Cirò Marina e Cirò Superiore, in una fase storica, all’inizio del III sec. a.C. difficile per la vita di Crotone – attacco di Agatocle alla città, intorno al 296 a.C., particolarmente intenso, con saccheggi, uccisioni e la devastazione dell’abitato; le successive vicende, quelle legate alle guerre pirriche (280-275 a.C.), i fatti collegati alla conquista del console Rufino o dei Campani (277 a.C.) – che si risentono nella città con forti contrazioni del tessuto abitativo: Tito Livio (XXIII, XXIV) parla della decadenza della città che intorno alla metà del secolo poteva contare su appena 2000 abitanti ed era lacerata da discordie tra gli ottimati e la plebe.

Durante questa fase, tuttavia, la grecizzazione dei Brettii – identificabile con un’assimilazione della cultura greca, assorbita profondamente dal sostrato petelino – si rileva da molti elementi archeologici (vedere in Roberto Spadea – Tra Crotone e Petelia, 2012).

Un primo elemento da considerare è la monetazione petilina. Se nell’età classica, dopo la conquista di Kroton, Petelia rientrava nella sfera di egemonia di Crotone, e come tutte le altre città assoggettate non godeva della potestà di battere moneta, il subentro e l’egenomia dei Brettii rese possibile a Petelia l’autonomia monetaria, una prerogativa che venne mantenuta anche dopo le guerre pirriche e consentita da Roma, con la quale gli abitanti di Petelia erano in rapporti amichevoli. Le prime emissioni di monete di Petelia, tutte in bronzo, vengono fatte risalire a non prima della fine del IV secolo a.C.. Si tratta di esemplari molto rari sui quali sono riprodotti, in maniera alquanto rozza, tipi iconografici di chiara origine greca, come l’effigie dello Zeus Keraunos nudo e appiedato, recante in mano gli attributi dello scettro e della saetta, secondo un antico tipo scultoreo bronzeo da Olimpia, un motivo affermatosi a imitazione degli oboli legati alla spedizioni pirriche. Altre monete riprendono il tipo iconografico dell’Apollo laureato con il tripode delfico o riproducono quello dell’Ares barbato, con elmo e cane in corsa, o l’Eracle barbuto con clava, ma anche le figure di Diana, Minerva, Cerere, Marte, Ercole. L’abbondanza di questi motivi iconografici, attesta la sopravvivenza, nei culti di Petelia, di elementi cultuali della religione greca. Le legende delle monete sono in greco: ΠΕΤΗΛΙΝΩΝ (petelinon) o, in forma abbreviata ΠΕΤ (11).

Tra i reperti epigrafici l’iscrizione dei “ginnasiarchi”, murata in una casa di Strongoli, con la menzione di due ginnasiarchi e ricorda il restauro a spese pubbliche di un portico, probabilmente pertinente al ginnasio stesso; il ginnasio è un’istituzione educativa dell’organizzazione della Grecia antica, ma a Petelia i nomi dei ginnasiarchi presentano una commistione di elementi greci, italici (nomi osci) e romani(12). Il fatto poi che per il ginnasio si impieghino fondi pubblici sta a significare che a Petelia, pur se posta su un’altura, nella parte nord della valle del Neto, si propone, ancora in età repubblicana (I sec. a.C. , epoca in cui si data l’epigrafe) la paideia greca come modello educativo per eccellenza, ed è questa, come prima si diceva, un’altra conferma della presenza fortemente radicata della cultura greca nel sostrato ancora italico del municipium(13).

A Petelia il greco resta saldamente la lingua dominante nella vita della città, almeno per le classi elevate, fino ad epoca tardo-repubblicana, come dimostrano l’iscrizione dei ginnasiarchi e quella della coppia di magistrati eponimi su bollo laterizio noto in più esemplari, entrambe databili tra fine III e II secolo a.C.

