La Sila, anima montuosa della Calabria e grande cuore verde del Mediterraneo, era un tempo ricoperta da un’ininterrotta selva. Essa, ricca di pascoli, sorgenti, fiumi e laghi, ha ospitato per millenni, prima dell’arrivo degli Achei nell’VIII sec. a.C., popolazioni le cui vicende, ora, iniziano ad essere testimoniate dalle prime indagini archeologiche e portate alla ribalta della storia.
Il Paleolitico inferiore è documentato dalle industrie su ciottolo (700.000-500.000 anni fa), rinvenute nella vallata dell’Arvo, lungo la riva meridionale e per un’estensione di circa tre chilometri. Esse attestano, quindi, la presenza attiva dell’Homo erectus.
Nel Paleolitico medio e superiore, le industrie litiche raccolte in diverse località (Monte Nero, valle dell’Arvo, valle del Mucone-Cecita) mostrano una frequentazione già da parte dell’uomo di Neanderthal, poi sostituito dall’uomo sapiens. Nel Neolitico, con l’introduzione dell’agricoltura, e particolarmente in relazione alla diffusione della facies di Stentinello (dal 5.000 a.C. circa) con i suoi aspetti regionali, sorgono villaggi o singole fattorie in tutto il territorio dell’attuale Calabria .
Nelle fasi tarde del Neolitico, di grande interesse risulta l’occupazione di ambienti prima raramente utilizzati. Nascono insediamenti nelle aree collinari interne e in montagna, alcuni stabili, altri stagionali, forse in relazione alla transumanza a breve raggio, dagli assolati pascoli delle pianure costiere a quelli d’altura, ed ad attività specializzate quali la pesca nei laghi e nei fiumi. Nel Neolitico inizia lo sfruttamento – per produrre strumenti – delle colate di ossidiana, il vetro vulcanico estratto a Lipari che, dalle coste del Tirreno e dello Ionio, seguendo le valli fluviali (Savuto, Ampollino, Arvo, Lese, Neto, Tacina, Crati, Mucone, Trionto) e attraversando la Sila , viene diffuso in tutta la regione.
Centinaia di asce di pietra di età neolitica ed eneolitica, provenienti dall’intera Sila e aree contermini, rinvenute tra XIX e primi decenni del XX sec., fanno parte delle collezioni di musei calabresi e romani. In alcuni casi si tratta di asce-martello, con scanalatura mediana atta all’immanicatura, pesanti utensili atti a recidere gli alberi e a spaccare i ceppi, ovvero destinate ad attività minerarie e, più in generale, di scavo. Esse confermano la presenza umana nelle aree montuose ed anche lo sfruttamento della foresta.