Kroton, area Via Vittorio Veneto (ex Banca d’Italia – palazzo Messinetti)

Lo scavo archeologico del 1974 sotto l’attuale palazzo Messinetti, nonostante la successiva distruzione del settore di abitato che vi era stato riportato alla luce, è servito ad acquisire le prime conoscenze sulla topografia e l’urbanistica di Crotone Antica ed al recupero degli importanti reperti che ne illustrano la vita (oggi in parte esposti nelle vetrine del Museo Archeologico Nazionale di Crotone e conservati nei relativi depositi).

Vincenzo Fabiani

In due aree prossime all’attuale via Vittorio Veneto della città Crotone sono stati effettuati due tra i più importanti rinvenimenti di un medesimo settore della città antica.

Il primo avvenne agli inizi degli anni ’30 del Novecento in occasione della costruzione dell’edificio allora destinato a sede della Banca d’Italia. Al di sotto di parte di una fitta necropoli di età romana, furono rinvenuti i resti di un edificio abitativo di età greca orientato nord-sud e, soprattutto, l’angolo di un imponente edificio in blocchi di età ellenistica, privo di partizioni interne, costituito da due muri in blocchi legati tra loro ad angolo retto dall’orientamento di 25° NW-SE difforme rispetto ai vicini resti di abitazioni.

Considerato che nelle tombe furono rinvenuti alcuni elementi architettonici modanati in reimpiego databili tra la metà del IV e gli inizi del III secolo a.C. e data la differenza di orientamento della struttura rispetto agli adiacenti resti abitativi, si è ipotizzato potesse trattarsi di un edificio di culto o, meglio, di un recinto relativo ad una più ampia area sacra.

Del resto, in un’area limitrofa sono stati ritrovati numerosi elementi ascrivibili ad un contesto templare inquadrabile nella seconda metà del VI secolo a.C. Si tratta dello scavo condotto tra le vie A. Tedeschi e S. Paternostro (palazzo Messinetti) tra il 1974 e il 1976 nel corso della costruzione di un palazzo per civili abitazioni.

Questo fu il primo vero cantiere di indagine vigilata, apertamente avversato e conclusosi, purtroppo, a scapito della conservazione, in anni in cui forti furono le incomprensioni nei confronti della ricerca archeologica.

Come in altre aree vicine (ex Banca d’Italia, BPC, via Firenze), anche qui venne rinvenuto un lembo dell’abitato greco, cui si sovrapponeva un tratto di una fitta necropoli sviluppatasi tra la fine del I e la fine del IV secolo d.C. In particolare, furono messi in luce un tratto di una strada larga m 4,80 (stenopòs) che separava due isolati con abitazioni articolate in vani rettangolari intorno a cortili, i quali subirono una distruzione apparentemente violenta nel corso del III secolo a.C.

Per questo lembo di abitato sono state riconosciute quattro fasi, comprese tra la fine del VII ed il III secolo a.C.

Saggi in profondità hanno individuato lembi di stratigrafie riferibili al primo impianto coloniale della fine dell’VIII secolo a.C., riconoscibili grazie al ritrovamento di frammenti di kotylai ed aryballoi protocorinzi associati a frammenti di coppe della classe di Thapsos, tra cui alcuni scarti di fornace che documentano la produzione locale di tali oggetti.

Ma soprattutto, manufatti assai significativi hanno consentito di ipotizzare la presenza nell’area di un edificio sacro. In particolare, frammenti di terrecotte architettoniche tra cui un’antefissa a volto di Gorgone attribuibili ad un tetto della seconda metà del VI secolo a.C. che è possibile combinare con una testa in terracotta di poco più piccola del vero, in cui è forse da riconoscere un personaggio con elmo.

Sempre dall’area in questione provengono statuette votive e ceramica miniaturistica, oltre ad un altare in pietra arenaria ed una importante testa in marmo, mutila nel volto, appartenente ad una statua-acrolito (raffigurante la dea Athena?) databile nei decenni centrali del V secolo a.C. e reimpiegata in una tomba di epoca romana.

Dopo la trasformazione in area sepolcrale, si verifica una lunga interruzione nella frequentazione dell’area e solo in età medievale (XII-XIII secolo d.C.) la zona riprende a vivere, con l’installazione di un impianto artigianale, di cui sono stati recuperati i resti di quattro fornaci per la produzione di ceramiche.

Bibliografia

Comune di Crotone, Archeologia Urbana, I Santuari