Petelia romana

L’identificazione di Strongoli con Petelia, spesso erroneamente discussa e contestata, è attestata, oltre che dalla continuità abitativa dal IV a.C. al IV d.C., dalle epigrafi romane d’età imperiale, in cui è riportato il nome della città. Del toponimo di Petelia antica vi è traccia in numerose attestazione letterarie ed epigrafiche: almeno 25 ne riporta il sito ToposText.
Per quadro più completo delle attestazioni epigrafichesi consiglia di consultare la banca dati EDCS (Epigraphik-Datenbank Clauss / Slaby) collegandosi all’indirizzo:
https://db.edcs.eu/epigr/epi.php?s_sprache=it
e quindi avviare la ricerca specificando nel campo località: Strongoli / Petelia

Dell’antico centro restano visibili alcuni tratti delle mura, costruite in blocchi squadrati di arenaria, che delimitano la spianata naturale sulla bassa valle del Neto. Dell’abitato, solo parzialmente indagato, affiorano in superficie strutture e resti ceramici databili tra il IV a.C. e il IV d.C.

Gli scavi della fine del XIX secolo hanno portato alla luce resti di epoca romana nelle aree di Pianette e Brausa (Vrausi) sul basso altopiano (ca. 260,00 m.s.l.m.) a nord-est dell’insediamento moderno. Sono stati rinvenuti i resti di un edificio termale, un acquedotto , pavimenti a mosaico, resti di una strada e varie strutture ornate da colonne – alcune di granito egiziano – tutte di data imprecisata e oggi in gran parte perdute. L’area forense è ipotizzata sul margine occidentale delle Pianette, su un terreno leggermente più elevato rispetto al resto delle aree archeologiche.
Un’altra area archeologica è stata individuata presso la Pretura in Corso B. Miraglia (322.00 m.s.l.m.): sono stati rinvenuti resti di terme, antefisse in terracotta e un’iscrizione commemorativa di un tempio di Giove Optimus Maximus datato alla fine dell’età repubblicana e l’inizio di quella imperiale.
Il porto potrebbe essere stato localizzato a Marina di Strongoli, dove si trovano resti di tombe, ceramiche (II sec. a.C. – IV sec. d.C.), e, sotto il mare ad un profondità tra 4 e 7 metri, tamburi a colonne, blocchi da costruzione, resti di muratura in mattoni, anfore, dolia ed forse resti di un molo di sopraflutto.

Ritornando alle vicende storiche, tra 342 ed il 280 a.C. diversi contrasti intervengono tra le poleis magno-greche e le popolazioni dei Brettii e dei Lucani che le attaccavano. Intervengono in soccorso condottieri provenienti dalla madrepatria greca, come Archidamo III di Sparta negli anni 342-338 a.C., Alessandro il Molosso negli anni 335-330 a.C., Cleonimo di Sparta (303-302 a.C.), e vi fu un successivo intervento di Agatocle di Siracusa, che portò di nuovo l’ordine nella regione sconfiggendo i Brettii (298-295 a.C.). Nella disputa intervenne Roma, che nel contempo si stava espandendo nel centro-nord sui sanniti, gli etruschi ed i celti; Roma in alcune fasi era vicina ai Lucani ed ai Brettii, in altre aveva stipulato trattati con Taranto. Nel 280 a.C. il conflitto le tensioni tra Roma e Taranto diventano guerra. Taranto chiama in suo soccorso il Re dell’Epiro Pirro, che giunge in Italia con il suo esercito, e viene posto a capo di una coalizione greco-italica. Le guerre pirriche dopo alterne vicende, furono nel 275 vinte dai romani nella battaglia di Maleventum; l’egemonia romana si completò in pochi mesi sull’intera Magna Grecia continentale (272 a.C.).

Mentre sono noti alcuni eventi per Crotone, le vicende che riguardano Petelia in questa fase sono alternanti e poco note. Dopo qualche anno dalla fine delle guerre pirriche è però accertata la presenza dei Bretti a Petelia, che stipula un foedus con Roma, come sembra desumersi da un passaggio in Liv. XXIII 20, in cui i Petelini ed i Romani, al momento della guerra annibalica, sono indicati come veteres socii.

Eodem tempore Petelinos, qui uni ex Bruttiis manserant in amicitia Romana, non Carthaginienses modo qui regionem obtinebant sed Bruttii quoque ceteri ob separata ab se consilia oppugnabant. Quibus cum obsistere malis nequirent Petelini, legatos Romam ad praesidium petendum miserunt (…)
Haec postquam renuntiata legatio Petelinis est, tantus repente maeror pavorque senatum eorum cepit ut pars profugiendi qua quisque posset ac deserendae urbis auctores essent, pars, quando deserti a veteribus sociis essent (…)

Allo stesso tempo, i Petelini, che erano Bretti ma amici dei romani, attaccarono non solo i Cartaginesi che stavano occupando la regione, ma anche il resto dei Brettii a causa dei loro diversi piani. I Petelini, trovatisi in seria difficoltà, inviarono ambasciatori a Roma per chiedere protezione. […].
Ma dopo che la difesa venne rifiutata, il Senato dei Petilini fu improvvisamente preso da sconforto e dal terrore, essendo stati abbandonati dai loro vecchi alleati.


Si tratta di una fase della seconda guerra punica (14) (218 a.C.-202 a.C.); in particolare dopo la battaglia di Canne (216 a.C.), molte città Brettie si sollevarono contro Roma in favore dei Cartaginesi, tranne alcune città, tra le quali Petelia, che rimasero fedeli a Roma. Annibale invio le truppe per sottomettere queste città. Petelia resistette per 11 mesi all’assedio dei Cartaginesi, ed infine fu espugnata nel 215 dal generale Imilcone, venendo distrutta e gli abitanti catturati e resi schiavi. Dopo questo episodio Petelia si elevò a gran fama da essere paragonata nella letteratura latina all’eroica Sagunto.

Dum haec in Hispania geruntur, Petelia in Bruttiis aliquot post mensibus quam coepta oppugnari erat ab Himilcone praefecto Hannibalis expugnata est. Multo sanguine ac volneribus ea Poenis victoria stetit nec ulla magis vis obsessos quam fames expugnavit. Absumptis enim frugum alimentis carnisque omnis generis quadrupedum suetae (insuetae) que postremo coriis herbisque et radicibus et corticibus teneris strictisque foliis vixere nec ante quam vires ad standum in muris ferendaque arma deerant expugnati sunt.

Recepta Petelia Poenus ad Consentiam copias traducit, quam minus pertinaciter defensam intra paucos dies in deditionem accepit. Iisdem ferme diebus et Bruttiorum exercitus Crotonem, Graecam urbem, circumsedit, opulentam quondam armis virisque, tum iam adeo multis magnisque cladibus adflictam ut omnis aetatis minus duo milia civium superessent. Itaque urbe a defensoribus vasta facile potiti hostes sunt: arx tantum retenta, in quam inter tumultum captae urbis e media caede quidam effugere.

Mentre queste cose avvenivano in Spagna, Petelia nei Bruttii, alcuni mesi dopo l’inizio dell’attacco, fu presa dal comandante di Annibale Imilcone. La vittoria del punico costò molto sangue e ferite , e gli assediati non furono vinti dalla maggiore forza quanto dalla fame. Perché dopo aver consumato cibo di grano e carne di ogni specie di quadrupedi, erano abituati [non abituati] a nutrirsi di pelli ed erbe e radici…

Conquistata Petelia i punici trasferirono le forze a Consentia, che fu difesa con meno tenacia e si arrese in pochi giorni. All’incirca nei medesimi giorni l’esercito de’ Brutti assediò Crotone, città greca, un tempo ricca di armi e di uomini, ed ora così afflitta da molte e grandi sconfitte, che rimasero meno di duemila cittadini di tutte le età. E la cittàcosì fu devastata dai difensori, e il nemico se ne impadronì facilmente: in mezzo al tumulto della città presa, alcuni sfuggirono al massacro rifugiandosi nell’arx.


Dopo la partenza di Annibale dall’Italia, da Crotone 203 a.C., mentre a Crotone poco tempo venne dedotta una colonia di Roma, Petelia divenne città “libera e federata”, ovvero era governava da magistrati e leggi proprie. 

Roma le concesse il diritto di battere moneta propria. Petelia sembra essere l’unica città non greca e non colonia coinvolta nella politica di emissione che suppliva alle difficoltà di approvvigionamento con moneta della zecca romana(15). La monetazione riportava la legenda in greco ΠΕΤΗΛΙΝΩΝ ma con il sistema divisionale romano.

La lingua e la cultura greca viene conservata a Petelia anche quando dopo la guerra annibalica è rifondata e (ri)diventa città foederata. Ciò è evidenziato dalle liste dei theorodokoi(16), che non passano da Crotone, ma da Petelia, ove ad accogliere i theoroi sarà il theorodokos petelino Ophallios, di cui è evidente la radice italica (osca) del nome, a conferma che alla grecità della grande Crotone si sostituisce quella di Petelia. Questo accade in anni vicini alla fondazione della colonia di Croto (194 a.C.). Per approfondire su questo argomento vedere in Salvatore Medaglia – Il Bruzio nelle liste dei theorodokoi (2015).

Ancora va ricordata l’iscrizione dei pantomimi: su un blocco di pietra rinvenuto in una necropoli dell’antica Petelia, è scolpita un’iscrizione funeraria di un bambino, risalente al I secolo d.C., bilingue: latina e greco. Dai due testi sappiamo che la pietra copriva la tomba di un bambino di cinque anni che apparteneva a una compagnia di pantomimi (attori di spettacoli affidati all’azione mimica); il testo in greco attesta la tendenza dei petilini ad apprezzare la cultura greca(17).

Questo esempio, ed altri casi epigrafici, indicano che a Petelia l’identità brettia e la lingua osca si palesano in una varietà locale di osco identificabile solo nelle designazioni dei personaggi epigrafici, in quanto il greco, rivestendo in quella realtà il ruolo di maggior prestigio, rimane la sola lingua presente nelle iscrizioni pubbliche, anche in età romana (ma più avanti è integrata e sostituita dal latino). Questa conclusione si inserisce perfettamente nel quadro storico più generale sintetizzato da A. Mele per cui «la grecità della Crotoniatide sopravvive alla guerra annibalica, ma in mano brettia». Ed è anche il quadro sociolinguistico che tra III e II secolo Ennio e Lucilio ritraggono con la formula sintetica e proverbiale di bilingues Bruttaces(18)(19).

Petelia rimane città federata di Roma fino all’89 a.C. quando in seguito alla legge Plautia-Papira (20), cambiò condizione divenendo municipio e fu classificata nella gens Cornelia, una gens patrizia tra le più importanti dell’antica Roma, ricompresa nelle cento gentes originarie ricordate dallo storico Tito Livio. Petelia fiorì come municipio romano durante l’Impero, almeno fino alla fine del II sec. d. C. (21).

Poco dopo l’erezione del municipio viene costruito un nuovo edificio cultuale in onore di I(uppiter) O(ptimus) M(aximus); le operazioni di costruzione e collaudo furono dirette con decreto del senato locale dalla maggiore coppia di quattuorviri, ossia Sex. Caedicius Sex. f. e A. Herius L. f., nell’anno in cui si occuparono, tra l’altro, del censimento cittadino (quinquennales). Come la triade capitolina fungeva da segnacolo della presenza politica, amministrativa e culturale di Roma nelle colonie, il tempio di Giove costituiva per il nuovo municipio di Petelia la celebrazione dell’inizio di una nuova percezione della propria identità nel seno della cittadinanza romana da poco acquisita(22). L’ubicazione dell’edificio di culto è stata localizzata nel tratto terminale di corso Biagio Miraglia a Strongoli (KR), dove è stata rinvenuta una struttura identificata come crepidoma di un tempio, non lontano dal luogo di ritrovamento dell’iscrizione e verosimilmente adiacente l’area forense della città romana.

Della presenza del foro cittadino abbiamo esplicita citazione epigrafica come lo spazio nel quale innalzare una statua pedestre richiesta dall’evergete (benefattore) Manio Megonius Leo ai petelini (rei p(ublicae) municipium meorum) in età antonina.

Mura emerse durante gli scavi archeologici del 2022 condotti dall’Unical in loc. Vigna di Principe. Approfondimenti in GAK ARS.

Numerose sono le necropoli di Petelia, sia in ambito suburbano che extraurbane, riguardanti sia l’età Repubblicana che imperiale, purtroppo interessate da numerosi scavi clandestini e da atti di vandalismo che hanno danneggiato, spesso irrimediabilmente, la srruttura dei singoli monumemi e impedito la
comprensione globale del contesto. Per analisi globale di questo argomento consultare: Marianna Castiglione – Le necropoli romane di Petelia, 2013. Il mausoleo funerario meglio conservato e più noto è la cosiddetta “Pietra del Tesauro” o “del Tesoro”, facilmente individuabile dalla viabilità provinciale e poco lontano dal fiume Neto, da datarsi intorno alla prima metà del II sec. d.C..

Centrale nel modello economico dell’età imperiale è lo sfuttamento agricolo, attraverso una suddivisione in proprietà del territorio che si concentra in latifondi ed in villae con a capo ciascuna il proprio dominus. Attestata attorno a Petelia è la coltivazione di viti aminee, di cui si parla nel testamento iscritto su una delle quattro basi marmoree di Manio Megonio Leone, conservate nella chiesa cattedrale di Strongoli.

In età romana a Petelia erano attive poche famiglie facoltose quali i Megonii, i Caedicii, gli Arellii, i Fabii, gli Heerii, gli Aufidii. In alcuni casi esse raggiunsero alte cariche come avvenne, ad esempio, per la gens Mettia, di orígine petelina, a cui va ascritto il Marcus Mettius Modestus che fu procuratore della provincia di Siria sotto Claudio e prefetto d’Egitto al tempo di Nerone. Famiglia di origini osche era invece quella dei Caedicii che forse era presente nell’area sin dal IV sec. a.C.(23).

Per quanto riguarda la viabilità romana, Petelia non è direttamente indicata nelle stationes del cursus publicus dettagliato dall’Itinerario Antonino, nel quale è invece specificata la statio di Meto, posta a 32 miglia da Paternum (oggi Crucoli Torretta) e a 24 miglia da Tacina. La posizione della statio di Meto non è nota, ma si ritiene prossima alla confluenza tra i fiumi Vitravo e Neto, sempre in territorio di Strongoli, non lontano dalla “Pietra del Tesauro”, forse come stazione di supporto all’attraversamento del fiume. Tuttavia Petelia è presente nelle altre fonti itinerarie (Guidone, Anonimo di Ravenna, Tabula di Peutinger)(24) e l’indagine sulle distanze chilometriche indicate nell’Itinerario Antonio, indica che la viabilità romana deviava dalla pianura e saliva in alto passando per l’abitato di Petelia(25)

Anche i Megonii erano una delle gens più antiche del municipio, attiva localmente per non meno di quattro generazioni; di origine osca o più genericamenre centro-italica, in auge al tempo di Antonino Pio ma sicuramente emergente nella società locale da almeno due generazioni prima(26); a Petelia la famiglia ha ricoperto le più alte cariche cittadine e possedeva un ingente patrimonio di cui rimane emblematica testimonianza nella munificenza delle disposizioni testamentarie di Manio Megonio Leone, vissuto fra il 138 ed il 161, suo membro più illustre (27); diverse pubblicazioni in biblioteca riguardano questo personaggio, per approfondire utilizzare questa ricerca.

E’ proprio l’entità della donazione testamentaria di Manio Megonio Leone (un fondo di 100.000 sesterzi da amministrare all’interesse del 6 % annuo, il cui ricavo totale di 6.000 sesterzi deveva essere elargito per banchetti funebri e per donativi da distribuire alla cittadinanza nel giorno anniversario della sua nascita) che ha consentito di stimare l’entità della popolazione adulta di condizione libera di Petelia in 1. 925 persone e quella totale, sempre in ambito urbano, in 2.480 persone {229). Questa stima demografica per l’epoca antonina indica che Petelia è si un centro importante, ma pur sempre solo un piccolo centro dei Bruttii: del resto, proprio così Virgilio l’aveva definita in un contesto mitico, ma con indiretta ed evidente allusione all’età augustea (V erg., Aen., III, 402 a proposito delle raccomandazioni che Elena rivolge ad Enea in partenza da Butroto verso le coste italiane), e che trova riscontro nell’espressione straboniana di una città “ancora oggi
abbastanza abitata”(28).

Nel tardo III secolo si collocano a Roma i Fabii di Petelia, di cui si ricorda Fabia Fuscinilla, moglie del proconsole d’Asia Clodius Celsinus, celebrata in un carmen onorario (CIL VI, 31711). La donna, definita clarissima et omnium virtutum facundissima femina (di cui le principali la fecunditas e l’univirato), è morta prima di compiere 24 anni (nondum completis viginti quatuor annis), strappata al marito e ai tre figli. Era nata a Petelia, nel Bruttium (Petelina domo orta) (29), e sembrerebbe al momento l’unico personaggio petilino che può vantare una dignità senatoria (30).

Le attestazioni archeologiche di Petelia sono sempre più rade già dall’età del medio impero, e scompaiono del tutto nell’alto medioevo. Si torna a trovare riscontri di un abitato, ma non con il toponimo di Petelia ma di Strongoli, non dall’erezione delle Metropolia di Santa Severina in età bizantina (IX sec. d.C.) e dei vescovadi sottoposti, ma solo più avanti nel Provinciale vetus di Albino, che risale alla fine del sec. XII: “Metropolis Sancte Severine hos habet suffraganeos episcopos: Hembriacensem, Stroniensem, Genecocastrensem, Cotroniensem, Gerentinum(31).

Poco prima (1154 circa) è tuttavia richiamata più volte nell’opera del geografo arabo-normanno El-Edrisi, che ne fa menzione più volte(32)

Per approfondire:

Note

  1. Paolo Poccetti – Bilingues Bruttaces: il caso di Petelia, 2014, p. 74-75[][]
  2. S. Medaglia – Carta Archeologica della Provincia di Crotone, 2010, p. 54[]
  3. S. Medaglia – Carta Archeologica della Provincia di Crotone, 2010, p. 55[][]
  4. Roberto Spadea – A nord di Crotone, 2004[]
  5. S. Medaglia – Carta Archeologica della Provincia di Crotone, 2010, p. 61[]
  6. P.G. Guzzo, Storia e Cultura dei Brettii, 2019, p. 44[]
  7. Su questo punto ed in generale anche sull’identificazione di Petelia a Strongoli vedere Monica De Cesare – Strongoli, 2005, pp. 687-691[]
  8. Salvatore Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone (2010), pp. 150-155[]
  9. rif. Ceraudo 1994-1995, pp. 233-235, fig. 3. cit. in R.Spadea “Tra Crotone e Petelia“, 2012[]
  10. R.Spadea “Tra Crotone e Petelia“, 2012[]
  11. Monetazione di Petelia – Wikipedia[]
  12. Felice Costabile – I ginnasiarchi di Petelia, ASCL 51, 1984. Per un approfondimento sul testo: Carmine Ampolo – L’iscrizione del Ginnasio di Petelia, 2008[]
  13. Roberto Spadea – A nord di Crotone, 2004, p. 186[]
  14. La seconda guerra punica (chiamata anche, fin dall’antichità, guerra annibalica) fu combattuta tra Roma e Cartagine nel III secolo a.C., dal 218 a.C. al 202 a.C., prima in Europa (per sedici anni) e successivamente in Africa.
    La guerra cominciò per iniziativa dei Cartaginesi, che intendevano recuperare la potenza militare e l’influenza politica perduta dopo la sconfitta subita nella prima guerra punica; è stata considerata anche dagli storici antichi il conflitto armato più importante dell’antichità per il numero delle popolazioni coinvolte, per i suoi costi economici e umani, soprattutto per le decisive conseguenze sul piano storico, politico e quindi sociale dell’intero mondo mediterraneo.
    Rif. Wikipedia[]
  15. Ermanno A. Arslan – “I Brettii: il quadro numismatico“, in Atti Convegno di Studi “Enotri e Brettii in Magna Grecia, 2011 p. 419[]
  16. La “grande lista di Delfi”, pubblicata da André Plassart nel 1921, il più importante fra gli otto cataloghi di theorodokoi conservatisi, e fornisce il quadro complessivo dei contatti mantenuti dagli ambasciatori sacri (theoroi) del santuario panellenico di Delfi con tutte le comunità greche del Mediterraneo che partecipavano periodicamente alla celebrazione delle Pitiche e delle Soterie, tra la fine del III e l’inizio del II sec. a.C.: “dopo aver raggiunto Taranto (l. 83), la delegazione si muove seguendo la costa in direzione Sud-Ovest, sostando presso le località di HerakleaPetelia, Locri, Taisia e Rhegion“. Rif. in Vito Bruno, “L’itinerario dei theoroi di Delfi in Sicilia. Una proposta di ricostruzione“, in Historikà. Studi di storia greca e romana, 2019[]
  17. Maria Letizia Lazzanini – Pantomimi a Petelia, 2004[]
  18. Paolo Poccetti – Bilingues Bruttaces: il caso di Petelia, 2014, p. 101-102[]
  19. Nel poema Annales l’autore latino Ennio riporta:
    XXXIV (496) Paulus Festi p. 25, 21 Th. ‘bilingues Bruttaces Ennius dixit, quod Brutti et Osce et Graece loqui soliti sint.’ Porphyrio in Hor. sat. I 10,30 ‘Canusini more (bilinguis) : bilinguis dixit quoniam utraque lingua usi sunt, sicut per omnem illum tractum Italiae, quoniam ex maiore parte Graeci ibi incoluerunt, ex quo magnae Graeciae nomen accepit. ideo ergo et Ennius et Lucilius (1181 g L.) «Bruttace bilingui» dixerunt.’
    Tratto da Quintus Ennius – Ennianae poesis reliquiae, a cura di Johannes Vahlen, 1903, p. 497[]
  20. Promulgata per porre fine alla guerra sociale; secondo questa legge, le persone iscritte come cittadini di città federate e con il domicilio in Italia al tempo dell’approvazione della legge, avrebbero avuto la cittadinanza romana se avessero dato il proprio nome al pretore della propria città entro sessanta giorni; in tal modo furono incorporate nella cittadinanza romana moltissime città italiche e le colonie latine[]
  21. http://www.treccani.it/enciclopedia/petelia_(Enciclopedia-dell’-Arte-Antica)/ []
  22. Con l’epiteto di Optimus Maximus, infatti, Giove rivestiva il ruolo di nume tutelare e guida di tutti i cittadini romani e rappresentava la sintesi indissolubile tra realtà sacra e agire politico dell’intera Res Publica. rif. A. Sansone, A.Zumbo – Testimonianze epigrafiche di edilizia pubblica dalla Regio III, 2019, p. 67-68[]
  23. Paolo Poccetti – Bilingues Bruttaces: il caso di Petelia, 2014, p. 88-91[]
  24. Sylvie Crogiez, Les stations du cursus publicus en Calabre : un état de la recherche , 1990, vedere la tabella riepilogativa a pag. 397[]
  25. A.Taliano Grasso, La viabilità romana nell’attuale provincia di Crotone, 1997. Per una planimetria esemplificativa vedere invece fig. 2 in A.Taliano Grasso, “Alcune note sulla viabilità romana nel territorio dei Bruttii : Turios-Meto Itin. Anton. 114“, in “Atlante Tematico di Topografia Antica: 2”, 1993[]
  26. Marianna Castiglione – Le necropoli romane di Petelia, 2013, p. 125[]
  27. Medaglia – Carta archeologica della provincia di Crotone (2010), p. 96[]
  28. Maurizio Paoletti, “Occupazione romana e storia delle città“, 1994, in “Storia della Calabria antica. pp. 531-532[]
  29. Clara Stevanato, Tesi di Dottorato “Sénateurs et mémoire dans l’épigraphie funéraire de l’Italie romaine, 2019[]
  30. A.Zumbo, Frammento epigrafico da Petelia contenente parte del cursus honorum di un senatore romano, in KOINONIA Studi di storia antica, 2018, p. 671[]
  31. Le liber censuum de l’église romaine, Volume 6, 1889, p. 104[]
  32. Pino Rende – Dalla Petelia “metropoli dei Lucani” al vescovato di Strongoli. Per il testo di Idrisi: L’Italia descritta nel “Libro del re Ruggero” nella traduzione di M. Amari e C. Schiapparelli, p. 112[]